La Creazione primo Vangelo “Dalla grandezza e bellezza delle cose, ragionando, se ne intuisce il primo Fattore”, ci insegna il libro della Sapienza, che aggiunge, soprattutto per l’uomo di oggi: “Se giunsero a saper tanto da poter farsi un’idea dell’Universo, come mai non hanno più presto trovato il Signore di esso?” (Sap 13, 1s).
Gli fa eco anche l’apostolo Paolo che spiega: “Fin dalla creazione del mondo dagli attributi invisibili di Dio, come la sua eterna potenza e la sua divinità, con la riflessione della mente sulle cose create si ravvisano”. Perciò gli atei “sono inescusabili, perché conoscendo Dio, non lo hanno onorato come Dio, né gli hanno reso grazie, ma vaneggiarono nei loro pensieri e si è ottenebrata la loro mente ottusa” (Rm 1, 20s).
La Scrittura suppone quindi che l’ateo è responsabile: conosce. Fin dall’origine Dio ha impresso nell’uomo l’intelligenza come specchio della sua stessa Intelligenza divina, creandolo a sua immagine e somiglianza (Gn 1, 26), in modo che potesse comprendere le cose create, e intravvedere in esse il volto del Creatore. La prima manifestazione dell’intelligenza è raccontata in modo comprensibile con queste parole: Dio formò dal suolo ogni genere di animali e di uccelli dell’aria e li condusse ad Adamo per vedere come li chiamasse, e l’uomo impose il nome a tutte le bestie, ad ogni uccello dell’aria, ad ogni animale campestre (Gn 2, 19s).
Questo chiamare per nome indica la capacità di intuire l’essenza degli esseri, ossia di conoscere la verità. Il dono dell’intelligenza per conoscere la verità è fondamentale per l’uomo, e Dio stesso ha provveduto a garantirlo mediante la struttura stessa della mente umana, che si adegua alla realtà delle cose mediante la capacità di astrazione, che nelle cose intuisce la loro essenza.
La conoscenza è adaequatio intellectus et rei. Non siamo noi a creare la verità: essa è anteriore a noi e ha la sua fonte in Dio, il quale nel crearci ha stabilito una legge indistruttibile: che l’uomo sia premio o castigo a se stesso secondo l’uso della sua intelligenza. Chi vuole sottrarsi alla verità non ottiene altro, che la verità si sottrae a lui. E’ la sorte degli atei, che si accaniscono come calabroni contro la luce fino a bruciarsi gli occhi. Il rifiuto della Verità è peccato contro la luce, ed espone gli atei d’oggi ad arrampicarsi sui vetri per trovare alternative alla creazione e a Dio stesso.
Per questo Dio li ha abbandonati in balia della concupiscenza fino alle più abominevoli perversioni contro natura descritte da Paolo (Rm 1, 24s). Le perversioni del cuore sono precedute dalle perversioni della mente, come vediamo nell’odierno ateismo che agisce sotto il dominio del primo pervertito, Satana, il quale non stette fermo nella verità ed è menzognero e omicida (Gv 8, 44s). L’esistenza di Dio Il primo annuncio evangelico della creazione è quindi l’esistenza di Dio.
Prima di rivelarci i suoi attributi, Dio ci rivela che Egli esiste: “Io sono Colui che E’” (Es 3, 14). E la prima constatazione nell’aprirci alla vita è che ci siamo trovati fatti. Non ci siamo dati la vita da noi stessi, dipendiamo da altri, e soprattutto da un Altro che è prima di tutti e al di sopra di quanto esiste, e rimane avvolto nel suo Mistero insondabile. Più che farsi vedere, si fa intravvedere. Non possiamo forzare le porte del mistero di Dio, perché la Scrittura ci ammonisce: “Lo scrutatore indiscreto della divina Maestà ne rimane oppresso dalla gloria” (Prov 25, 27).
E’ prima intelligenza capire i propri limiti: soprattutto dopo il peccato di Adamo, spesso capiamo poco, capiamo tardi, capiamo male. Dio ci ha dato l’intelligenza ed è intervenuto a rivelarci il suo pensiero mediante le Scritture, ma non ci rivela tutto. Vuole che noi comprendiamo, ma la via della vera scienza è ardua, esige umiltà e purezza di cuore (v. Mt 5, 8). E’ bene capire che Dio ci affida il divenire, ma l’essere lo tiene strettamente nel suo pugno. Capiamo di avere un corpo, e le scienze ci dicono molte cose sulla materia e sulle sue trasformazioni, ma l’essere profondo dell’elettrone e dell’atomo non è noto agli scienziati.
Noi controlliamo il susseguirsi dei nostri pensieri, ma non sapremo mai che cos’è l’anima. Come l’anima agisca sul corpo nessun scienziato riuscirà mai a dircelo. Quando i discepoli obiettarono a Gesù: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?”, Gesù non diede una spiegazione, ma chiese la fede nelle sue parole: “Le parole che vi ho detto sono spirito e vita…”. Non ha spiegato la sua presenza reale, ossia come sarebbe rimasto nell’Eucaristia, il suo essere eucaristico, che rimane sempre grande mistero, ma ha chiesto fede nella sua parola.
