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10. Gesù spogliato e abbeverato di fiele. Le incomprensioni e le umiliazioni mi spogliano da me stessa.

dalla Via Crucis di Suor +
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Admin (del 24/02/2010 @ 14:20:18, in Anni di persecuzione, linkato 1908 volte)

Schiavi di Mammona

 Da Gran Signore della Vita, Gesù sapeva benissimo come sarebbero andate le cose umane sino alla fine dei tempi, e quando volle fare una sintesi tra il suo Regno e quello dell’Avversario coprì la realtà con una frase che forse neppure i discepoli riuscivano a capire: “Non potete servire a Dio e a Mammona” (Mt 6, 24s).

Gesù vedeva prolungarsi nei secoli l’ombra dell’antico Vitello d’Oro con gli ebrei prostrati in adorazione (Es 31, 1s), lo vedeva nel tempio di Caifa, dove lo scacciò con la frusta (Gv 2, 13s) e dove Giuda lo vendette per trenta denari, poi lo vide negli ultimi templari del massonismo finanziario del nostro tempo.

 Il denaro non lo volle neppure toccare, e quando gli fu chiesto di pagare la decima ne diede l’ordine a un pesce, che depose la moneta nelle mani di Pietro.

Lui scelse di nascere nella grotta di Betlemme e morre nudo sulla croce. Possiamo darGli piena ragione oggi, dove lo spartiacque tra il suo Regno e quello di Mammona appare in piena luce solare nel mondialismo finanziario (Banche, Borse, ecc.) in connubio con l’Anticristo. Gesù ci ha rivelato il Dio Trino, Padre e Figlio e lo Spirito Santo, Satana ci pone davanti il suo trionfo sotto l’insegna del dio Quattrino: un impero esteso sull’intero orbe terracqueo, e vigorosamente affermato, come viene ogni giorno evidenziato non solo dalle vicende bancarie.

 Francoforte e i quattro cavalli dell’Apocalisse Il dio Mammona è immortale: ciò che appartiene alle masse lavoratrici passa silenziosamente al globalismo finanziario, che rimane sostanzialmente immutato, come troviamo descritto nel libro Il vitello d’oro (Ed. Salpan, tel:. 0833.50.72.56) nel capitolo Francoforte caldo letto dei demoni (v. anche Ubi Petrus 186)., ove nel suo compatto DNA si unirono i quattro cavalli dell’Apocalisse (Ap 6, 1s): bianco (Ebraismo Talmudico, bianco infernale che fonde in sé tuui i colori dell’iniquità), rosso (Comunismo), nero (Massoneria) e verde cianotico (Nazismo, Verdi e piano Maltusiano).

DalI’ufficio dello Scudo Rosso (Roth-schild) i quattro cavalli dell’Apocalisse partirono scalpitanti alla conquista del mondo mediante il Movimento Rivoluzionario Mondiale fondato da Rothschild. A Francoforte, sua culla ebraica, la Quattrinità si avviava alla conquista del mondo. Rothschild, da abilissimo finanziere ebreo, aveva intuìto che mediante il denaro si poteva dominare la politica fino a deviare i fiumi della storia, come disse ai suoi dodici collaboratori (inversione del gruppo apostolico!). Diede impulso alla Massoneria per scatenare la rivoluzione francese, affidò a Weishaupt le istruzioni per un Comunismo planetario, e in seguito i suoi funzionari finanziarono il programma di Ritter per dar vita al Nazismo.

Il primo grande esperimento del potere massonico fu la rivoluzione francese, e le ghigliottine di Robespierre venivano oleate dagli indisturbati i banchieri di Necker. L’Inghilterra ebbe buon gioco sulla Francia, bloccandola nella rivoluzione a grande profitto delle banche ebraiche. Rothschild ebbe a dire che la fonte più feconda di denaro erano le guerre. Ebbe l’incarico per il provvigionamento degli eserciti rivoluzionari (retrovie militari, divise, derrate, medicinali, ecc.) e fece di tutto per mantenere il grande Napoleone in stato di guerra continua per un ventennio. Non gli importava se le battaglie di Napoleone lasciavano abitualmente sui campi di battaglia trenta o quarantamila morti da una parte degli eserciti e altrettanti dall’altra: come oggi, i calcoli sono fatti sul costo delle corazzate, degli aerei e dei carri armati, mai sul numero dei combattenti e delle vittime dei bombardamenti.

Quando i finanzieri ebrei videro che Napoleone sfuggiva loro di mano, approfittarono della sua avanzata in Russia con l’esercito più poderoso della storia, istruirono i loro funzionari per intralciargli la marcia con informazioni devianti, ritardi di rifornimenti alle truppe, così che il gelo delle steppe russe stese al suolo quasi tutto l’esercito, e a Parigi poterono rientrare solo poche migliaia di sopravvissuti. Quando Napoleone arrivava a Verona o altrove, requisiva valori d’arte (Louvre), decine di migliaia di cavalli e le bestie necessarie al nutrimento degli eserciti, secondo il concetto di Carnot, che l’esercito doveva vivere a carico del nemico, ossia dai popoli beneficiari della rivoluzione.

 Verso la fine del settecento la rivoluzione giunse in America con le aggressioni della marina inglese nell’America Latina per inserivi i governi massonici, che ancora oggi impediscono il progresso culturale e sociale delle popolazioni mantenendo una netta divisione tra ricchi e poveri . Il fulcro della conquista massonica fu sempre il denaro, e quando il presidente degli Stati Uniti Abramo Lincoln tentò di svincolarsi dalla stretta dei finanzieri cosmopoliti fu assassinato durante uno spettacolo teatrale (14.4.1865).

Così cadde anche John Kennedy per aver tentato di diffondere una moneta indipendente dai banchieri dell’alta finanza. La moneta dal nulla Un intendente informa: “Non c’è un solo movimento proletario, neanche comunista, che non abbia agito nell’interesse del denaro, nella direzione indicata dal denaro e durante i tempi permessi dal denaro, tutto ciò senza che gli idealisti ne abbiano avuto la minima idea” (0. Spengler, in Vitello d’oro) . La storia dell’avanzata di Mammona nel mondo non è scritta nei libri di Scuola. “La storia dei popoli – dice Henri Malot, storico della Fronda – è scritta nei libri di conto dei banchieri”.

E prima di lui , W. Paterson, fondatore della Banca d’Inghilterra (1694) , affermava: “La banca guadagna grazie agli interessi maturati sui denari creati dal nulla” (v. Vitello d’oro).. Karl Marx è categorico nel sentenziare che “la religione ebraica si riduce al denaro. Il denaro domina il mondo. Il dio degli ebrei è l’assegno di credito” (Annali franco-tedeschi, 1843). Il gemellaggio Massoneria-Alta Finanza si diramava gradatamente nel groviglio degli avvenimenti futuri: possiamo leggerne alcune svolte nel volume di W.G. Carr, Pawn in the Game (Pedine nel gioco)(Ed St. Georgs Press, Glendale, U.S.A., 7 ed. 1970) particolarmente impegnato a informare sugli aspetti finanziari della rivoluzione massonica.

Tutta la storia di questi ultimi secoli si è svolta sotto l’insegna della moneta. Ricordiamo i finanziatori cosmopoliti della rivoluzione europea e dell’unità d’Italia a spese dello stato pontificio. Lenin entrò in Russia sul vagone sigillato e col carico dei quattrini fornitigli dalle banche ebraiche. Stalin provocò la morte di milioni di kulaki, e i bimbi morivano scheletriti: il grano veniva venduto fuori della Russia, e i profitti riempivano le casse del gran dittatore. Hitler fu finanziato dalle banche ebraiche per l’ascesa del nazismo, Mao per la conquista della Cina. Le mani del capitalismo massonico grondano sangue di centinaia di milioni di morti.

Occorre rifare i libri di storia ricordando anche le leggi di spogliamento dei beni della Chiesa (Francia, Piemonte, Gesuiti), e dell’assalto a Porta Pia. La vocazione di ladro Se io avessi la vocazione di ladro, non perderei tempo a svuotare pollai: mi farei subito banchiere. La banca nasce dai crediti di fondatori che vi contribuiscono coi loro miliardi per il capitale interamente versato. La banca vive di crediti accumulati nei suoi sportelli. Una banca in buona salute potrebbe compensare i contribuenti con interessi del dieci per cento, ma la banca è una vacca che sviene per eccesso di mungitori, e i mungitori di alto livello si preoccupano di non farla svenire finché produce latte abbondante.

 Gli ebrei che fondarono la Banca d’Inghilterra sapevano ciò che volevano quando posero la condizione che i prestiti bancari rimanessero segreti: ancora oggi non si sa quali siano i reali padroni della Banca d’Inghilterra, e neppure della Banca d’Italia, che non è statale, ma privata. Quando gli sportelli sono moltiplicati al massimo, si dichiara bancarotta, e il fallimento mette nelle mani dei banchieri i miliardi dei soci fondatori, i miliardi raccolti agli sportelli, i miliardi accumulati in una saggia gestione bancaria, tutto il grasso latte della vacca bancaria.

La moneta è acqua corrente, anche se sa di fogna, e i banchieri sono idraulici di talento, e sanno come farla scorrere. Non ditemi che il mio segreto sarebbe da suggerire ai banchieri: è quello che stanno facendo da secoli lasciando intendere a pochissimi il perché dei fallimenti monetari. Le banche minori sono tenute al guinzaglio dalle maggiori, che esercitano il controllo. Ma le banche alte, che detengono il potere di condizionare i vertici della politica, chi le controlla? Sarebbe strano nel sistema bancario quello che il grande predicatore gesuita Antonio Vieira diceva al suo tempo: “I grandi ladri uccidono quelli piccoli per rubare indisturbati” ?. Peccati planetari Come il suo condottiero Satana, Mammona si rivela sempre più menzognero e omicida (Gv 8, 44s), soprattutto in alcuni suoi peccati planetari gestiti oggi dall’alta finanza mondialista.

 1. Fin dalle origini l’alta finanza massonica innescava quel processo di sperequazione tra ricchi empre pià ricchi e poveri sempre più poveriI denunziato ripetutamente nei documenti sociologici del Magistero della Chiesa, con decine di milioni di morti fino ad oggi. Riguardo ai modi con cui avviene il genocidio dei poveri rimandiamo a studi specialistici che aprono gli occhi sulle tecniche dell’impoverimento dei popoli sottosviluppati, come avviene in Africa mantenendo una situazione di conflitti a profitto delle multinazionali, come nel Ruanda, dove per impossessarsi a poco prezzo dei minerali radioattivi, il popolo è mantenuto in continui disordini tribali. Il crollo attuale delle banche, che non possiamo giudicare esente dalle colpe dei grandi banchieri, si fa sentire anche oggi nella crescente disoccupazione.

2. La Fondazione Rockefeller con oltre ventimila centri di influsso ha sostenuto con miliardi di dollari la promozione dell’aborto con enormi profitti delle cliniche abortiste e delle farmaceutiche produttrici di contraccettivi. Ma dalla fogna massonica è tracimato l’intero piano malthusiano per il dissolvimento del costume, del matrimonio, il gays pride, l’eutanasia. L’aver scelto dio Quattrino invece del Dio Trino ha dato all’ebraismo talmudico l’onore di gestire le due cloache più profonde e maleolenti della storia umana: la massoneria e il comunismo.

 3. Lo spaccio della droga è gestito dalle grandi banche mondialiste, che con enormi profitti provvedono alla seminazione dell’oppio nel Triangolo d’Oro e in altre numerose regioni, alla vendita della droga incuranti dei milioni di vittime che ne subiscono gli effetti devastanti (v. Kalimtgis. Droga S.p.A. ed. Logos 1980 ecc.). L’alta finanza ha finanziato le rivoluzioni per impiantare il comunismo, che ha provocato oltre duecento milioni di morti e continua ancora la sua marcia di disordini, sofferenze e povertà (c’è stato forse un solo popolo al mondo che dal comunismo abbia attinto benessere?). Mammona è il mediatore del silenzioso passaggio della moneta dei poveri nelle tasche dei ricchi, comunismo consenziente quale primogenito del massonismo finanziario. E’ noto che sotto i regimi comunisti la classe dirigente è sempre economicamente privilegiata. Non si tratta solo di situazioni provocate da dittatori come Stalin nella repressione dell’Ucraina. Dove si impone il potere massonico per interessi politici, arriva lo sfruttamento, la disoccupazione e la fame.

 4. L’industria degli armamenti, soprattutto nelle mani del massonismo ebraico, provvede a suscitare rivoluzioni e guerre e a mantenere in continua agitazione i popoli sottosviluppati.

5. La diffusione dell’ateismo imposto come condizione di potere nei governi, proclamato nell’insegnamento scolastico mediante le deformazioni della storia, delle scinze naturali, l’evoluzione darwinista e l’irrisione dei credenti, sostenuto nei media e nei mezzi pubblici e nelle imprese, con l’incessante aggressione alla Chiesa per eliminarla definitivamente dalla storia e instaurare il dominio planetario di Mammona. Pensiamo alla corale aggressione denigratoria dei media massonici: in Italia Corriere, Espresso, Repubblica, Stampa; nel mondo Times, Economist, ecc.(v. Vitello d’oro 209)).

Un caso da non dimenticare del dominio di Mammona riguarda la shoa. Il numero delle vittime è variato col tempo: da otto a sei milioni, poi a quattro. E’ noto che gli ebrei percepiscono un indennizzo per ogni vittima del nazismo. Chi ha messo in dubbio tali cifre ha dovuto pagar caro, come quel professore ebreo tolto dall’insegnamento universitario e ridotto sulla sedia a rotelle, oppure l’ingegnere capo degli ingegneri austriaci destituito dalla carica. Facciamo un calcolo. Il trasporto di quattro milioni di prigionieri ebrei al ritmo di mille al giorno sarebbe durato undici anni: i tedeschi sono buoni organizzatori, ma come pensare a una macchina così efficiente di tali trasferimenti nei campi di sterminio? Ma la tenue voce di chi tocca l’argomento viene subito tacitata dalla voce onnipotente dell’ebraismo mondiale.

Il marchio della Bestia “Il mondo è in balia di Satana. Egli detiene le sorti dei popoli. Nelle sue mani è la politica, e fa girare il vortice degli affari internazionali (A +L, 3.3.01). La massoneria, la bestia che viene dal mare e che riceve la sua forza dal Dragone (Ap 13, 1s), si impone ormai con l’onnipotenza dell’oro e dispone di atomiche per giungere al dominio planetario. L’impedimento è solo la Chiesa. Per stroncarla è pronta la persecuzione.

L’Apocalisse descrive l’estremo potere di Mammona con tinte allucinanti: “Vidi un’altra Bestia venire su dalla terra. Maneggia tutto il potere della prima Bestia (la Massoneria) a servizio di essa. Fa sì che la terra e i suoi abitanti adorino la prima bestia…Inganna gli abitanti della terra per mezzo di prodigi che le fu concesso di fare in servizio della Bestia, dicendo agli abitanti della terra di fare l’effigie della Bestia che ha la ferita della spada ed è rimasta in vita. Le fu permesso di dare spirito all’effigie della Bestia così che perfino parlasse, e di far mettere a morte quanti non adorassero l’effigie della Bestia. Ottiene da tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, che si facciano un marchio sulla mano destra o sulla fronte, e che nessuno possa comperare o vendere se non chi ha il marchio, il nome della Bestia, o la cifra del suo nome. Qui ci va l’intelligenza: chi ha comprensione calcoli il numero della bestia e la cifra di un uomo, e la sua cifra è 666” (Ap 13, 11s).

 Si tratta di un comunismo integrale che paralizza ogni libertà umana, come avviene in Cina mediante l’aborto di stato per la donna che voglia più di un figlio, oppure ai carcerati ridotti al lavoro forzato dai capi comunisti, dove il lavoro gratuito consente migliore concorrenza commerciale. I detentori dell’Internet hanno provveduto a mettervi come chiave di apertura il WWW, corrispondente in lingua ebraica al 666: un auspicio per un domani migliore? Infine vengono annunziati e in alcuni settori già applicati i microchips per un controllo assoluto su ogni uomo. Tutti corresponsabili “Il gran dragone, l’antico serpente, il gran seduttore dell’orbe abitato (Ap 12, 9), invocato dai suoi adoratori, ci apre la prospettiva apocalittica di un mondo totalmente soggetto a Mammona, che come piovra sta già stringendo i suoi mille tentacoli sotto il suo dominio infernale.

 E’ un castigo tremendo, ma attirato dalla nostra corresponsabilità, dall’affidamento delle masse al potere delle tenebre, incapaci di ribellarsi a tanto male, anzi consenzienti ai disordini morali. Gravissima è la responsabilità delle guide religiose... Gesù sembra richiamarci tutti con insolita severità, e non cessa di avvisarci con gravissimi castighi. Non ci resta altra via di salvezza che il dominio dell’unico Dio vero, come Gesù ha promesso: “Se voi rimanete costanti nella mia Parola, conoscerete la Verità, e la Verità vi farà liberi” (Gv 8, 31). E ancora:“Le porte dell’inferno non prevarranno contro la mia Chiesa” (Mt 16, 18): “Io sono con voi fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). A Fatima la Vergine vuol venire in nostro aiuto chiedendoci la Consacrazione al suo Cuore Immacolato e la recita del Santo Rosario.

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Di Admin (del 24/02/2010 @ 14:23:13, in Anni di persecuzione, linkato 6824 volte)

Le profezie della Beata Mariana (1563-1635) Tra i grandi mistici della Chiesa è emersa la beata Madre Mariana (Mariana Francisca de Jesus Torres y Berriochoa) , una bimba nata nella provincia basca di Viscaya, che ancor fanciulla, nel 1576 seguì la zia per fondare il monastero di Quito, in Equador, voluto dal re di Spagna Filippo II. Vi fu chiamata da Gesù stesso, che le disse: “A mia imitazione porterai la croce e avrai grandi sofferenze. Forza e coraggio non ti mancheranno. Io desidero solo che la tua volontà sia sempre pronta a compiere la mia”.

Gli assalti di Satana sulla fanciulla ebbero presto una manifestazione terrificante nell’uragano suscitato per affondare la nave che la portava con il gruppo delle fondatrici del monastero e la visione di un enorme serpente, annientato dall’apparizione di Maria col bimbo Gesù. Il monastero di Quito conserva la statua meravigliosa di Maria col suo Bimbo, scolpita da Francisco de Castello e rifinita col miracoloso intervento degli Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele.

Ciò che ci preme di mettere in evidenza, tra tanti fatti meravigliosi della vita di Mariana sono le profezie da lei ricevute riguardanti il lontano futuro del nostro tempo, anticipate di quattro secoli. Il 17 settembre 1588 Mariana subisce un attacco di male che la riduce a letto fino al settembre 1589, con ferite di stigmate alle mani, ai piedi e al costato, e una sofferenza interiore che rasenta la disperazione.

La Madonna le appare a consolarla. Il 2 febbraio 1594 la Madonna si presenta a lei con Gesù Bambino in braccio e un pastorale come Regina delle vittorie e Madre del Buon Successo, e le dice: “Io desidero governare questo convento come Badessa e Madre”. E mette il Bimbo nelle sue braccia. Il 16 gennaio 1599 la Vergine le annunzia: “Nel secolo XIX verrà un vero presidente cristiano, un uomo di carattere al quale Dio Nostro Signore darà la palma del martirio sulla piazza adiacente al convento. Egli consacrerà la repubblica al Sacro Cuore, e questa consacrazione sosterrà la religione cattolica negli anni infausti in cui la setta maledetta della massoneria avrà il controllo del governo civile e verrà una crudele persecuzione di tutte le comunità religiose, e colpirà anche questo mio amato convento”.

Garcia Moreno, presidente cattolico dell’Equador, fu assassinato il 6 agosto 1875 da una banda dipendente dalla massoneria tedesca. Il suo cuore è ancora incorrotto. Nel 1582 Madre Mariana udì un terrificante boato, e le apparve la Chiesa immersa nel buio, nella polvere e nel fumo. Vide Gesù in agonia, e Dio Padre le disse: “Questo castigo sarà per il secolo XX. Punirò l’eresia. Punirò l’empietà. Punirò l’impurità”.

Madre Mariana entrò nella morte mistica. Gesù le presentò due corone: quella bellissima dell’immediata gloria in Paradiso, e quella di gigli bianchi circondati da spine per vivere come vittima riparatrice delle eresie, dell’empietà e delle impurità che sarebbero state commesse nel XX secolo. Ella scelse questa corona. Il 21 gennaio 1610, nella quarta apparizione, la Madonna le rivelò le sorti dell’Equador: “Dalla fine del XIX secolo e da dopo la metà del secolo XX esploderanno le passioni e vi sarà una totale corruzione dei costumi, perché Satana regnerà quasi completamente per mezzo delle sette massoniche. Esse si concentreranno soprattutto sui bambini per mantenere questa corruzione generale”.

L’attacco massonico avrà di mira i Sacramenti: “Enormi sacrilegi verranno compiuti da profanazioni della Santa Eucaristia… Il mio Santissimo Figlio si vedrà gettato a terra e calpestato”. Riguardo al Matrimonio, simbolo dell’unione di Cristo con la Chiesa, “la massoneria che allora sarà al potere, approverà leggi inique per liberarsi da questo sacramento”.

Il sacramento dell’Ordine “sarà deriso…Il Demonio cercherà di perseguitare i ministri del Signore in ogni modo possibile, e agirà con crudele astuzia per deviarli dallo spirito delle loro vocazioni, corrompendo molti di loro… Il Vicario di Cristo, prigioniero in Vaticano, verserà lacrime amare”. “In questi tempi infelici ci sarà una lussuria sfrenata…Non ci sarà quasi più innocenza dei bambini, né pudore nelle donne. In questo supremo momento di bisogno della Chiesa, chi dovrebbe parlare rimarrà in silenzio”.

Il 2 febbraio 1610 la Vergine insiste che sia scolpita la statua di Nostra Signora del Buon Successo da collocare nel convento, perché “sapessi quante conversioni opererà”. Al presente non conviene che se ne conosca l’origine miracolosa, “perché la Chiesa si ritroverà attaccata da terribili orde della setta massonica, e l’Equador sarà agonizzante a causa della corruzione dei costumi”.

La statua viene scolpita, e il suo scultore, Francisco del Castillo, mentre si appresta a darle gli ultimi ritocchi, resta stupito della sua miracolosa bellezza, e testimonia per scritto: “Questa statua non è opera mia. E’ opera angelica, che non poteva essere fatta su questa terra da nessuna mano fatta di argilla”. Nel 1623 la Madonna consola Mariana con la visione del bene compiuto grazie alla sua presenza nel monastero, e le dice: “Questo paese sarebbe stato favorito per la devozione pubblica resa al SS. Sacramento nei secoli futuri”.

Ma il Demonio si sarebbe servito di rinnegati diventati membri delle logge massoniche. E Gesù le mostrò come “l’odioso cinghiale della massoneria entrava nella meravigliosa e fiorente vigna della Chiesa, lasciandola annientata e in completa rovina”. Fuori dei sensi, Mariana “vide l’infedeltà dei ministri dell’altare alla loro vocazione, e il modo indegno col quale alcuni si accostavano al divino Sacrificio”. Il 2 febbraio 1624 Mariana vide spegnersi d’improvviso la lampada lasciando nel buio la chiesa del convento in cui stava pregando in adorazione.

La Vergine Maria le diede diverse spiegazioni profetiche.

1. Le spiegò che “dalla fine del secolo XIX e nel secolo XX saranno propagate varie eresie in questo paese, che sarà allora una repubblica indipendente”. Così è avvenuto: la Massoneria verso la fine del settecento concentrò i suoi sforzi nella rivoluzione francese (1789), e dal 1777 mise in agitazione rivoluzionaria l’America Latina. Anche Quito ebbe i suoi rivoluzionari massoni (Montafior e Rocafuerte), e le agitazioni in centro America durarono per quarant’anni, insediando quei governi massonici che fino ad oggi lottano contro la Chiesa e impediscono ostinatamente l’elevazione sociale e culturale dei popoli sottomessi.

2. La Madonna prosegue: “La luce della fede si estinguerà nelle anime per la quasi totale corruzione dei costumi. Vi saranno catastrofi fisiche e morali. Il piccolo numero di anime che di nascosto conserveranno il tesoro della fede e delle virtù soffrirà in modo indicibilmente crudele un prolungato martirio…Vi saranno momenti in cui tutto sembrerà perduto e paralizzato: questo sarà l’inizio della completa restaurazione”.

3. “Lo spirito di impurità saturerà l’atmosfera come un oceano ripugnante, inonderà le strade, le piazze e i luoghi pubblici con incredibile libertà”.

4. “Tramite il controllo su tutte le classi sociali, la setta massonica sarà così astuta da penetrare nel cuore delle famiglie per corrompere persino i bambini… Il male assalirà l’innocenza infantile, e in questo modo le vocazioni religiose saranno perdute, e questo sarà un vero disastro. Le comunità religiose abbandoneranno l’osservanza della regola. Vi saranno santi ministri dell’altare nascosti, frutti eccellenti di santità eroica. Gli empi dichiareranno una guerra crudele contro di essi coprendoli di insulti, calunnie e vessazioni. Ma essi come salde colonne rimarranno irremovibili, amati dal mio Figlio come parte più intima del suo Cuore. I sacerdoti del clero secolare diventeranno negligenti nei loro doveri, si allontaneranno dalla strada tracciata da Dio per il ministero sacerdotale, e saranno attaccati alle ricchezze…Mancando un Prelato e Padre che li guidi con amore paterno, dolcezza, fortezza, saggezza e prudenza, molti sacerdoti perderanno il loro spirito, ponendo le loro anime in grande pericolo. La tiepidezza dei consacrati ritarderà la venuta di questo Prelato e Padre”.

5. La quinta ragione dello spegnimento della luce del santuario “è la negligenza di quelli che possiedono grandi ricchezze, i quali staranno a guardare con indifferenza la Chiesa oppressa, la virtù perseguitata e il male che trionfa…, e di quella gente che permetterà che il nome di Dio venga gradatamente fatto sparire, e aderirà allo spirito del male”.

Dopo l’estasi Madre Mariana rimase come morta per un paio di giorni. 2 novembre 1634. Visione di Gesù “tutto una ferita, soprattutto il suo Sacro Cuore ricoperto da piccole ma strazianti spine che lo tormentavano con indescrivibile crudeltà”. A Mariana che Lo abbracciò, Gesù confidò che quelle spine “sono i peccati dei miei preti… Io li colmo di un diluvio di grazie, spirituali, e do anche malattie prolungate, in modo che essi possano divenire come Me, ma essi, ingrati e senza cuore, si lamentano della mia Provvidenza, pensano che Io sia crudele verso di loro, e Mi lasciano solo…Verrà tempo che… saranno scritti molti libri, ma la pratica delle virtù si troverà in pochi, e i santi diventeranno una rarità… Sappi che la Divina Giustizia manda terribili castighi su intere nazioni, non solo per i peccati della gente, ma soprattutto peri peccati dei Sacerdoti e Religiosi chiamati alla perfezione e ad essere il sale della terra, degradandosi a un punto tale che agli occhi di Dio sono proprio loro ad accelerare il rigore dei castighi”.

8 dicembre 1634. Mariana effonde preghiere e versa lacrime per le sue suore. Maria le appare accompagnata dagli Arcangeli: Michele ha magnifiche vesti bianche adorne di preziosi; Gabriele porta un calice col Sangue di Gesù, una pisside con Ostie e gigli bianchi profumati; Raffaele porta un’ampolla con balsamo, stole viola e una penna. Maria dice a Mariana: “Mia amata figlia e prediletta sposa dell’Agnello, lascia questa terra e vieni subito nella tanto desiderata Patria… Se i mortali sapessero apprezzare il tempo dato a loro…, come sarebbe il mondo! Piangi e implora per loro. Le vesti bianche portate da Michele sono per le mie figlie fedeli e ferventi…, per i sacerdoti e laici… che si dedicheranno a propagare la mia devozione con l’invocazione alla Madonna del Buon Successo, che salverà la fede nella quasi totale corruzione del XX secolo. Il Sangue del Redentore portato da Gabriele significa il sacramento della Penitenza datore di Vita; le Ostie significano l’Eucaristia distribuito dai miei preti cattolici ai fedeli che appartengono alla Chiesa Cattolica, Apostolica e Romana, il cui capo visibile è il Papa. La sua infallibilità sarà dichiarata dogma di fede dallo stesso Papa scelto per la proclamazione del dogma della mia Immacolata Concezione. Egli sarà perseguitato e imprigionato in Vaticano dall’ingiusta usurpazione degli stati pontifici per l’iniquità e l’avarizia di un monarca terreno. Guardando la pisside piena tu possa comprendere la sublimità di questo mistero e la riverenza con cui si dovrebbe trattare da parte del fedele. Nell’eccesso del suo amore Gesù si nasconde sotto le sembianze di Ostia esposta alle sacrileghe profanazioni dei suoi figli ingrati... Offri espiazione: è stata uno dei disegni di Dio per la fondazione di questo Ordine a Lui così caro. I gigli bianchi sono le religiose del mio Ordine… Io raccomando loro di soffrire in modo che i Sacramenti siano ricevuti con perfezione… L’ampolla di Raffaele rappresenta i monasteri e i conventi, luoghi scelti per la pratica delle virtù… Come Mosè con le braccia rivolte al Cielo, le anime religiose supplicano e fanno penitenze per la conversione dei peccatori e salvare le loro nazioni… dai terribili castighi della Divina Giustizia. Le stole color viola…simboleggiano le azioni efficaci e lo zelo dei preti buoni, che dimenticano se stessi per far conoscere e amare Gesù Cristo e anche Me. La penna d’oro marcata col mio nome è per tutti i preti… che diffondono la mia devozione del Buon Successo. Nel secolo XX questa devozione farà prodigi… quando la corruzione dei costumi sarà quasi generale e la Luce preziosa della Fede sarà quasi estinta”.

Riassunto dall’articolo di Franco Adessa, in Chiesa Viva, febbraio 2009

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Di Admin (del 24/02/2010 @ 14:53:25, in Anni di persecuzione, linkato 952 volte)

Armagheddon Vidi uscire dalla bocca del dragone, della bestia e del falso profeta tre spiriti immondi simili a rane: sono infatti spiriti di demoni operatori di prodigi, che si recano presso i re di tutta la terra per radunarli alla battaglia del gran giorno dell'onnipotente Dio.

Li radunarono infatti nel luogo che in ebraico si chiama Armagheddon. "Ecco che io spraggiungo come un ladro. Beato chi veglia e si mantiene addosso le sue vesti per non andar nudo mostrando così la sua vergogna. Il settimo angelo versò la sua fiala nell'aria e venne dal santuario una gran voce, partita dal trono, che diceva: "E' fatto!". Allora scoppiarono folgori, grida e tuoni, e venne subito un gran terremoto, quale non ci fu mai da quando ci sono uomini sulla terra un terremoto così grande. La grande città si spaccò in tre parti, e le città dei pagani crollarono.

Della grande Babilonia si tenne ricordo presso Dio per darle la coppa del vino della bollente ira di Lui. Dilegua ogni isola, scompaiono i monti, e sugli uomini si riversa dal cielo una grandine di grossi chicchi da pesare a chili. E gli uomini bestemmiarono Dio per il flagello della grandine, perché quel flagello era davvero grande (Ap 16, 13s; v. anche Ez 38s).

Questo brano dell'Apocalisse ha un suo parallelo in Ezechiele cap. 38, che descrive l'adunata dei popoli ad Armagheddon per la battaglia decisiva contro Israele, vinta dagli Ebrei nel loro capo, Cristo Signore. Armagheddon significa Monte Meghiddo monte della Galilea sul quale rimangono i resti della grande fortezza che decideva le sorti di Israele contro i suoi assalitori. Il drago è il grande serpente, Satana, il seduttore di tutto l'orbe abitato (Ap 12,9).

La bestia è il simbolo delle forze che agiscono nel mondo con la forza del dragone (Ap 13, 1s e 11s), attualmente identificabili con la massoneria e la sua grande creatura che è il comunismo. Il falso profeta designa l'Islam, creatura del falso profeta Maometto: ricordiamo che nell'Apocalisse la Donna vestita di Sole ha la mezzaluna sotto i piedi,e la mezzaluna è il simbolo dell'Islam. Giuseppe Mazzini, che con il generale Pike diffuse in tutto il mondo i Triangoli satanistici (ci rimane il loro elenco, dall'America all'India) fu forse illuminato da Satana quando scrisse che la terza guerra mondiale sarebbe stata combattuta con l'Islam?).

La terza guerra mondiale, che avanza ormai inevitabile, dopo le aggressioni terroristiche islamiche in America avrebbe una sua profezia biblica nel passo apocalittico citato. Si tratta di un'aggressione contro Israele, essendo colpito il cuore dell'alta finanza israelitica, e si profila con un coivolgimento universale delle nazioni. Anche l'Italia si trova nel vortice, e non appare altra salvezza che la consacrazione al Cuore Immacolato di Maria.

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Di Admin (del 25/02/2010 @ 10:57:14, in Dina Mite 2008, linkato 940 volte)

“E Adamo si vide nudo…” La più profonda tragedia di questa ora è la perdita della Verità. L’uomo d’oggi si trova nudo di fronte ai principi fondamentali dell’essere. Privo di riferimenti metafisici. E’ stata la vittoria del relativismo assoluto sulla falsa cultura attuale.

Il relativismo assoluto è, nel suo stesso porsi, inconsistente, perché nega se stesso: se infatti il relativismo è assoluto, anche il relativismo è relativo, quindi inconsistente. Il relativismo deve per forza porsi una base, e questa base è l’individuo umano come ultimo criterio di verità, quindi ognuno ha la sua verità, la quale può essere in contrasto con le verità altrui. “La verità me la faccio io come meglio mi comoda”, ma questo significa che una verità elide l’altra, e non è più possibile alcun accordo tra i mortali. Si corre allora al riparo con verità statistiche di questo tipo: “E’ vero ciò che è maggiormente condiviso”.

E’ il fondamento della legislazione europea, che elabora le leggi in base al sentimento dei più, ma se questi più sono nel falso, siamo ancora daccapo. E’ il fondamento delle democrazie, basate non su una Verità oggettiva, ma sulla forza cieca dei numeri. Se una società è fatta di santi, questi legiferano il meglio, ma se vi prevalgono i delinquenti, le leggi escono su loro misura. Poniamo il caso concreto dell’aborto: se la maggioranza è corrotta, l’aborto sarà proposto come conquista sociale. Il relativismo ha un aspetto positivo, che ogni società ha quello che si merita, in bene o in male, perché Dio ha posto questo ineludibile assioma: ciascuno è premio o castigo a se stesso.

E non si scappa da un castigo peggiore dell’inferno, perché l’essere dannati in se stessi è peggio che patirne la pena. Premio o castigo dell’uomo è quello che l’uomo è, quale si costruisce giorno per giorno con i propri pensieri, desideri, azioni. La società attuale è quindi destinata allo sbando. Finché non ritrova le proprie radici nella Verità, ci sarà sempre qualcuno che dirà: “Usiamo le atomiche per prevalere su chi potrebbe usarle contro di noi”.

Quando si perde la Verità, tutto è possibile: ci sarà sempre un figlio che giudicherà ragionevole uccidere il padre o la madre che gli danno fastidio. Ci sarà sempre un popolo che ricorrerà a Massinissa per giustificare i propri pruriti di guerra. Ci sarà sempre una madre che troverà buone ragioni per trucidare il proprio bambino. Senza una Verità che sia al di sopra di tutte le coincidenze, tutto è possibile, e tutto sbocca nell’inferno. L’inferno è il luogo dove si è spenta la Verità.

Il Salmista si domanda: “Quando le fondamenta sono scosse, che cosa può fare il giusto?” ( ). La Chiesa stessa subisce gli influssi di questa situazione ibrida entrando in uno stato di ovattazione che snerva il suo vigore. La Rivoluzione Francese ha trovato un episcopato solido nei suoi principi che si è rifiutato di accettare la costituzione civile del clero a costo del martirio di molti vescovi e sacerdoti.

Oggi non è così. Un cardinale ha consentito a un fatto assai più grave, accettando l’incontro ecumenico tra cattolici, dissidenti e pagani come se le false divinità potessero convivere nello stesso tempio dell’unico vero Dio. Si è trattato decisamente di un peccato di idolatria. Eppure questo Vescovo aveva insegnato per decenni teologia morale in seminario e sapeva benissimo che in nessun modo si deve ammettere un male in vista di un bene (principio del duplice effetto, v. Jone, 14).

E il clima degli incontri di Assisi ove si commettono peccati gravissimi di idolatria, che facevano infuriare Jahvé contro gli ebrei fino a provocare le grandi deportazioni, assira, babilonese e romana. L’ecumenismo sinarchico è la manifestazione più vistosa del relativismo, ma lo smarrimento metafisico infesta altre aree della vita ecclesiale, come l’esegesi, la liturgia, la morale, e si identifica col modernismo. Questo brutto regalo ereditato da migliaia di pensatori fuori della Verità, come possiamo toccare con mano nelle enciclopedie filosofiche dove un errore caccia l’altro, si annida in alcuni settori di privilegio, quali la scienza, la storia, l’economia. La storia.

Gli ebrei, ad esempio, non gradiscono che si insegni che prima ancora della rivoluzione francese molti disordini tra i popoli segnano la loro ascesa verso il dominio mondiale dei popoli. Oggi appare chiarissimo, da una lettura retrospettiva dei fatti, che con la creazione della massoneria le guerre e le rivoluzioni si sono sviluppate su loro iniziativa. Grazie all’acume di ricercatori avveduti e di molti documenti venuti alla luce è oggi possibile ricostruire la storia di questi ultimi secoli rilevando la funzione determinante esercitata dall’ebraismo anticristiano sugli avvenimenti che hanno cambiato il volto all’intero pianeta.

La rivoluzione francese è stato un passo molto importante nel cambiamento degli assetti politici dell’Europa. Essa è stata resa possibile dal piano elaborato a Francoforte dall’ebreo Rotschild e dagli Illuminati di Baviera che si insinuarono nelle logge francesi per dirigerle ai loro piani. Ma prima ancora emerge la figura di che riuscì a portare la piazzaforte egli affari ebraici nel cuore di Londra, instaurando il connubio tra ebraismo e corona inglese.

Non è difficile ricostruire, con documenti alla mano, l’invasione ebraica nell’Europa cristiana, mediante il grimaldello così bene maneggiato della massoneria. L’Europa uscita dalla prima guerra mondiale corrisponde esattamente con le dichiarazioni del gran maestro della massoneria inglese lord Palmerston, che nel 1848 sul giornale Globe delineava il futuro assestamento dell’Europa in questi termini: Francia massonica, eliminazione dell’impero austro-ungarico, e dello varismo russo, unificazione dell’Italia a spese del Papato, indebolimento del cattolicesimo ai margini dell’Europa.

La rivoluzione europea orchestrata nel 1848 dall’Inghilterra mediante i massoni Mazzini, Cossuth e Ledru Rollin. Quest’epoca delle mezze verità ha reso possibile la proliferazione di movimenti molto inquinati.

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Di Admin (del 25/02/2010 @ 12:26:03, in Padre Vittorio 2008, linkato 1711 volte)

La Creazione primo Vangelo “Dalla grandezza e bellezza delle cose, ragionando, se ne intuisce il primo Fattore”, ci insegna il libro della Sapienza, che aggiunge, soprattutto per l’uomo di oggi: “Se giunsero a saper tanto da poter farsi un’idea dell’Universo, come mai non hanno più presto trovato il Signore di esso?” (Sap 13, 1s).

Gli fa eco anche l’apostolo Paolo che spiega: “Fin dalla creazione del mondo dagli attributi invisibili di Dio, come la sua eterna potenza e la sua divinità, con la riflessione della mente sulle cose create si ravvisano”. Perciò gli atei “sono inescusabili, perché conoscendo Dio, non lo hanno onorato come Dio, né gli hanno reso grazie, ma vaneggiarono nei loro pensieri e si è ottenebrata la loro mente ottusa” (Rm 1, 20s).

La Scrittura suppone quindi che l’ateo è responsabile: conosce. Fin dall’origine Dio ha impresso nell’uomo l’intelligenza come specchio della sua stessa Intelligenza divina, creandolo a sua immagine e somiglianza (Gn 1, 26), in modo che potesse comprendere le cose create, e intravvedere in esse il volto del Creatore. La prima manifestazione dell’intelligenza è raccontata in modo comprensibile con queste parole: Dio formò dal suolo ogni genere di animali e di uccelli dell’aria e li condusse ad Adamo per vedere come li chiamasse, e l’uomo impose il nome a tutte le bestie, ad ogni uccello dell’aria, ad ogni animale campestre (Gn 2, 19s).

Questo chiamare per nome indica la capacità di intuire l’essenza degli esseri, ossia di conoscere la verità. Il dono dell’intelligenza per conoscere la verità è fondamentale per l’uomo, e Dio stesso ha provveduto a garantirlo mediante la struttura stessa della mente umana, che si adegua alla realtà delle cose mediante la capacità di astrazione, che nelle cose intuisce la loro essenza.

La conoscenza è adaequatio intellectus et rei. Non siamo noi a creare la verità: essa è anteriore a noi e ha la sua fonte in Dio, il quale nel crearci ha stabilito una legge indistruttibile: che l’uomo sia premio o castigo a se stesso secondo l’uso della sua intelligenza. Chi vuole sottrarsi alla verità non ottiene altro, che la verità si sottrae a lui. E’ la sorte degli atei, che si accaniscono come calabroni contro la luce fino a bruciarsi gli occhi. Il rifiuto della Verità è peccato contro la luce, ed espone gli atei d’oggi ad arrampicarsi sui vetri per trovare alternative alla creazione e a Dio stesso.

Per questo Dio li ha abbandonati in balia della concupiscenza fino alle più abominevoli perversioni contro natura descritte da Paolo (Rm 1, 24s). Le perversioni del cuore sono precedute dalle perversioni della mente, come vediamo nell’odierno ateismo che agisce sotto il dominio del primo pervertito, Satana, il quale non stette fermo nella verità ed è menzognero e omicida (Gv 8, 44s). L’esistenza di Dio Il primo annuncio evangelico della creazione è quindi l’esistenza di Dio.

Prima di rivelarci i suoi attributi, Dio ci rivela che Egli esiste: “Io sono Colui che E’” (Es 3, 14). E la prima constatazione nell’aprirci alla vita è che ci siamo trovati fatti. Non ci siamo dati la vita da noi stessi, dipendiamo da altri, e soprattutto da un Altro che è prima di tutti e al di sopra di quanto esiste, e rimane avvolto nel suo Mistero insondabile. Più che farsi vedere, si fa intravvedere. Non possiamo forzare le porte del mistero di Dio, perché la Scrittura ci ammonisce: “Lo scrutatore indiscreto della divina Maestà ne rimane oppresso dalla gloria” (Prov 25, 27).

E’ prima intelligenza capire i propri limiti: soprattutto dopo il peccato di Adamo, spesso capiamo poco, capiamo tardi, capiamo male. Dio ci ha dato l’intelligenza ed è intervenuto a rivelarci il suo pensiero mediante le Scritture, ma non ci rivela tutto. Vuole che noi comprendiamo, ma la via della vera scienza è ardua, esige umiltà e purezza di cuore (v. Mt 5, 8). E’ bene capire che Dio ci affida il divenire, ma l’essere lo tiene strettamente nel suo pugno. Capiamo di avere un corpo, e le scienze ci dicono molte cose sulla materia e sulle sue trasformazioni, ma l’essere profondo dell’elettrone e dell’atomo non è noto agli scienziati.

Noi controlliamo il susseguirsi dei nostri pensieri, ma non sapremo mai che cos’è l’anima. Come l’anima agisca sul corpo nessun scienziato riuscirà mai a dircelo. Quando i discepoli obiettarono a Gesù: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?”, Gesù non diede una spiegazione, ma chiese la fede nelle sue parole: “Le parole che vi ho detto sono spirito e vita…”. Non ha spiegato la sua presenza reale, ossia come sarebbe rimasto nell’Eucaristia, il suo essere eucaristico, che rimane sempre grande mistero, ma ha chiesto fede nella sua parola.

Migliaia di biologi sono impegnati a investigare la natura delle innumerevoli molecole più complesse, come le proteine, gli acidi nucleici, gli aminoacidi, e tanti altri elementi che agiscono negli organismi viventi fin dalle loro origini, ma sono ben lontani dal comprenderne gli intricati meccanismi. Sappiamo noi come ha aggiunto alla saliva la capacità di disinfettare, e ha rivestito i vasi sanguigni di tensione elettrostatica per impedire l’insediamento di batteri? Eppure l’intelligenza divina li dirige da migliaia di anni. Dio provoca Giobbe chiedendogli: “Sei tu che fai spuntare a suo tempo le costellazioni? Che procuri la preda ai leoni e sazi la fame dei leoncelli?… Sai tu come figliano le camozze ? Assisti forse al parto delle cerve?”(v. Gb 38 e 39, ecc.).

Le affermazioni di certi presunti scienziati appaiono schematizzazioni di analfabeti. I nomi di Dio nella Scrittura sono vari e sottolineano i suoi attributi particolari. Egli è chiamato: Iahvè (Colui che E’, Il Signore), Elohim (Dio), El (Dio, come appare in tanti composti ebraici: Michael= Chi come Dio?, Gabriel= Forza di Dio, Raphael = Medicina di Dio, Samuel = Impetrato da Dio, Betel= Casa di Dio), Adonai (Signore), Saddai (Onnipotente), Elion (Altissimo) (v. Vaccari, Bibbia, p.41) L’Immensità di Dio Chi contempla il cielo resta subito sorpreso dall’immensità degli spazi.

La volta stellata che pulsa nel silenzio della notte ci lascia sgomenti di fronte alla vastità del cielo, e la curva delle acque all’orizzonte dell’oceano colmava l’uomo di stupore anche quando non aveva conoscenze scientifiche. Con le esplorazioni dei potentissimi radiotelescopi il cosmo acquista dimensioni allucinanti. Leggiamo, ad esempio come la terra, pur così estesa, è un minuscolo pianeta un milione di volte più piccolo del sole, il quale non è che una stella della Via Lattea, la fascia di stelle che avvolge il nostro stellato, e che contiene migliaia di milioni di stelle. E non si tratta della galassia più importante: “Il telescopio di Monte Palomar dal diametro di cinque metri può fotografare circa 5 milioni di galassie, molte delle quali più grandi e più fitte della nostra” (da I mondi dell’uomo, vol 1, La materia, p.316).

Rimaniamo sbalorditi dalle cifre riportate dagli scienziati, che misurano le distanze astrali in anni luce, e ci dicono che i più lontani echi luminosi giunti dai limiti dell’universo a noi noto distano dalla terra oltre dieci miliardi di anni luce (la luce si espande a trecentomila chilometri al secondo, ossia in un secondo farebbe otto volte il giro della terra). E altrettanto ci dicono gli studiosi dell’immensamente piccolo (noi siamo a metà strada tra galassie ed elettroni). Un fatto però è certo: che possiamo sentirci grandi solo ai nostri occhi, come le mosche si sentono grandi davanti ai loro.

E’ vero che l’anima spirituale è un enorme salto di qualità di fronte all’universo materiale, ma pensiamo all’assurdità di una bestemmia lanciata contro Dio! Nei suoi Esercizi S. Ignazio di Loyola porta a considerare: “Chi sono io in mezzo a tanti uomini, spesso migliori e più santi di me, a tanti angeli e Santi, e soprattutto di fronte a Dio?”. Dio è Luce La Scrittura ci rimanda alla luce come a un rivestimento simbolico di Dio stesso, che abita in una luce inaccessibile (1 Tm 6, 16) e si riveste di luce come di un manto (Sal 103, 1). Giovanni ci insegna che Dio è Luce e in Lui non ci sono tenebre (1 Gv 1, 5 ), e che Gesù è la “Luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo, e chi lo segue non camminerà nelle tenebre ma avrà la Luce della vita” (Gv 8, 12).

Il Verbo è la Luce (Gv 1, 4). La Scrittura ci presenta la luce come inizio della Creazione (Gn 1, 3) e anche della Redenzione (Gv 1, 5s). Il richiamo alla luce è fondamentale nel discorso su Dio: possiamo considerarla il primo simbolo di Dio stesso, come è il primo dono della nostra vita che sta alla base di ogni altro dono. Senza la luce la vita non è possibile, dato che senza di essa non si ha la clorofilla, che sta alla base del mondo vegetale e quindi dello stesso mondo animale. La luminosità di una giornata determina molta nostra gioia, mentre il buio è l’ambiente del mal fare. I fisici ci presentano la Luce come principio primo (Mor).

Siccome però è di natura ondulatoria, e il moto ondulatorio avviene per compromesso tra due forze contrapposte (una di resistenza gravitazionale e una di espansione: è energia elettromagnetica), la Luce si sprigiona superando la forza nella quale si condensa, come ipotizzano i fisici studiando gli sconfinati ammassi di materia fortemente gravitazionale (il caos iniziale (Gn 1, 2) non corrisponde forse all’ammasso gravitazionale da cui si sprigiona la luce? V. Gn 1,2). E’ pure notevole il fatto Dio ha legato la trasmissione dei messaggi al moto ondulatorio delle particelle subatomiche (raggi infrarossi, raggi ultravioletti, onde luminose a noi visibili, raggi X, raggi gamma, raggi cosmici…), delle onde sonore e delle onde d’acqua. La vita cammina sul moto ondulatorio.

Il prof. Mor, che sovrintendeva agli osservatori solari italiani, rilevava spesso come la luce delle apparizioni, non essendo inquinata dal peccato di origine, non fa male agli occhi, come dimostrava l’assenza di ammiccamento dei veggenti di Medjugorje durante le apparizioni, mentre gli uccelli sospendevano i loro canti. C’è anche una luminosità delle persone sante, perché chi guarda a Dio ne resta illuminato. La Sapienza di Dio Il contadino ammira come da un seme si sviluppa una pianta: “Nel regno di Dio avviene quanto avviene dopo che l’uomo abbia gettato il seme in terra. Egli la notte dorme e il giorno veglia, e intanto il seme germoglia e cresce senza che egli sappia come.

Da se stessa la terra produce prima erba, poi spiga, poi grano pieno nella spiga. E quando il frutto lo permetta, egli subito vi mette la falce, perché è arrivata l’ora della mietitura” (Mc4, 26s). Nel suo insegnamento Gesù stesso ricorre alle parabole del seme per farci intendere i misteri del suo regno: grano che cade in terreni diversi e produce secondo il terreno che trova (Mt 13, 1s), grano che cade in terreno infestato dalla zizzania (Mt 13, 24s, 35s), minuscolo granello di senape che si sviluppa fino a diventare albero (Mt 13, 21s). Ci detta il grande principio del discernimento, che vale per la vita spirituale, morale, e ogni sapere: “Dai frutti si giudica l’albero” ( Mt 12, 33), come dagli effetti si conosce la causa. La divina pazienza attende che il fico possa dare il suo frutto (Lc 13, 6s), mentre se non dà frutti viene maledetto e secca (Mc 11, 12s, 20s). Gesù infine ci parla dell’unione con Lui come del tralcio unito alla vite (Gv 15, 1s).

Le scienze biologiche ci consentono oggi di penetrare più a fondo nel miracolo di un seme che cresce. Una sapienza insondabile ha diffuso a piene mani semi di ogni sorta, ciascuno con il suo segreto profondo che agli uomini è dato conoscere solo in piccola parte. Osserviamo come un mirtillo è perfetto in ogni fase della sua crescita: rami e foglie sono perfetti, poi spuntano i fiori e un po’ alla volta maturano le bacche, che all’inizio sono acide, poi alla luce del sole si fanno graziosamente saporite. In ogni fase del suo sviluppo gli elementi chimici agiscono in armonia concordata: chimica dei colori, dei profumi, dei sapori, degli elementi che danno sostegno ed elasticità alla pianticella. Tutto matura adattandosi al variare delle condizioni ambientali. E anche quando la pianta si spegne i colori autunnali sono sempre meravigliosi, ed è già pronto il seme per moltiplicare le pianticelle nella prossima stagione.

La Scrittura sottolinea come Dio disse: “La terra germogli vegetali, erba che faccia seme, e alberi fruttiferi che facciano frutto della loro specie con entro il proprio seme” (Gn 1, 11s). E anche gli animali e l’uomo stesso si trasmettono la vita ciascuno secondo la propria specie, mediante il proprio seme (Gn 1, 20s). Noi fabbrichiamo bambole, statue e giocattoli di animali, ma Dio ha fatto questo portento: ha creato il cavallo con la capacità di generare cavalli simili a lui, mediante l’invenzione divina che è il seme, un laboratorio misterioso che contiene le innumerevoli e complesse sostanze chimiche necessarie per alimentare gli inizi di una nuova vita, e un centro direttivo (il DNA) che fornisce all’insieme le istruzioni per le singole fasi del suo sviluppo.

Ciò che avviene nella manipolazione degli embrioni umani è orribile, ma rivela la sapienza di Dio nella sua creazione, e gli scienziati scrutano le possibilità di guarire le malattie oppure di commettere i loro errori servendosi della sapienza di Dio. Coloro che sostengono l’evoluzione darwiniana con ipotesi ben lontane dal dimostrare scientificamente la trasformazione delle specie, ad onta dell’opposizione dei biologi, devono pur arrendersi pensando che l’evoluzione è un fatto che investe l’intero creato, frutto del pensiero di Dio che ha intuito il cosmo in unità.

La Scrittura ne delinea le fasi con linguaggio comprensibile anche ai semplici, ma con successioni sostanzialmente concordi a quanto ci dicono le scienze. Contrapporre le Scienze alla Scrittura è fraintendere l’una e l’altra, perché entrambe vengono da Dio e ne rivelano la Verità. La Sapienza di Dio è insondabile e si rivela soprattutto nel suo comportamento con l’uomo. Certo, supera i nostri intendimenti quanto il cielo supera la terra (Is 55, 9) soprattutto con la Redenzione. L’uomo è creato a immagine di Dio. Questa immagine è nell’intelligenza che lo rende autocosciente e nella volontà che lo fa libero di scegliere tra il bene e il male e perfino di opporsi al suo Creatore.

Dio non tocca mai la nostra libertà, perché non saremmo più uomini. Agisce illuminando. Avverte Adamo di mangiare pure di ogni frutto terrestre, di ogni sorta di albero piacevole a vedersi e buono da mangiare, tra cui l’Albero della Vita in mezzo al giardino, ma di non toccare l’albero della conoscenza del bene e del male (Gn 2, 9) per non doverne morire (Gn 2, 17). L‘apostolo Paolo ci insegna che ogni cosa creata da Dio è buona, e nulla è da rigettarsi quando se ne usa con rendimento di grazie (1 Tm 4, 4). Il retto uso della ragione ci porta a conoscere la Sapienza di Dio nei doni incessanti offerti dalla vita. Gesù chiama beati i puri di cuore perché vedranno Dio (Mt 5, 8), ma fa capire che esiste un peccato che non sarà perdonato né in cielo né in terra, peccato contro la luce (Mc 3, 29).

L’ateismo è peccato contro la luce che ci viene dalla Creazione. Gloria di Dio è l’uomo vivente. La più alta meraviglia di Dio è l’uomo stesso, riflesso dell’intelligenza divina che gareggia con Dio nella conoscenza del cosmo e ne scopre segreti altissimi, come le onde elettromagnetiche che consentono di trasmettere suoni e immagini a distanza. Ma la sapienza più alta è data a coloro che si sforzano di conoscere Dio stesso e di imitarne la santità. Per questo la sapienza è data come dono dello Spirito Santo.

La Provvidenza di Dio E’ Gesù stesso che ci esorta a rivolgere gli occhi alla natura per attingervi una retta conoscenza di Dio. “Il Padre mio opera sempre, e io pure opero”, dice Gesù ai giudei che lo accusano di far miracoli il sabato (Gv 5, 17).

Gesù stesso è Creatore con il Padre e lo Spirito Santo, conosce il Padre e ne rivela gli attributi divini. Quanto alla Provvidenza ne parla nel discorso della montagna con parole commoventi: “Non vi affannate per la vostra vita di quel che mangerete o di quel che berrete: non vale la vita più del nutrimento e il corpo più del vestito? Osservate gli uccelli dell’aria, i quali non seminano né mietono né raccolgono in granai, eppure il Padre vostro celeste li nutre: non siete voi più di essi? E chi di voi con l’affannarsi può aggiungere alla sua età una spanna? E perché affannarsi per il vestire? Considerate come crescono i gigli dei campi: essi non lavorano né filano, eppure Io vi dico che neanche Salomone in tutta la sua pompa fu mai vestito come uno di essi. Ora, se Dio così riveste l’erba dei campi, che oggi è e domani si getta nel forno, quanto più vestirà voi, gente di poca fede! Non vi affannate dunque dicendo ‘Che cosa mangeremo?’ oppure ‘Che berremo?’ oppure ‘Di che ci vestiremo?’ (tutte cose di cui vanno in cerca i pagani), poiché il Padre vostro Celeste sa che di tutto questo voi avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in più. Non vi affannate dunque per il domani, poiché il domani avrà esso pure il suo affanno. Basta a ciascun giorno il suo travaglio” (Mt 6, 24-34).

La terra continua a produrre in abbondanza per tutti gli uomini, e potrebbe nutrirne molti di più. La fame e la povertà è dovuta a tanti peccati, ma nonostante tutti questi disordini, Dio usa una Provvidenza particolare per tutti coloro che si affidano a Lui. La Bellezza di Dio La bellezza di Dio è un altro attributo da meditare. Chi non ammira lo splendore roseo di un mattino o i riflessi del sole che tramonta sul mare? Chi non ammira lo splendore dell’arcobaleno dopo il temporale, la grazia di una rosa imperlata di rugiada? Come non rimanere incantati dalla bellezza di un volto di bambino o di adolescente, di due sposi che si avviano alle nozze?

Dio ha circonfuso ogni essere di grazia e di bellezza come riflesso del suo volto divino, e ha promesso il Paradiso come condizione di beatitudine che non avrà mai fine. Là non entra nulla di impuro! (Ap 21, 27). Là si compiono le nozze eterne tra Dio stesso e coloro che vivono nel suo amore: “Lo Spirito e la Sposa dicono: Vieni!” (Ap 22, 17).

La divina Misericordia E’ ancora Gesù a farci riflettere sulla Misericordia di Dio: “Vi fu detto: ‘Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico’, ma Io vi dico: Amate i vostri nemici e pregate per coloro che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei Cieli, il quale fa sorgere il suo sole su malvagi e buoni, e piovere su giusti e ingiusti. Poiché se amate coloro che vi amano, che merito ne avete? E non fanno così anche i pubblicani? E se salutate soltanto i vostri amici, che fate mai di speciale? E non fanno forse altrettanto anche i pagani? Siate dunque perfetti come è perfetto il vostro Padre Celeste” (Mt 5, 43s). La stessa creazione quindi ci offre l’esempio di un Dio misericordioso che perdona non solo settanta volte, ma settanta volte sette.

E’ anche vero che Dio interviene a punire i peccati, e che ha disposto che ognuno sia premio o castigo a se stesso, come quando il peccato si ritorce sul peccatore. Ma Dio è paziente e propenso al perdono, come insegna a Mosè, quando passò davanti a lui proclamando:“Iahvè, Iahvè! Dio pietoso e misericordioso, tardo all’ira e grande in benignità e fedeltà; che serba benignità alle migliaia, perdona l’iniquità, il misfatto e il peccato, ma che pure non lascia nulla di impunito; che ricerca l’iniquità dei padri nei figli e nei nipoti fino alla terza e quarta generazione” (Es 34, 6s). , Tale ce Lo rivela soprattutto Gesù. Invito alla Contemplazione Abbiamo evidenziato qualche fuggevole aspetto di un tema che meriterebbe ben altra profondità. Ma una migliore comprensione dell’amore di Dio è una conquista personale che esige una crescente attitudine contemplativa.

Tutto nella Creazione ci invita all’attitudine contemplativa! Essa si sviluppa nel silenzio: non dobbiamo sprecare la vita in un attivismo frenetico o in chiacchiere inconcludenti e dispersive. Gesù si ritirava dalla folla per passare la notte in preghiera (Mt 14, 13; Lc 9, 10; 21, 37; 22, 39) e invitava gli Apostoli: “ Venite voi soli in un luogo appartato, e riposatevi un poco” (Mc 6, 31). Fin dalle origini della Chiesa si sono sviluppate varie forme di consacrazione sulla base della vita contemplativa (anacoreti, cenobiti, monaci, religiosi), e anche molti laici si dedicano con frutto a ritiri e tempi di silenzio contemplativo.

Essa porta all’adorazione: è il primo gesto dovuto al Creatore e forma i veri adoratori che adorano Dio in Spirito e Verità. Essa è fonte di sapienza, che cresce nella meditazione: Se rimanete costanti nella mia Parola, sarete davvero miei discepoli e conoscerete la Verità, e la Verità vi farà liberi (Gv 8, 31s), . Da gran Signore, Dio circonda di finezze chi fa la sua volontà. Essa è fonte di gioia. Il mondo ama l’esibizione, lo sfarzo. Gli spiriti eletti, amanti del silenzio contemplativo, si dilettano della divina Presenza, e ne escono col volto raggiante come Mosè dal Sinai.

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Di Admin (del 02/03/2010 @ 12:17:48, in Padre Vittorio 2008, linkato 1079 volte)

 Gesù ha detto: "Io sono la Verità" (Gv 14, 6), e di fronte a Ponzio Pilato ha dichiarato: "Per questo sono venuto al mondo: per rendere testimonianza alla Verità. Chiunque ama la verità, ascolta la mia voce" (Gv 18, 37). Pilato chiede evasivamente: "E che cos'è la verità?...".

La verità è l'essere delle cose: una cosa è vera, o non esiste. Secondo la dottrina tomistica ogni essere è concettualmente uno, vero, buono: uno nella sua individualità, vero nella sua essenza, buono nel suo esistere. Una cosa è vera, o non esiste, quindi ciò che è fuori della verità è fuori dall'essere. Per questo è fondamentale e salvifico l'atteggiamento che assumiamo nei confronti della verità. Fuori della verità non c'è salvezza.

Il primo proposito per santificarsi è "Io voglio la verità a tutti i costi!".

Oggi è diffusa la tendenza ad attribuire il primato all'amore piuttosto che alla verità: è un'aberrazione sentimentale, perché la carità è un fatto razionale, e non può esistere senza la specificazione razionale del suo oggetto, che può essere buono ma anche cattivo, delle sue motivazioni, del suo fine, del modo di esercitarla. La prima carità verso il prossimo è quindi la Verità. Un ecumenismo sentimentale pretende di amare senza aiutare a liberarsi dall'errore e a convertirsi.

 Verità eterna e sostanziale è dunque Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. Come ogni cosa creata attinge l'essere da Dio, da Dio attinge anche la propria verità.

Gesù è la Verità in quanto è Colui che E', ossia Dio, e come Persona è specchio del Padre ("Chi vede me, vede il Padre": Gv 14, 9) e rivelazione della sua sostanza (v. Eb 1, 3); ed è colui che invia lo Spirito di Verità, lo Spirito del Padre, che è anche il suo Spirito, per condurci alla Verità tutta intera (Gv 16, 12s).

Il termine Verità nella Scrittura è detto anche Luce, e Gesù, il Verbo del Padre, l'intelligenza del Padre, nel quale sono create tutte le cose, è la Luce che illumina ogni uono veniente in questo mondo (Gv 1,9), e dice di Sé: "Io sono la Luce del mondo: chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà luce di vita" (Gv 8, 12), e ancora: "Se voi rimanete costanti nella mia parola, sarete davvero miei discepoli e conoscerete la Verità, e la Verità vi farà liberi" (Gv 8, 31s).

Tutte le cose sono create nel Verbo e dal Verbo attingono la propria consistenza concettuale (si rilegga in proposito il passo magnifico di Col 1, 12s), la propria verità. Per questo il Verbo è il prototipo esemplare di ogni perfezione. Fuori della Luce del Verbo rimane la tenebra, il nulla.

La Verità è eterna, ma all'intelletto umano si rivela gradualmente alla luce dello Spirito Santo, che ha il compito di condurci alla Verità tutta intera (Gv 16, 13). Quanto avviene nei singoli individui è avvenuto anche nella storia umana: Dio si rivela gradualmente, seguendo lo sviluppo intellettuale dell'umanità. Come dice Newmann, Dio si mette a balbettare con l'uomo per insegnargli il suo stesso linguaggio.

Possiamo distinguere nella Rivelazione tre stadi successivi, che corrispondono agli interventi particolari delle tre Persone divine: la rivelazione del Padre (il primo Vangelo), quella del Figlio (il Vangelo di Gesù) e quella dello Spirito Santo, che porta alla verità tutta intera mediante il Magistero della Chiesa e le ispirazioni interiori.

Il Vangelo del Padre: la Creazione

Il primo Vangelo è la natura, che rivela il pensiero del Padre. Gesù stesso ci indica incessantemente questo Vangelo, come quando ci esorta a ravvisare l'opera incessante del Padre: "Il Padre mio opera sempre" (Gv 5, 17). E nell'opera del Padre Gesù ci invita a ravvisare la sua perfezione, il suo pensiero, la sua sapienza, la sua bontà, per essere perfetti come il Padre che è nei Cieli (Mt 5, 48).

La prima rivelazione riguarda tutta l'umanità, riguarda ogni uomo. Quale bimbo di fronte al cielo stellato non ha tentato di immergersi con la mente nell'immensità degli spazi e chiedersi una risposta su chi ha fatto tali meraviglie? Oggi poi, che gli scienziati hanno misurato la distanza dei confini del cielo a noi noti, ci parlano di miliardi di anni luce, quale uomo che non abbia il velo della malizia nel cuore non si trovi sopraffatto da tanta immensità, e non pieghi la mente in un senso di adorazione ("Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio!", Mt 5, 8) e non si senta soavemente sopraffatto dalla percezione dell'onnipotenza del Creatore?

Il senso del mistero si acuisce quando rientriamo in noi stessi: "Io mi sono trovato fatto". Mi scopro fatto di un corpo materiale e di qualcosa che oltrepassa la materia: la capacità di pensare. Donde poi sia scaturita questa luce intellettuale non lo so ancora, non so che cosa sia l'anima e come si unisca al corpo e lo muova come voglio. Non riesco a far nascere un capello dove vorrei. Ogni giorno gli scienziati scoprono qualcosa del corpo, come la tensione elettrostatica che impedisce ai batteri di aderire ai vasi sanguigni o come si possa impiantare un arto su un corpo vivo. Io sono mistero a me stesso. Ma tutto è mistero intorno a me.

La fede mi dice che Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza (Gn 1, 27): io sono lo specchio che riceve la luce di un Altro che esiste fuori di me e prima di me, e che tiene le chiavi misteriose del mio essere e del mio divenire. La chiave dell'essere Dio la riserva gelosamente per sé ("La mia gloria non la darò ad altri": Is 42, 8; 48, 11); la chiave del mio divenire è affidata anche a me: posso divenire un santo, posso divenire un demonio: sta a me la scelta di fronte all'albero della conoscenza del bene e del male (Gn 2, 9).

L'energia vitale viene da Colui che mi ha creato: Egli mi sostiene nell'essere anche quando io pecco contro di lui. Anche al ladro Dio sostiene la scala mentre ruba: sostiene il suo essere, ma riprova la sua perversa volontà. L'Io di Dio costituisce il mio Tu, e dal momento in cui mi sono aperto alla vita Dio mi affida il compito di orientare le mie energie secondo disegni che per essere buoni devono essere esclusivamente suoi, fatti della sua Luce. "Sia ben chiaro! - ci dice Dio - Io sono Io e tu sei tu. A mia immagine è anche quella libertà che ti rende autonomo nelle tue scelte; da parte mia metto a tua disposizione la mia energia, e tu orientala con il criterio che ti manifesto col retto uso dell'intelligenza". E' il terribile dono del libero arbitrio, che fa sì che io sia me stesso nel decidere, e di Dio nell'essere. Perfino Satana vive in una terribile tensione: è santo nell'essere, perché creato da Dio, è satanico nel volere il male per il male.

La prima rivelazione della natura è quindi l'esistenza di Dio. L'apostolo Paolo ci illumina: Fin dalla creazione del mondo gli attributi invisibili di Dio, come la sua eterna potenza e la sua divinità con la riflessione della mente sulle cose create si ravvisano (Rm 1,20s). Fin dalle origini dell'umanità, e fin dall'aprirsi dell'intelligenza infantile.

Il Vangelo della Natura, esaltando gli attributi di Dio, pone l'uomo di fronte alla sua responsabilità di non chiudere gli occhi alla luce.

Il Primo Vangelo rivelandoci qualcosa di Dio ci spinge al gesto razionalissimo dell'adorazione: "I veri adoratori adoreranno Dio in Spirito e Verità" (Gv 4, 23).

Il primo peccato dell'uomo è misconoscere Dio. L'apostolo Paolo condanna come inescusabili coloro che pur conoscendo Dio (nel Verbo che è la Luce del mondo) non lo onorarono come Dio né gli resero grazie, ma vaneggiarono nelle loro elucubrazioni così che la loro mente si ottenebrò (v. Rm 1, 18s). Il verdetto divino sugli atei è perentorio anche nel libro della Sapienza, con parole di grande attualità: Se tanto giunsero a sapere da poter farsi un'idea dell'universo - e quanta luce ha portato il progresso scientifico -, come mai non hanno più prontamente ravvisato il Signore di esso? (Sap 13, 8). Essi sono quindi inescusabili (Rm 18, 20). Non esistono atei in buona fede! Essi tengono la verità inceppata nell'ingiustizia (Rm 8, 18).

L'apostolo Paolo ci rivela pure come lo scompenso interiore dell'ateismo porta l'uomo a compensarsi con i più squallidi godimenti della carne, in modo da cadere in peccati contro natura: Dio li ha abbandonati in balia di passioni ignominiose, stravolgendo il comportamento naturale in quello contro natura (Rm 1, 24s). E' la maledizione vistosa dell'ateismo attuale che giunge a promuovere tali aberrazioni in dimensioni planetarie (liberalizzazione dell'aborto, dell'omosessualità, della sodomia, ecc.).

Tutto è disposto da Dio con sapienza infinita. La perfezione più sorprendente rivelataci dalla natura è l'intelligenza del Padre: il cosmo è stato creato in un unico lampo di intelligenza divina. Nel Fiat lux primordiale Dio ha intuito tutti gli sviluppi dell'energia luminosa, dal fotone all'atomo, agli elementi materiali che ne sono la condensione, alla vita vegetale, agli animali, all'uomo. E il tutto è stato lanciato nell'essere in misura, numero e peso (Sap 11, 20) tali che se la luce avesse una velocità leggermente inferiore o superiore ai trecentomila chilometri al secondo, il cosmo attuale non sarebbe possibile, o se l'acqua gelasse a un grado più o un grando meno, la vita sulla terra non sarebbe possibile.

Nel primo lampo di luce Dio intuiva le infinite possibilità della materia e della vita quali milioni di scienziati vanno scoprendo progressivamente in un immane sforzo dopo millenni di civiltà rendendo possibile trasmettere immagini a distanza o sviluppare l'energia atomica.

Nei programmi scolastici i nostri politici atei impongono di insegnare la teoria dell'evoluzionismo. A parte il fatto che l'evoluzionismo trasformistico è respinto dalla maggior parte degli scienziati, per cui tale imposizione scolastica risulta una ignobile manovra dell'autoritarismo massonico, l'evoluzione reale della creazione secondo il dettato biblico dalla luce all'ambiente terrestre, all'apparizione del mondo vegetale prima e del mondo animale poi, e infine dell'uomo, con i successivi interventi creativi rivela un'intelligenza insondabile, a differenza di un trasformismo affidato al cieco caso contro il più elementare buon senso. L'esistenza di un raggio di luce non può affidarsi al caso o alla magia; l'interdipendenza delle energie elementari fino agli ultimi sviluppi della vita ancor meno. La pregiudiziale atea nella visione del mondo risulta un insulto vergognoso all'intelligenza umana.

La natura ci rivela la Provvidenza del Padre: "Osservate gli uccelli dell'aria, i quali non seminano né mietono, né raccolgono nei granai: eppure il Padre vostro celeste li nutre: non siete voi più di essi?... Considerate come crescono i gigli dei campi: essi non lavorano né filano, eppure vi dico che neppure Salomone in tutta la sua pompa fu mai vestito come uno di essi. Ora se Dio riveste così l'erba dei campi, che oggi è e domani la si getta nel forno, quanto più vestirà voi, o gente di poca fede!" (Mt 6, 25s). E anche nell'infuriare della persecuzione "non un capello del vostro capo andrà perduto" (Lc 21, 18).

La natura anticipa anche la rivelazione di un attributo tipicamente evangelico: la misericordia di Dio: "Siate figli del Padre vostro che è nei cieli, il quale fa sorgere il suo sole sopra malvagi e buoni, e fa piovere su giusti e ingiusti... Siate dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5, 45s).

Paolo mette in risalto l'onnipotenza di Dio, ma il libro della Sapienza allude anche alla sua bellezza: Dalla grandezza e beltà delle creature, argomendando se ne intuisce il primo Autore (Sap 13, 4s). La bellezza rivela il grande Artista divino, che tinge di rosa le albe e i tramonti, suscita le primavere infiorate di colori, pone il suo tocco divino sullo sguardo dei bimbi e diffonde nell'aria il canto degli usignoli.

Dio è onnisciente. Il Padre conosce ogni cosa ("Tutti i capelli del vostro capo sono contati": Lc 12, 7), vede nel segreto (v. Mt 6, 1s), ecc. Altri attributi fanno parte della rivelazione evangelica.

La fede condensa i molteplici attributi di Dio chiamandolo Signore. Questa parola esprime il dominio di Dio sul creato, la sua munificenza, ma ci piace rilevare la sua signorilità nella finezza con cui tratta le sue creature. Le finezze di Dio sono squisitissime, ma poco ce ne accorgiamo. Riflettiamo con quale garbo ci presenta i dorati grappoli d'uva confezionati meravigliosamente in chicchi che contengono succo dolsissimo, oppure le arance confezionate in spicchi assai saporiti. Oh, la magnifica arte delle confezioni di Dio! Consideriamo il modo con cui si sviluppa ognuno dei frutti e degli animali messi a nostra disposizione: non si finisce più di ammirare, se abbiamo intelligenza, e per quanta intelligenza sfruttiamo nel capire il suo stile, percepiamo ben poco.

Percepiamo ben poco anche degli interventi di Dio nella nostra vita personale per condurci alla maturità, per affinarci il cuore, per portarci alla salvezza. Se vogliamo percepire meglio le sue finezze, trattiamolo da gran Signore! Un caro amico ricco di doni mistici e di grande signorilità ci confidava come Dio mandava la pioggia sul suo campo mentre intorno i seminati languivano nella siccità.

Nella natura ogni essere sussiste e si sviluppa sulla base di un ordine sapientissimo regolato da leggi immutabili che ne garantiscono l'esistenza. Si tratta di leggi di precisione estrema, pur soggette ad adattamenti di ambiente e di vita: la frequenza di una radiazione luminosa, rimanendo costante, rende possibile trasmettere suoni e immagini a distanza, e Dio non viola mai tale ordine.

Anche la vita dell'uomo soggiace a rigorosi determinismi fisici: l'uomo non può non respirare, non mangiare, gettarsi nel fuoco ecc. Ma essendo fatto libero a immagine di Dio deve regolare i propri rapporti secondo precise leggi morali che ne garantiscano la vita personale e sociale. La legge morale è scritta nel cuore dell'uomo: non è imperativo categorico, ma razionalità. L'uomo non è guidato da automatismi ciechi, ma dalla ragione. La volontà di Dio gli è manifesta nella razionalità dei comportamenti verso Dio, se stesso, gli altri. Tutto questo è scritto nel cuore di ogni uomo veniente in questo mondo come riflesso del Verbo in cui tutto è creato. Quindi anche il retto comportamento morale è indicato dalla prima fonte della Verità che è la natura: "Non fare ad altri ciò che non vorresti fatto a te stesso"; "Cammina alla mia presenza e sii perfetto" (Gn 17, 1), ecc.

Dio però è intervenuto nella storia a precisare il retto comportamento morale dettando ad Abramo il grande principio cammina alla mia presenza e sii perfetto" (Gn 17, 1), poi con i dieci comandamenti, la Legge di Mosè, le regole del culto dovuto a Dio.

Anche i buoni esempi degli uomini sono uno stimolo di sa tificazione, ma la divina pedagogia rivolge e nostro bene gli stessi peccati e cattivi esempi altrui: a noi le scelte.

Il Vangelo del Figlio: la Rivelazione

Il Vangelo del Padre rivelato dalla natura è rivolto a ogni uomo, ma è nel Verbo, Figlio di Dio fatto Figlio dell'Uomo, che la Verità si rivela in pienezza: "Io sono la Verità".

Se dalla natura l'uomo ha il corredo indispensabile per la salvezza, il Concilio Vaticano I ci insegna che l'uomo decaduto non è in grado di conoscere le stesse verità divine accessibili alla ragione umana "in modo integro, facile, sicuro e senza contaminazione di errori" (expedite, firma certitudine, et nullo admixto errore: Dz 1786). Ecco allora che il Padre viene in aiuto all'uomo decaduto donandogli il suo stesso Figlio. Così la Rivelazione naturale viene integrata dalla Rivelazione soprannaturale: "In Gesù il Padre ci ha detto tutto". Gesù ci dice: "Non sono venuto ad abolire la Legge, ma a portarla a compimento" (Mt 5, 17).

Tutto il mondo del Padre appare dalle sue parole rivelatrici: il Padre è il Vivente che comunica la vita eterna a quanti credono in Gesù e mangiano la sua carne e bevono il suo sangue (Gv 6, 47s). Il Padre ha preparato un posto, un banchetto, il Paradiso...

Ma già in questa terra Dio ha preparato un regno, "il mio regno" dice Gesù, descrivendone l'indole gioiosa in mezzo alle tribolazioni terrene. Ecco allora descritte le condizioni per appartenere al Regno di Gesù: si possono ricapitolare nel discorso della montagna (v. le Beatitudini in Mt 5, 1s) e nel discorso dell'ultima cena (v. Gv 13s).

L'incarnazione del Verbo è preceduta dal profetismo biblico, dalla lunga preparazione dell'Antica Alleanza. Il volto del Verbo è rivelato ai profeti molti secoli prima della sua venuta al mondo: è rivelata la sua origine divina, la sua gloria di Figlio dell'Uomo (Ezechiele, Daniele, ecc.), la sua passione e morte salvifica (Isaia, Davide ecc.), la sua regalità. ecc.

Gesù ci rivela il Padre. Ce lo rivela in se stesso quale Verbo del Padre: "Chi vede me, vede il Padre" (Gv 14, 9).

Il Vangelo perfetto del Padre è Lui, Figlio del Padre. Qui si apre il tema del rapporto intimo di Gesù con il Padre: tutto ciò che pensa, che dice, che fa, è specchio del Padre, è traduzione umana dell'agire perfetto del Padre.

Gesù ci rivela anche la terza Persona della Santissima Trinità, "lo Spirito di Verità che riceve del mio per annunziarlo a voi: è mio tutto quanto ha il Padre" (Gv 16, 14). E' la più essenziale rivelazione della Trinità Divina: Gesù attinge dal cuore del Padre il suo essere Figlio per comunicarlo allo Spirito Santo, che procede quindi dal Padre e dal Figlio, ed è lo Spirito del Padre e del Figlio, che fa di essi una cosa sola.

Gesù ci rivela il disegno salvifico del Padre nel fatto che il Padre ha amato tanto il mondo, da mandare il suo Figlio Unigenito, perché chi crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna (Gv ). Questa volontà è la stessa del Figlio, che fin dall'inizio dell'Incarnazione spasimava di offrirsi per noi, come disse egli stesso: "Fuoco sono venuto a gettare sulla terra, e quanto desidero che divampi! In un bagno devo essere immerso, e quanta ansia sento finché sia compiuto!" (Lc 12, 49)". E come rivelò a santa Caterina da Siena: "Figlia mia, la pena del mio corpo fu finita, ma il santo desiderio non finisce mai. Io portai la croce del santo desiderio. E non ti ricordi, figliola mia, che una volta, quando ti manifestai la mia natività, tu mi vedevi fanciullo parvolo, nato con la croce al collo? Perch'io ti fo sapere come io, Parola Incarnata, fui seminata nel ventre di Maria, mi si cominciò la croce del desiderio ch'io avevo di fare l'obbedienzia del Padre mio, d'adempiere la sua volontà nell'uomo; cioè che l'uomo fusse restituito a grazia e ricevesse il fine pel quale egli fu creato. Questa m'era maggior pena che verun'altra ch'io portassi mai corporalmente. E perciò lo spirito mio esultò con grandissima letizia, quando mi vidi condotto all'ultimo, e specialmente nella cena del giovedì santo. E perciò io dissi: 'Con desiderio ho desiderato di fare la Pasqua', cioè di fare il sacrificio del mio corpo al Padre. Grandissima letizia e consolazione avevo, perché vedevo apparecchiare il tempo disposto a tormi questa croce del desiderio; cioè quanto più mi vidi giungere a flagelli e tormenti corporali, tanto più mi scemava la pena. Ché con la pena corporale si cacciava la pena del desiderio, perocché vedevo compiuto quello che desideravo" (Lettera 16). Sono parole che ci rivelano fino a che punto Dio è Amore! (1 Gv 4, 8).

La salvezza è avvenuta per soddisfazione vicaria, ossia per il fatto che Gesù si addossò i nostri malanni e si caricò dei nostri dolori..., fu trafitto per i nostri misfatti, calpestato per le nostre colpe... La punizione per noi salutare fu inflitta a lui, e le sue piaghe ci hanno guariti (Is 53, 4s)

La Croce, che condensa tutta l'opera redentiva di Cristo, rimane il capolavoro della sapienza divina. E Gesù ha trovato il modo di rinnovare il suo Sacrificio e di rimanere con noi sino alla fine dei tempi nell'Eucaristia come alimento della sua Chiesa. La Chiesa è Gesù Eucaristia: è Gesù che ci unisce al suo Sacrificio sacerdotale per glorificare il Padre e salvare il mondo.

Gesù è anche il Legislatore. E' notevole anzitutto il suo atteggiamento di fronte alla Legge antica: essa viene dal Padre, quindi Gesù afferma: "Non sono venuto ad abolire la Legge, ma a portarla a compimento" (Mt 5, 17).

Gesù è rispettoso della Legge di natura. Essa è opera del Padre, e Gesù non interviene a sospenderla se non in casi di necessità, come quando placa gli uragani o guarisce i malati. Moltiplicando pani e pesci Gesù parte dall'opera del Padre e le dà uno sviluppo miracoloso. Ma quando risuscita la figlia di Giairo, compie l'opera sua di darle la vita, però dice ai presenti: "Datele da mangiare" (Mc 5, 41). Così quando risuscita Lazzaro, gli ridona la vita, ma ordina ai presenti quanto essi sono in grado di fare: "Scioglietelo e lasciatelo andare" (Gv 11, 44). Non è necessario impegnare la soprannatura in ciò che la natura, opera del Padre, compie da sé.

Risorgendo da morte Lui stesso, non compie miracoli se non nella misura strettamente dosata dalla sua Sapienza. Il tempo compirà la sua opera.

Non è venuto ad abolire la Legge, ma a perfezionarla. La Legge Antica portava alla giustizia: anche occhio per occhio e dente per dente corrispondeva a un'esigenza di giustizia nel non andar oltre a un limite del dare e avere, anche se la stessa Natura rivela il Padre che manda il suo sole e la sua pioggia sui cattivi.

I precetti che segnano il superamento della giustizia si riassumono in una carità munifica, come quando Gesù dice "Se uno ti chiede la tunica, dagli nche il mantello..." (Mt 5, 40); e paradossalmente "A chi ti percuote sulla guancia destra, presenta anche l'altra" (Mt 5, 39), oppure "perdona non sette volte, ma settanta volte sette" (Mt 18, 22).

Quanto alla sincerità, vediamo come Gesù si mostra misericordioso, indulgente, largo con prostitute e pubblicani convertiti, ma diventa tagliente con gli ipocriti: le invettive contro i farisei, razza di vipere, sepolcri imbiancati ecc. (Mt 23, 27, ecc.) ci dicono quanto gli stia a cuore la sincerità: "Il vostro dire sia sì sì, no no, perché il di più viene dal maligno" (Mt 5, 37).

La Verità è una conquista di chi frequenta la sua scuola: "Se voi rimanete costanti nella mia parola sarete davvero miei discepoli e conoscerete la Verità, e la Verità vi farà liberi" (Gv 8, 31s).

Il Vangelo dello Spirito Santo: la guida interiore

Promettendo di inviarci il suo stesso Spirito per condurci alla verità tutta intera, Gesù lo chiama Spirito di Verità. Egli è lo Spirito Rivelatore, che porta a perfezione la nostra conoscenza della Verità.

Gesù stesso è stato concepito di Spirito Santo (Lc 1, 35), condotto dallo Spirito (Mt 4, 1), battezzato nello Spirito Santo apparso sotto forma di colomba, in segno di soavità (Lc 3, 22).

Lo Spirito Santo è effuso sugli Apostoli in modo riservato subito dopo la risurrezione per la remissione dei peccati (Gv 20, 22) e pubblicamente con grande fragore il giorno della Pentecoste, sotto forma di fuoco come simbolo di vigore e di amore (At 2, 1s). Nello Spirito Santo hanno operato i Profeti.

Lo Spirito Santo è promesso ed effuso come Spirito di Verità alla Chiesa: è la Chiesa nel suo insieme che dallo Spirito Santo sarà condotta verso la Verità tutta intera. La Chiesa ha una missione salvifica che durerà sino alla fine dei tempi, quindi dovrà trasmettere la Verità a tutti gli uomini fino all'ultimo giorno. Che avverrebbe se la Chiesa smarrisse la Verità nell'ambito della fede e della morale cristiana? Non sarebbe più luce del mondo e sale della terra, e gli uomini sarebbero lasciati alla deriva della mentalità mondana e del peccato. Per questo Gesù ha promesso lo Spirito Santo che la conducesse alla Verità tutta intera. Lo Spirito Santo garantisce la purezza della fede mediante il magistero di Pietro e dei suoi Successori sino alla fine dei tempi, in modo che il successore di Pietro sia infallibile nelle definizioni solenni di dottrina e di morale. La conoscenza è progressiva, e si sviluppa come il seme, che rimane sempre coerente con la propria natura pur crescendo di continuo fino a dare fiori e frutti. "E' necessario che col progredire dei tempi crescano e progrediscano quanto più possibile la comprensione, la scienza e la sapienza dei singoli e di tutta la Chiesa. Devono però rimanere sempre uguali la dottrina, il suo significato e il suo contenuto" (S. Vincenzo di Lerins, Ufficio Divino, venerdì della 27.a Settimana).

Lo Spirito Santo è promesso ai singoli credenti per condurli alla verità tutta intera nella santità della vita. Alla guida del Magistero corrisponde nell'intimo di ogni credente la guida interiore personalissima dello Spirito Santo che spinge verso la santità: Spirito che implora per noi con gemiti inesprimibili... e prega per i santi come Dio vuole (Rm 8, 26s).

Docilità allo Spirito e docilità alla Chiesa corrispondono alla legge interiore promessa ai Profeti: non è più il decalogo o la legge antica, non è la molteplicità dei comandi, ma la congenialità spirituale con Cristo prodotta dallo Spirito che porta ad agire secondo Dio.

Il punto di arrivo della vita cristiana è quindi la configurazione spirituale con Cristo, per la quale il suo Spirito spinge interiormente a pensare, amare, volere, operare secondo il Cuore di Cristo. Non c'è bisogno di altre leggi: lo Spirito del Padre e del Figlio è la legge nuova, l'unica, promessa da Dio stesso fin dall'Antica Alleanza: "Porrò dentro di voi lo Spirito mio,... e sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio" (Ez 36, 26; v. anche Ger 31, 38s; ecc.). Veri figli di Dio sono coloro che sono mossi dallo Spirito di Dio (Rm 8, 14).

Gesù ci rivela quindi che lo Spirito di Verità è anche il Liberatore (2 Cor 3, 17: Ove è lo Spirito di Dio c'è libertà: 2 Co 3, 17; La Verità vi farà liberi: Gv 8, 32; ecc.), e il Confortatore (Gv 14, 15,26). Gli altri attributi delo Spirito Santo confermano quanto diciamo nel credo sulla sua consostanzialità col Padre e col Figlio.

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Di Admin (del 02/03/2010 @ 12:30:49, in Padre Vittorio 2008, linkato 1136 volte)

 Tutti sappiamo che cosa significa centrare: è puntare bene la freccia verso il suo bersaglio. Incentrare il cuore è assumere tutte le forze del cuore per orientarlo verso il suo centro, il suo vero bene, il fine. Molte vite sono decentrate, orientate male, e a volte anche al male.

Gesù ci insegna: "Dov'è il vostro tesoro, ivi sarà anche il vostro cuore" (Lc 12, 34). Il cuore di ogni uomo gravita verso ciò che considera il suo bene, ciò per cui vive. Ognuno ha la sua opzione di fondo, ciò che ama più di tutto il resto, per cui rinuncia a tutto pur di non perderlo. Chi ha trovato la perla preziosa, vende tutto pur di conquistarla (v. Mt 13, 44s).

Sant'Agostino identifica questa opzione di fondo tra due contrapposti: "Ami la terra? Sei terra. Ami Dio? Che devo dire? Dico che sei Dio", il che acutamente significa: noi siamo ciò che amiamo, ciò verso cui gravitiamo più fortemente.

Occorre fare un'analisi acuta sulla nostra gravitazione di fondo. Alcuni vivono per il denaro, una madre per il proprio figlio, una sposa per il marito, altri si appassionano per il lavoro in modo che la stessa famiglia passa in secondo piano. Molti si appassionano per cose ignobili, peccaminose: rincorrono il denaro, oppure il piacere, il potere.

Sappiamo che tutto passa, e Dio solo resta. Astrattamente siamo convinti di dover vivere per Dio, ma di fatto il cuore gravita spesso verso ciò che non è Dio e si disperde in mille rigagnoli effimeri, mentre una cosa sola è necessaria, e Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta (Lc 10, 41s).

Finché cadiamo in peccato, Dio non è il nostro vero centro, perché il peccato è utendis frui (S. Agostino), ossia usare ciò che è solo mezzo come se fosse il fine: amare altro che non è Dio, e in radice amare se stessi più che Dio. Il peccato è decentramento del cuore. Il vero dilemma è tra due competitori: o Dio o l'io. Si tratta di due opposti centri di gravitazione del cuore, nei quali si decide la nostra salvezza o dannazione.

Centrare il fine

Ora occorre precisare qual è il fine, lo scopo per cui siamo creati, il giusto approdo salvifico della nostra esistenza, fuori del quale siamo perduti: "Che giova infatti all'uomo guadagnare tutto il mondo, se poi perde la propria anima?" (Mt 16, 26). La Scrittura risponde: Ogni cosa Dio ha creato per se stesso (Prov 16, 4). Non essendoci altro bene stabile e a lui superiore, Dio non poteva crearci per un fine superiore a Lui stesso, e ci ha creati per sé: "Tutti quelli che portano il nome di miei, per la mia gloria ho creati, formati, compiuti" (Is 43, 7). Fine più alto Dio non poteva dare alla nostra esistenza.

Il fine, ciò per cui viviamo, per molti rimane un enigma: Montesquieu, gran teorico della rivoluzione, sentenziava beffardo: "Mangiare è uno dei quattro scopi della vita, ma quali siano gli altri tre non l'ho mai saputo". Senza salire a sì sublimi intelletti, chiediamo a un pescatore:

- Perché peschi?

- Per prendere pesci!

- E perché prendi pesci?

- Per mangiarli!

- E perché mangi?

- Per vivere!

- E perché vivi?...

L'ultima domanda rimane per i più molto imbarazzante e senza risposta. Eppure ci riguarda più di tutto il resto.

Questo fine rimane come nostra profonda esigenza, come dice S. Agostino: "O Dio, tu ci hai creati per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te".

Bene ha centrato il suo cuore la santa giovane Luisa Margherita Claret de la Touche scrivendo nel suo diario: "Parla, o Signore! Voglio intraprendere tutto, fare tutto per contemplare la tua faccia, per godere la tua dolce pace. Voglio venire dritto verso di Te, Signore! Tutto ciò che mi impedirà il cammino, lo spezzerò! Se sono gli amici, li lascio; se sono i beni, li distribuisco; se è il cuore, lo strappo; se è il corpo, che sia distrutto. Resta, o Signore! Riempi bene la mia anima e il mio cuore: che nulla di estraneo, nulla di creato vi si possa intromettere". Che splendido incentramento del cuore!

E' l'anelito del Salmista, che effonde il suo cuore a Dio:

"Io son sempre con Te!

Tu mi tieni per la destra,

mi guiderai con il tuo consiglio

e mi accoglierai nella gloria.

Che c'è per me in cielo fuori che Tu?

Né sulla terra altro bramo.

Vien meno la mia carne e il mio cuore:

rocca del mio cuore e mia porzione è Dio per sempre...

Per me il bene è stare presso Dio

e riporre nel Signore Dio il mio rifugio,

per raccontare tutte le opere di Lui" (Sal 72, 23s).

"Amerai il Signore Dio tuo"

Per incentrare il nostro cuore in Lui, Dio ci ha dato il primo comandamento: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze, con tutta la tua mente" (Lc 10, 27). Il primo comandamento abbraccia tutto l'uomo per orientarlo a Dio come Primo Amore. Le esigenze di questo amore sono espresse da Gesù con parole che indicano la sua priorità su tutto il resto: "Chi ama il padre o la madre più di Me, non è degno di Me" (Mt 10, 37); "Chi non rinuncia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo" (Lc 14, 33). Se uno non rinuncia alla sua stessa vita non può essere mio discepolo" (v. Mc 8, 35, ecc.).

Il cuore deve gravitare verso Dio trascinando tutte le altre facoltà, tutto l'uomo. Non è tanto questione di sentimento, ma di volontà, perché ciò che conta davanti a Dio sono gli atti dell'anima, ma nei santi entrava in gioco anche il corpo con l'estasi e altri fatti, per cui spasimavano verso Dio, verso l'Eucaristia. Santa Caterina da Siena entrava spesso in estasi davanti all'Eucaristia, al punto di non accorgersi delle busse che le davano perché uscisse di chiesa dopo le celebrazioni. Gesù le spiegò che essa entrava in estasi perché la sua anima era più unita a Lui che al proprio corpo. Come Alexandrina da Costa e altri mistici, viveva di sola Eucaristia. Padre Pio avrebbe voluto rimanere continuamente all'altare nonostante le sofferenze che gli costava la celebrazione della Messa. Sant'Alfonso, san Filippo Neri, san Giuseppe da Copertino e altri santi soffrivano spasimi nel non poter comunicarsi. San Giovanni della Croce disse che la pena più forte durante la sua prigionia fu il non potersi comunicare. San Leonardo e Padre Pio dicevano che se gli uomini capissero che cos'è l'Eucaristia, occorrerebbe difendere il tabernacolo con inferriate o con i carabinieri.

Del resto il primo esemplare di questo amore è Cristo stesso, che visse nell'incessante tensione di compiere la volontà del Padre e fin dall'inizio dell'Incarnazione spasimava di offrirsi per noi, come disse egli stesso: "Fuoco sono venuto a gettare sulla terra, e quanto desidero che divampi! In un bagno devo essere immerso, e quanta ansia sento finché sia compiuto!" (Lc 12, 49)". E rivelò a santa Caterina da Siena: "Figlia mia, la pena del mio corpo fu finita, ma il santo desiderio non finisce mai. Io portai la croce del santo desiderio. E non ti ricordi, figliola mia, che una volta, quando ti manifestai la mia natività, tu mi vedevi fanciullo parvolo, nato con la croce al collo? Perch'io ti fo sapere come io, Parola Incarnata, quando fui seminata nel ventre di Maria, mi si cominciò la croce del desiderio ch'io avevo di fare l'obbedienzia del Padre mio, d'adempiere la sua volontà nell'uomo; cioè che l'uomo fusse restituito a grazia e ricevesse il fine pel quale egli fu creato. Questa m'era maggior pena che verun'altra ch'io portassi mai corporalmente. E perciò lo spirito mio esultò con grandissima letizia, quando mi vidi condotto all'ultimo, e specialmente nella cena del giovedì santo. E perciò io dissi: 'Con desiderio ho desiderato di fare la Pasqua', cioè di fare il sacrificio del mio corpo al Padre. Grandissima letizia e consolazione avevo, perché vedevo apparecchiare il tempo disposto a tormi questa croce del desiderio; cioè quanto più mi vidi giungere a flagelli e tormenti corporali, tanto più mi scemava la pena. Ché con la pena corporale si cacciava la pena del desiderio, perocché vedevo compiuto quello che desideravo" (Lettera 16).

Sono parole che ci rivelano fino a che punto Gesù è Amore! (1 Gv 4, 8).

Come gravitiamo verso l'Eucaristia, verso Gesù presente tra noi? Egli disse a una santa: "Io conto le ore e iminuti che mancano alla tua Comunione! Se non avessi istituito l'Eucaristia, la istituirei per te!". Gesù sa quanto vale Dio, e anche quanto vale un'anima dedita a Lui!

Amare è adorare

Come possiamo dimostrare l'amore verso Dio? Che cosa possiamo offrirgli? Se ogni bene viene da Lui, non possiamo offrirgli altro che riconoscere che tutto viene da Lui. Questo riconoscere si esprime anzitutto nell'adorare.

Gesù stesso ha dettato a santa Caterina da Siena il più radicale riconoscere nel celebre assioma: "Io sono Colui che E', tu sei colei che non è", ossia che non esiste se non in forza di Dio Creatore. E' un assioma da approfondire con tutto il cuore per assaporare la prima grande verità che ci riguarda. L'accettazione di questa verità primordiale ci colloca al nostro giusto posto, di esseri contingenti, che non hanno in sé la forza di essere e la ricevono ogni istante da Dio.

l. Si tratta di accettare Dio, innanzi tutto. L'ateismo è ribellione. Il famoso Clemenceau, detto La Tigre, ha voluto essere sepolto in piedi, in atteggiamento di contestazione di Dio: ora giace in piedi tra gli Immortali della massoneria, ma che gli giova? Ho conosciuto un giovane, molto dotato, ma affetto da fragilità nervosa: si ribellava a Dio per questa debilitazione e ha preso una piega molto triste.

Accettare Dio può divenire anche un atto eroico, quando si è colpiti da grandi mali, ma Giobbe disse:

"Nudo uscii dal grembo di mia madre, e nudo vi tornerò:

il Signore ha dato, il Signore ha tolto:

sia benedetto il nome del Signore" (Gb 1, 21).

 L'accettazione profonda di Dio, del suo Essere trascendente, ci pone tra gli adoratori che adorano Dio in Spirito e Verità. E' la base di tutta la costruzione spirituale: è l'umiltà. Sant'Agostino radicalizza due opposte posizioni di fronte a Dio: "Amor Dei usque ad contemptum sui, amor sui usque ad contemptum Dei: L'amore di Dio giunge fino al disprezzo di sé, l'amore di sé giunge fino al disprezzo di Dio".

Si tratta anche di accettare se stessi, con i propri limiti: non possiamo vantare alcuna pretesa di fronte all'Altissimo. Dio non è tenuto con nessuno, tutto è dono, tutto è grazia. La pietra ringrazia di essere pietra, il fiore di essere fiore. Altri ha più di me: Dio sia benedetto!

2. Il riconoscere diventa quindi anche riconoscenza, gratitudine, Eucharistia. Il ringraziamento è una faccia dell'adorazione. La Chiesa invita a rendere grazie a Dio per la sua stessa gloria immensa, per avercela rivelata. Quindi per il dono dell'intelligenza, che è un riflesso della sua gloria. Poi per tutte le grazie che Dio ci dona. L'Apostolo rimprovera gli increduli perché conoscendo Dio (mediante la creazione) non lo hanno onorato come Dio, né gli hanno reso grazie (Rm 1,21). E Gesù stesso si è lamentato dell'ingratitudine dei lebbrosi guariti: "Non sono stati guariti dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato chi tornasse per dar gloria a Dio se non questo straniero?" (Lc 17, 11).

Dobbiamo quindi ringraziare Dio per tutti i suoi doni, come invita la Chiesa: "Vi adoro, mio Dio, Vi amo con tutto il cuore, Vi ringrazio di avermi creato, fatto cristiano...". E' grazia immensa accorgerci di tutte le finezze di Dio per noi: il modo migliore di ottenere grazie è rendersi conto della sua generosità. Se lo trattiamo da Gran Signore, Dio si mostra Gran Signore con finezze commoventi.

3. Nell'adorazione è implicita l'espiazione, la riparazione delle offese fatte a Dio. Il gesto supremo di riparazione è la passione e morte di Gesù in croce, con cui Gesù si sottomette al Padre in obbedienza perfetta per riparare le disobbedienze degli uomini: Egli si è addossato i nostri malanni e si è caricato i nostri dolori..., fu trafitto per i nostri misfatti, calpestato per le nostre colpe; la punizione per noi salvifica fu inflitta a lui, e le sue piaghe ci hanno guariti (Is 53, 4s).

La Redenzione è avvenuta mediante l'intera sottomissione di Gesù al Padre per restituirgli l'adorazione che gli è dovuta: Benché fosse il Figlio, dai patimenti sofferti conobbe a prova la sottomissione, e reso perfetto divenne autore di salvezza eterna per tutti i sottomessi a Lui (Eb 5, 8s).

 Il peccato, l'offesa a Dio pagata a sì caro prezzo, non è cosa da poco: il senso dell'adorazione è congiunto con la percezione acuta della gravità del peccato e con l'impegno di purificazione del cuore.

4. Anche la preghiera di richiesta e l'implorazione sono espressioni dell'adorazione: sono un riconoscimento implicito della nostra dipendenza da Dio per ogni bene, del suo dominio sul creato, della sua munificenza e signorilità. Dio ama chi gli chiede cose grandi, chi onora la sua indole di Gran Signore della Vita (Archegos tes Zoes), chi non presume di sé e tutto attende da Dio con fiducia illimitata: "Senza di me non potete far nulla" (Gv 15, 5).

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Di Admin (del 02/03/2010 @ 12:41:24, in Padre Vittorio 2008, linkato 1297 volte)

 Che cos’è la Chiesa?

 Il Catechismo di San Pio X ne dà una definizione giuridica fondata sull’idea di società: La Chiesa Cattolica è la società di tutti i battezzati, che vivendo sulla terra professano la stessa fede e legge di Cristo, partecipano agli stessi sacramenti e obbediscono ai legittimi Pastori, principalmente al Romano Pontefice.

La Chiesa però è una realtà tanto complessa che consente prospettive molteplici: di Corpo Mistico, di Comunione dei Santi, di Popolo di Dio, di Mistero visibile dell’Unità Salvifica, come la definisce il Concilio (LG 9d ).

Al di là della risposta data dal Catechismo, che rimane sempre valida, e partendo dal suo Capo, il Verbo fatto Carne che l’ha fondata e ne è la realtà centrale, diciamo: la Chiesa è Gesù realmente presente nell’Eucaristia sino alla fine dei tempi per unire a Sé i credenti a rendere gloria a Dio e salvare l’umanità.

E’ una definizione che corrisponde alla dottrina dell’Apostolo Paolo sul Corpo Mistico incentrato nell’Eucaristia: “Un solo corpo siamo noi, quantunque molti, perché partecipiamo tutti di un uno stesso Pane” (1 Cor 10, 17) e “siamo imbevuti di un uno stesso Spirito”(1 Cor 12, 13). Questa affermazione ci porta nel cuore del mistero cristiano di Comunione con il Figlio di Dio, realmente presente nel Sacrificio Eucaristico come Sommo ed Eterno Sacerdote, nella Comunione come Pane di Vita, nei nostri Tabernacoli come Pastore e Guida della sua Chiesa.

Insomma è essenziale comprendere la Chiesa come presenza reale di Gesù tra gli uomini, per cui si può dire nel modo più conciso: la Chiesa è l’Eucaristia.

La scissione di Cafarnao

Nel discorso di Cafarnao sul Pane di Vita, Gesù ha posto la chiara alternativa: “In verità in verità vi dico: se non mangerete la carne del Figlio dell’Uomo e non berrete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, e Io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in Me, e Io in lui. Come il Padre, il Vivente, ha mandato Me, e Io vivo per il Padre, così pure chi mangia di Me vivrà per Me”(Gv 6, 53s). A questa promessa seguono le parole dell’istituzione: “Il Signore Gesù la notte in cui fu tradito prese del pane, rese grazie, lo spezzò e disse ‘Questo è il mio corpo dato per voi: fate questo in memoria di Me’. Così pure, dopo aver cenato prese il calice dicendo:’Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue: fate questo, tutte le volte che lo berrete, in ricordo di Me’. Ogni volta dunque che voi mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore fino a quando Egli venga”(1 Cor 11, 23s e Parr. Evangelici).

Dall’insieme dell’insegnamento evangelico si deduce chiaramente che la Presenza Reale è il nodo della questione eucaristica, e di riflesso della natura della Chiesa. E questo si è rivelato fin dalle origini, nello stesso discorso di Cafarnao. Là è avvenuta la frattura tra coloro che hanno creduto nella presenza reale, e coloro che non hanno creduto: è nata la Chiesa e anche la prima Dissidenza.

Il testo evangelico non ammette dubbi sul realismo del discorso di Gesù : “Molti dei suoi discepoli… dissero:’E’ duro questo parlare, e chi lo può sentire?’… Da allora molti dei suoi discepoli si ritrassero indietro e non andavano più con Lui”.

Gesù non grida: “Calma, calma! Mi spiego meglio! Non intendo parlare in senso reale, ma in senso simbolico…”. No, Gesù rincara la dose, e “rivolto ai dodici dice loro: ‘Volete andarvene anche voi?’”. Appare quindi chiarissimo che non avrebbe esitato a rimanere solo pur di non a retrocedere dalla sua promessa. (Il realismo della promessa eucaristica è dimostrato magistralmente dal santo Dottore della Chiesa Roberto Bellarmino: v. Il Testamento di Cristo non lascia dubbi, in “Venite adoriamo”, ed. Medjugorje, pp. 382, a pp. 136s).

L’apostolo Pietro, su cui Gesù ha fondato la sua Chiesa, ha risposto: “Signore, da chi andremo noi? Tu hai parole di vita eterna, e noi crediamo e sappiamo che Tu sei il Santo di Dio” (Gv 6, 68s). La sua fede ha dato inizio alla fede della Chiesa Cattolica. La scissione tra credenti e non credenti nella Presenza Reale ha accompagnato la storia della Chiesa dall’inizio fino al sorgere delle eresie di Berengario, Lutero e gli altri fratelli separati, infine dei modernisti attuali.

Gesù con noi Sacerdote e Vittima

Mediante la sua Presenza Reale nell’Eucaristia Gesù si insedia nel cuore della Chiesa come Sommo Sacerdote della Nuova ed Eterna Alleanza e ci unisce al suo Sacrificio offerto sulla Croce per rendere la gloria dovuta a Dio e per la redenzione del mondo. Il Concilio riassume questa realtà citando la celebre descrizione di S. Agostino: “Tutta la città redenta, ossia la riunione e società dei santi (Ecclesìa) si offre a Dio come sacrificio universale per mezzo del Gran Sacerdote, il quale ha pure offerto se stesso per noi con la sua passione per farci diventare corpo di sì eccelso Capo” (PO 2).

E’ dal Sacrificio della Croce che nasce la Chiesa come Eucaristia: “Ex Corde scisso Ecclesia, Christo jugata, nascitur: Dal Cuore trafitto di Cristo nasce la Chiesa sua Sposa” (Inno della festa del Sacro Cuore). Il Concilio traduce: “L’inizio e la crescita della Chiesa sono significati dal sangue e dall’acqua che uscirono dal costato aperto di Gesù crocifisso” (SC 3); “Dal costato di Cristo dormiente sulla Croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa” (SC 5).

Queste affermazioni del Concilio alludono all’amore infinito che sta all’origine di tutto il mistero cristiano, come afferma il Vangelo di Giovanni nell’introdurre il racconto della Passione: “Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino all’estremo”(Gv 13, 1s). Questo amore ha trovato l’espressione più alta nel Sacrificio Eucaristico, nel quale la Passione e la Morte di Cristo in Croce vengono rinnovate in modo incruento sino alla fine del mondo.

Nella celebrazione eucaristica Gesù non si offre da solo, ma con il suo intero Corpo Mistico. Ci accomuna alla sua azione di Mediatore tra Dio e gli uomini (1 Tm 2, 5), sia pure in modo distinto tra i presbiteri designati dalla Chiesa al sacerdozio ministeriale per rinnovare il Sacrificio, sia tra i semplici cristiani partecipi del sacerdozio battesimale.

Sia i presbiteri che i semplici fedeli sono esortati a riprodurre in sé le disposizioni con cui Gesù stesso si offrì sulla croce: (v. Pio XII, encicl. Mediator Dei).

Gesù in noi Pane di Vita

Mediante il Sacrificio Eucaristico Gesù si insedia nella sua Chiesa, comunità dei credenti, come sorgente della Comunione ecclesiale. La Chiesa è comunione con Cristo. Gesù rigenera incessantemente la Chiesa offrendosi a noi come Pane di Vita, si fa più intimo del nostro intimo superando divinamente ogni barriera di incomunicabilità del cuore umano. E si dona per trasformarci in Sé. La Comunione non è solo un mistero di unione, ma di unione trasformante: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in Me, e Io in lui… Come Io vivo per il Padre, così chi mangia di Me, vivrà per Me”(Gv 6, 56s). Il Concilio ricorda l’affermazione di San Leone Magno: “La partecipazione al corpo e al sangue di Cristo altro non fa, che trasformarci in Colui che prendiamo”(Lg 26a). A questo proposito occorre ripensare tutta la dottrina teologica della Grazia come partecipazione alla divina natura (2Pt 1, 4 ) meritata a noi dalla Redenzione.

 Operando l’unione di ogni credente con Sé, Gesù fa di tutti Uno (v. Gv 17, 21), un solo Corpo (v. 1 Cor 10, 17), il Corpo Mistico, la Comunione dei Santi, una realtà che non lega i credenti nei rapporti di superficie, ma nella profondità della Vita Divina.

Gesù con noi Pastore e Guida

Nell’Eucaristia e nella Chiesa Gesù si insedia come suo Buon Pastore e Guida. Tutto il cammino del Popolo di Dio è sorretto dalla sua presenza e guida infallibile. Lo ha promesso Lui stesso: “Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). La Chiesa passerà attraverso tempeste burrascose, ma Gesù ha promesso che le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa (Mt 16,18).

Questa Presenza del Buon Pastore esercita un influsso rassicurante sui singoli credenti, che adorano Dio in Spirito e Verità (Gv 4, 23) alternandosi davanti al Tabernacolo attratti dall’amore di Cristo e dal suo invito “Venite a Me voi tutti che siete affaticati e stanchi, e Io vi consolerò. Imparate da Me che sono mite ed umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime, perché il mio giogo è soave e il mio peso è leggero” (Mt 11, 30). “E Io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a Me”(Gv 12, 32).

Gesù costruisce ogni giorno la sua Chiesa offrendosi soprattutto ai piccoli nel silenzio del Tabernacolo, che, come fonte del villaggio, disseta al suo costato aperto coloro che vanno ad adorarlo, ringraziarlo, confidarGli le proprie pene e difficoltà, chiederGli grazie per sé e per gli altri. Grandi pratiche di fede nella Presenza Reale sono, oltre la Messa e la Comunione, soprattutto le ore di adorazione, le visite all’Eucaristia. Gesù si rende perennemente disponibile a coloro che lo cercano con amore, e dal Tabernacolo dispensa le grazie più squisite alle anime elette che lo ritengono come loro Amico Divino. E’ ai piedi dell’Eucaristia che spuntano le vocazioni.

Condiscendenza di Amore

Non cessa di stupire la familiarità con cui Gesù si offre a noi:

annienta se stesso (davvero exinanivit semetipsum) in una fragilissima ostia di Pane facilmente esposta a tutte le forme di dissacrazione di cui l’insipienza umana è capace (e oggi lo vediamo ogni giorno nelle stesse storture della liturgia banalizzatrice invalsa per influsso modernista);

moltiplica i luoghi e le occasioni di presenza dalle maestose cattedrali alle sperdute chiesette di campagna per giungere a tutti ogni ora del giorno senza le complicazioni di pellegrinaggi ai luoghi santi;

si abbassa in modo umilissimo alla disponibilità di chi lo cerca, ponendo come unica condizione per riceverlo lo stato di grazia facilmente acquisibile mediante il sacramento della Confessione;

è giunto a dire a qualche santo che Egli conta le ore e i minuti che mancano alla loro Comunione. A un mistico attuale ha inviato l’Angelo a svegliarlo dicendogli: “Affrettati, che Gesù ti attende!”.

 Non è certo la fiammella di amore che arde nel cuore umano a consolarlo di questa disponibilità: nell’Eucaristia si dona non tanto perché è amato, anche se molti lo amano più di se stessi, ma perché ama! Questi e altri aspetti ci fanno toccare con mano come nella Presenza Eucaristica il nostro Redentore ha voluto condensare tutta la genialità del suo Amore infinito!

Il fulcro della divisione

Il discorso sull’Eucaristia e sulla natura della Chiesa appare ricco e complesso nell’insegnamento del Maestro, ma una cosa appare incontestabile: il fulcro di divisione tra la Chiesa fondata da Gesù e le chiese fondate dagli uomini è la fede o il rifiuto della Presenza Reale.

Rifiutare la Presenza Reale è scacciare Gesù vivo dalla sua Chiesa, è svuotare la Chiesa. E non dicano i dissidenti: “Noi non crediamo nella Presenza Reale, ma crediamo nel Vangelo: noi seguiamo l’insegnamento di Gesù”. L’insegnamento di Gesù viene da essi respinto nel suo contenuto fondamentale, che è appunto l’Eucaristia. La Chiesa è l’Eucaristia, senza l’Eucaristia la Chiesa è vuota. La chiesa dissidente non è incentrata sul Fondatore, non è portata avanti da Gesù, Verbo eterno del Padre, ma da ciechi e guide di ciechi! Col risultato che ciascuno la tratta a modo suo, secondo le sue vedute e le sue interpretazioni del Vangelo, in un vortice di antagonismi e di divisioni.

Tanto più che connesso alla fede nella Presenza Reale è l’altro aspetto integrativo dell’Eucaristia: il Sacramento del Perdono. Nella Chiesa Gesù opera la sua azione redentiva perdonando i peccati: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete resteranno non rimessi” (Gv 20, 23). Così nelle chiese dissidenti viene respinto il dono inestimabile della remissione dei peccati. L’alternativa è gravissima: senza la remissione operata da Gesù nella Chiesa, salva la buona fede personale, il protestantesimo vive abitualmente nel peccato.

La Chiesa è Santa

Nella Chiesa ha posto la sua dimora il Santo dei Santi, l’Altissimo Figlio di Dio fatto Uomo, morto, risorto e vivo in mezzo a noi. Nel vortice della sua Santità le generazioni dei credenti in Lui si santificano in misura dell’unione con Lui stesso.

Non chiudiamo gli occhi di fronte al deplorevole spettacolo di incoscienza, di debolezza, di mediocrità, di peccato in cui si svolgono molti riti nell’attuale crisi liturgica: non possiamo non deplorare. Ma è certo che ancora oggi la santità fiorisce soprattutto nei veri adoratori che adorano Dio in Spirito e Verità (Gv 4, 23). E’ sempre vero ciò che dice il Catechismo di San Pio X: “La vera Chiesa si dice Santa perché Santo è il suo capo invisibile, che è Gesù Cristo, santi sono molti suoi membri, santi sono la sua fede, la sua legge, i suoi sacramenti, mentre fuori di essa non ci può essere vera santità” (Catechismo, 169).

Non si devono addebitare alla Chiesa le debolezze dei suoi membri: essi entrano nella Chiesa come sono, ebrei e gentili, generazioni di barbari invasori, antropofagi atzechi o africani, e ne escono trasformati, civilizzati, santificati nei loro membri migliori. Se la Chiesa andò a rilento in questa trasformazione di grazia, lo si deve allo stato poco recettivo delle orde che vi entravano. Non bisogna dimenticare che la Chiesa ha dovuto affrontare tanta rozzezza barbara o pagana, che l’hanno costretta nelle condizioni di arretratezza di coloro che vi entravano, e impedita di adeguarsi alla santità del suo Fondatore.

Gli elementi più recettivi della santità di Cristo Signore costituiscono la mobilissima schiera degli Apostoli, dei Martiri, dei Confessori della Fede, dei Consacrati anacoreti o cenobiti, delle vergini e di tutti i Santi fioriti nel suo grembo in questi due millenni. Non si può onestamente condannare la Chiesa a causa dei peccatori refrattari al suo spirito: la santità della Chiesa si misura in coloro che vi attingono come si deve il Pane della Vita, e sono la folla incalcolabile di ogni nazione, tribù, popolo e lingua prostrati davanti all’Agnello in bianche vesti con palme nelle loro mani, che gridano a gran voce:’La salvezza sale al nostro Dio assiso in trono e all’Agnello!’ (Ap 7, 6s).

Perenne segno di contraddizione (Lc 2, 34) come il suo Capo, pur nel turbine delle violente persecuzioni istigate da Satana ancora oggi con maggiore violenza che in passato, la Santa Chiesa prosegue il suo programma benefico di scacciare i demoni, guarire i malati, annunciare che il Regno dei Cieli è vicino. Tutto prende le mosse dal Sacrificio, dalla Mensa e dalla Presenza Eucaristica del Verbo di Dio che ha posto la sua tenda in mezzo a noi ( Gv 1, ).

Come accettare un tipo di ecumenismo che lasci i fratelli separati senza Gesù che dà la vita nell’Eucaristia e che rimette i peccati nel sacramento della Riconciliazione? La prima Carità è la Verità. E come evitare nella stessa Chiesa Cattolica il dissolvimento della Verità Evangelica di cui Gesù ci ha fatto inestimabile dono? Una Chiesa che non dona la Verità è una Chiesa priva di Gesù, è una Chiesa morta.

A tanto ha portato una teologia superficiale, professata tragicamente anche in certi vertici della Chiesa da responsabili di un ecumenismo spensierato di indole modernista. Gesù dice loro: “Guai a voi, dottori della legge, che vi siete impadroniti della chiave della scienza: voi non vi siete entrati, e avete impedito coloro che volevano entrare” (Lc11, 52). Un ecumenismo che rischia di trascinare inesorabilmente gli stessi cattolici verso la dissidenza.

L’Apostolo esorta: “Non vogliate accoppiarvi a un giogo eterogeneo con gli infedeli, poiché quale comunione può esserci tra la giustizia e l’iniquità? E quale tra la luce e le tenebre? Ovvero quale armonia tra Cristo e Belial? O quale cosa in comune tra il fedele e l’infedele? Quale accordo tra il tempio di Dio e quello degli idoli? Infatti noi siamo il tempio del Dio Vivente, come dice Dio: ‘Io abiterò in essi e camminerò con loro, e sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Perciò uscite di mezzo a questa gente e separatevene’, dice il Signore.’E Io vi accoglierò e vi sarò Padre, e voi mi sarete figli e figlie’, dice il Signore Onnipotente” (2 Cor 6, 14s).

Sono parole di grande attualità. “Ma il Figlio dell’Uomo alla sua venuta troverà ancora la fede sulla terra?”(Lc 18, 8).

Non dubitiamo! “Le porte dell’inferno non prevarranno”!

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Di Admin (del 02/03/2010 @ 17:27:26, in Dina Mite 2008, linkato 877 volte)

Abominatio desolationis (Dn 9, 27) “…fino ad assidersi al posto di Dio”

“Nessuno vi inganni in alcun modo. Bisogna che prima venga la defezione e che si manifesti l’uomo dell’empietà, il figlio della perdizione, l’avversario, che si innalza al di sopra di quanto è chiamato Dio o è oggetto di venerazione, fino ad assidersi nel tempio di Dio, proclamando di essere Dio lui stesso” (2 Ts 2, 3s).

E non ci siamo?

Non parliamo di ateismo, che pretende di divinizzare l’uomo al posto di Dio. Parliamo di ciò che avviene all’interno della Chiesa.

Si sa che il modernismo, o progressismo, è sostanzialmente un ateismo larvato: lo si vede nelle sue origini protestanti e nel suo sbocco storico attuale. E’ partito dalla negazione del Vangelo, si è incanalato nei meandri della contestazione ecclesiale, si è infine alleato e confuso con la massoneria e il comunismo che ne alimentano la linfa.

Appare inoltre sempre più evidente che la riforma liturgica, con l’emarginazione dei tabernacoli, la riduzione del Sacrificio a mensa comunitaria, le molte spensieratezze nel trattamento dell’Eucaristia tendenti a dissolvere la fede nella Presenza Reale, si è snodata in piena sintonia con il modernismo, di cui è il frutto maturo.

Che vediamo oggi nelle nostre chiese? Il tabernacolo emarginato e il celebrante al suo posto, l’uomo assiso al posto di Dio nel centro della celebrazione liturgica, tolto di mezzo il Santo dei Santi, e al suo posto povere nullità, dall’intelletto ottuso che non avvertono la portata del sacrilegio compiuto, e forse mostri di apostasia che vogliono proporsi sacrilegamente al posto del Dio vivo.

La Scrittura prosegue: ”Il mistero dell’empietà sta già vigorosamente operando, in attesa soltanto che sia tolto di mezzo chi pone ostacolo. Allora si manifesterà l’empio, che il Signore Gesù distruggerà col soffio della sua bocca e annienterà con il fulgore della sua venuta; quell’empio la cui venuta, in forza dell’influsso di Satana, sarà accompagnata da ogni genere di portenti, di prodigi e di prestigi menzogneri, e da ogni sorta di inique seduzioni su coloro che si perdono per non avere accolto l’amore della Verità che li avrebbe salvati. Perciò Dio manda loro una potenza seduttrice, così che credano alla menzogna, e siano condannati…” (2Ts 2, 7s)

DINA MITE.

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Di Admin (del 03/03/2010 @ 13:49:00, in Riflessioni sull'Eucaristia, linkato 1968 volte)

La vita cristiana, secondo l’insegnamento dell’apostolo Paolo, è configurarsi con Cristo (Rm 8,29), è avere lo stesso sentire che è in Cristo Gesù (Fp 2, 5). L’insegnamento dell’Apostolo rispecchia il nucleo centrale dell’insegnamento di Gesù stesso espresso nelle occasioni più elevate del suo Vangelo, come nell’orazione sacerdotale e nel discorso sul Pane di Vita.

Nel discorso sull’Eucaristia Gesù insegna: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me, e io in lui. Come il Padre, il Vivente, ha mandato me, e io vivo per il Padre, così pure chi mangia di me, vivrà per me” (Gv 6,56s).

Egli quindi definisce la nostra unione con Lui sulla base dell’unione insondabile che fa di Lui stesso uno con il Padre. Si ricordi anche il paragone dei tralci uniti alla vite (Gv 15, 1s).

Altrettanto fa nell’orazione sacerdotale, in cui prega il Padre: “Che tutti siano una cosa sola, come tu, o Padre, sei in me, e io in te…Siano uno come noi siamo uno: io in essi e tu in me, perché giungano a perfetta unità” (Gv 17, 21s). “Consacrali nella verità…Per loro io consacro me stesso, affinché essi pure siano consacrati nella verità” (Gv 17, 18). La consacrazione indica l’appartenenza piena, l’unione perfetta di Gesù con il Padre, e quindi anche tra noi e Gesù.

Questa consacrazione ci rende sacri non tanto per un’appartenenza materiale, ma per un’appartenenza spirituale data dalla conformità interiore con Gesù, per un sentire che è identificarsi interiormente al modo di sentire di Gesù, un pensare come pensa Lui, un giudicare, un amare, un gustare, un aspirare, un agire secondo il suo cuore. La nostra configurazione con Gesù è quindi un mistero di identificazione spirituale con Gesù che ci fa dire, con l’Apostolo: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me” (Gal 2, 20).

Identificati con Cristo nel compiere la volontà del Padre

 Per Gesù il momento culminante della sua consacrazione al Padre avviene sulla Croce, capolavoro della Divina Sapienza (v. 1 Cor 1, 17s). E’ lassù, elevato da terra, che Gesù attrae tutto a Sé (Gv 12, 32).

Non bisogna mai dimenticare che l’umanità intera, per la quale Gesù si offre sulla croce, si trova in condizione redentiva, bisognosa di redenzione. Per questo Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna (Gv 3, 16).

Tutta la vita di Gesù, come afferma Lui stesso, è in tensione verso questo mandato del Padre: “In un bagno devo essere immerso, e quanta ansia mi sento finché sia compiuto!” ( Lc 12, 50). Ed è proprio per questo che Gesù stesso, entrando nel mondo, dice: “Tu non hai voluto sacrifici e oblazioni, ma mi hai foggiato un corpo…; non hai gradito olocausti e vittime espiatorie. Allora ho detto: ‘Eccomi a fare il tuo volere’” (Eb 10, 5s).

Questi sentimenti del suo Cuore sono rivelati in un dialogo stupendo riportato da Santa Caterina da Siena. Gesù le dice:

“Figliola mia…, la pena del corpo fu finita, ma il santo desiderio non finisce mai. E non ti ricordi, figliola mia, che una volta, quando ti manifestai la mia natività, tu mi vedevi fanciullo parvolo nato con la croce al collo? Perch’Io ti fo sapere che, come Io, Parola Incarnata, fui seminato nel ventre di Maria, mi si cominciò la croce del desiderio ch’Io avevo di fare l’obbedienzia del Padre mio, d’adempiere la sua volontà nell’uomo, cioè che l’uomo fusse restituito a Grazia e ricevesse il fine per il quale fu creato. Questa croce m’era maggior pena che verun’altra pena ch’Io portassi mai corporalmente. E però lo spirito mio esultò con grandissima letizia quando mi vidi condotto all’ultimo, e specialmente nella Cena del giovedì santo. E però dissi: ‘Con desiderio ho desiderato di fare la Pasqua’, cioè di fare sacrificio del mio corpo al Padre. Grandissima letizia e consolazione avevo, perché vedevo apparecchiare il tempo disposto a tormi questa croce del desiderio, cioè che quanto più mi vidi giungere a flagelli e tormenti corporali, tanto più mi scemava la pena. Ché con la pena temporale si cacciava la pena del desiderio, perciocché vedevo adempito quello che desideravo” (Lettera 16).

 E’ consacrandosi al Padre mediante questa identificazione profonda con la volontà del Padre che Gesù diventa causa di salvezza per il mondo: “Benché fosse Figlio, dai patimenti sofferti conobbe a prova la sottomissione, e reso perfetto divenne operatore di salvezza eterna a tutti i sottomessi a lui, proclamato da Dio sommo Sacerdote secondo Melchisedec” (Eb 5, 8s). E’ per questa obbedienza che siamo noi pure consacrati e resi perfetti.

Identificati con Gesù nel Sacrificio Eucaristico

Questo va ricordato a quella corrente di profanatori liturgici ostili al senso della Croce che vanno dissacrando il Sacrificio Eucaristico in spettacoli di stolta euforia conviviale. Il Sacrificio Eucaristico rimanda al Sacrificio della Croce per volontà di Cristo stesso, che, istituendolo nell’ultima cena, ha detto agli Apostoli: “Questo è il mio corpo…Questo è il sangue dell’Alleanza, che è sparso per molti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me” (Mt 26, 26s e Parr.).

La nostra conformità con Cristo non può sussistere senza un riferimento a questo momento risolutivo della nostra salvezza: “Se uno non porta la sua croce, non può essere mio discepolo” (Lc 14, 27). Istituendo il Sacrificio Eucaristico come Albero della Vita piantato nel cuore della Chiesa sino alla fine dei tempi, Gesù intese unirci a Sé in questo atto salvifico centrale della vita cristiana. Non c’è unione più profonda dell’identificazione spirituale con Cristo crocifisso: “Con Cristo sono confitto in croce, e non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me” (Gal 2, 19s). Questo è per Paolo “vivere nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2, 20).

Pio XII ha rettamente individuato il modo di celebrare il Santo Sacrificio o di parteciparvi con questo alto insegnamento: “Gesù è vittima, ma per noi, sostituendosi all’uomo peccatore. Ora il detto dell’Apostolo:’Abbiate in voi lo stesso sentire che è in Cristo Gesù’, esige da tutti i cristiani di riprodurre in sé, per quanto è in potere dell’uomo, lo stesso stato d’animo che aveva il divin Redentore quando faceva il sacrificio di Sé, ossia l’umile sottomissione dello spirito, l’adorazione, l’onore, la lode e il ringraziamento alla somma Maestà di Dio.

Richiede inoltre di riprodurre in se stessi le condizioni della vittima, cioè l’abbandono di sé secondo i precetti del Vangelo, il volontario e spontaneo esercizio della penitenza, il dolore e l’espiazione dei propri peccati.

Esige, in una parola, la nostra mistica morte in croce con Cristo, in modo che possiamo dire: ‘Sono confitto in croce con Cristo’ ” (Enc. Mediator Dei).

Padre Pio, a chi gli ricordava le sue sofferenze nel celebrare il Sacrificio Eucaristico, rispondeva che nella Messa si trovava appeso con Cristo in Croce. Quanto sia lontana l’odierna prassi liturgica da questo modo di intendere lo sperimentiamo tutti i giorni nel decadimento di molte celebrazioni. Ma come può, un celebrante, immergersi in questo spirito di identificazione con Cristo mentre è rivolto verso un’assemblea, distratta da ben altre preoccupazioni, o peggio quando lui stesso a immettere nella celebrazioni elementi di dissipazione?

Identificati con il Sommo Sacerdote

Istituendo l’Eucaristia, Gesù ha inteso unire il suo Corpo Mistico ai suoi intenti di Redentore. Egli solo, essendo il Verbo del Padre e conoscendo Dio in modo perfetto, è l’unico in grado di rivolgere a Dio un culto perfetto. E’ Lui che dà senso e riempie la nostra offerta di sacerdoti e vittime. A noi uomini, anche con le disposizioni più felici, è dato partecipare alla sua adorazione in misura assai limitata. Identificarsi con Cristo nel momento della Consacrazione è unirsi nell’intimo alla sua mediazione di Sommo Sacerdote con i suoi stessi atteggiamenti divini di adorazione, ringraziamento, espiazione dei peccati e richiesta di grazie per noi e per l’umanità intera. E farci a nostra volta mediatori con Lui.

Per questo non c’è atto di culto più importante e più efficace del Sacrificio Eucaristico, in cui si incentra tutta la nostra religione di “veri adoratori che adorano Dio in Spirito e Verità” (Gv 4, 23).

Le voci di allarme per lo svuotamento liturgico in atto nella Chiesa, come avverte lo stesso card. Ratzinger, rendono indifferibile una riforma che ripari, con il dissolvimento del Sacrificio Eucaristico in irriverenti sceneggiate rituali, questa dissacrazione dell’atto su cui, per volontà di Cristo, si fonda e si alimenta la Chiesa, e riporti a serietà teologica la liturgia eucaristica.

Il Sacrificio Eucaristico è più che preghiera, più che ascolto, più che rito. La formazione degli stessi laici alla Santa Messa deve giungere a farne percepire il significato profondo di identificazione con Cristo, Sommo ed eterno Sacerdote, per la gloria di Dio e la salvezza del mondo. Anche l’osservanza del precetto festivo sarà facilitata dal capirne il significato: si va alla Messa per tutta la Chiesa, per l’intera umanità. Non c’è azione più urgente e più efficace di carità cristiana.

Avendo amato i suoi che erano nel mondo, Gesù li amò fino all’estremo (Gv 3, 1). L’Eucaristia è il vertice dell’amore di Cristo per noi, che compendia tutta la sua Incarnazione redentrice.

Dio, essendo onnipotente, non poté dare di più. Essendo sapientissimo non seppe dare di più. Essendo ricchissimo non ebbe da dare di più (S. Agostino). Nell’Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, Cristo Pane vivo che dà la Vita agli uomini (Vaticano II, PO 5).

Sulla terra non esiste ricchezza più preziosa di Gesù nell’Eucaristia, “Dio con noi”.

Facciamo quadrato intorno all’Eucaristia contro la congiura dei nuovi Giuda che mirano a eliminarla, distruggendo la Chiesa.

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