Migliaia di biologi sono impegnati a investigare la natura delle innumerevoli molecole più complesse, come le proteine, gli acidi nucleici, gli aminoacidi, e tanti altri elementi che agiscono negli organismi viventi fin dalle loro origini, ma sono ben lontani dal comprenderne gli intricati meccanismi. Sappiamo noi come ha aggiunto alla saliva la capacità di disinfettare, e ha rivestito i vasi sanguigni di tensione elettrostatica per impedire l’insediamento di batteri? Eppure l’intelligenza divina li dirige da migliaia di anni. Dio provoca Giobbe chiedendogli: “Sei tu che fai spuntare a suo tempo le costellazioni? Che procuri la preda ai leoni e sazi la fame dei leoncelli?… Sai tu come figliano le camozze ? Assisti forse al parto delle cerve?”(v. Gb 38 e 39, ecc.).
Le affermazioni di certi presunti scienziati appaiono schematizzazioni di analfabeti. I nomi di Dio nella Scrittura sono vari e sottolineano i suoi attributi particolari. Egli è chiamato: Iahvè (Colui che E’, Il Signore), Elohim (Dio), El (Dio, come appare in tanti composti ebraici: Michael= Chi come Dio?, Gabriel= Forza di Dio, Raphael = Medicina di Dio, Samuel = Impetrato da Dio, Betel= Casa di Dio), Adonai (Signore), Saddai (Onnipotente), Elion (Altissimo) (v. Vaccari, Bibbia, p.41) L’Immensità di Dio Chi contempla il cielo resta subito sorpreso dall’immensità degli spazi.
La volta stellata che pulsa nel silenzio della notte ci lascia sgomenti di fronte alla vastità del cielo, e la curva delle acque all’orizzonte dell’oceano colmava l’uomo di stupore anche quando non aveva conoscenze scientifiche. Con le esplorazioni dei potentissimi radiotelescopi il cosmo acquista dimensioni allucinanti. Leggiamo, ad esempio come la terra, pur così estesa, è un minuscolo pianeta un milione di volte più piccolo del sole, il quale non è che una stella della Via Lattea, la fascia di stelle che avvolge il nostro stellato, e che contiene migliaia di milioni di stelle. E non si tratta della galassia più importante: “Il telescopio di Monte Palomar dal diametro di cinque metri può fotografare circa 5 milioni di galassie, molte delle quali più grandi e più fitte della nostra” (da I mondi dell’uomo, vol 1, La materia, p.316).
Rimaniamo sbalorditi dalle cifre riportate dagli scienziati, che misurano le distanze astrali in anni luce, e ci dicono che i più lontani echi luminosi giunti dai limiti dell’universo a noi noto distano dalla terra oltre dieci miliardi di anni luce (la luce si espande a trecentomila chilometri al secondo, ossia in un secondo farebbe otto volte il giro della terra). E altrettanto ci dicono gli studiosi dell’immensamente piccolo (noi siamo a metà strada tra galassie ed elettroni). Un fatto però è certo: che possiamo sentirci grandi solo ai nostri occhi, come le mosche si sentono grandi davanti ai loro.
E’ vero che l’anima spirituale è un enorme salto di qualità di fronte all’universo materiale, ma pensiamo all’assurdità di una bestemmia lanciata contro Dio! Nei suoi Esercizi S. Ignazio di Loyola porta a considerare: “Chi sono io in mezzo a tanti uomini, spesso migliori e più santi di me, a tanti angeli e Santi, e soprattutto di fronte a Dio?”. Dio è Luce La Scrittura ci rimanda alla luce come a un rivestimento simbolico di Dio stesso, che abita in una luce inaccessibile (1 Tm 6, 16) e si riveste di luce come di un manto (Sal 103, 1). Giovanni ci insegna che Dio è Luce e in Lui non ci sono tenebre (1 Gv 1, 5 ), e che Gesù è la “Luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo, e chi lo segue non camminerà nelle tenebre ma avrà la Luce della vita” (Gv 8, 12).
Il Verbo è la Luce (Gv 1, 4). La Scrittura ci presenta la luce come inizio della Creazione (Gn 1, 3) e anche della Redenzione (Gv 1, 5s). Il richiamo alla luce è fondamentale nel discorso su Dio: possiamo considerarla il primo simbolo di Dio stesso, come è il primo dono della nostra vita che sta alla base di ogni altro dono. Senza la luce la vita non è possibile, dato che senza di essa non si ha la clorofilla, che sta alla base del mondo vegetale e quindi dello stesso mondo animale. La luminosità di una giornata determina molta nostra gioia, mentre il buio è l’ambiente del mal fare. I fisici ci presentano la Luce come principio primo (Mor).
Siccome però è di natura ondulatoria, e il moto ondulatorio avviene per compromesso tra due forze contrapposte (una di resistenza gravitazionale e una di espansione: è energia elettromagnetica), la Luce si sprigiona superando la forza nella quale si condensa, come ipotizzano i fisici studiando gli sconfinati ammassi di materia fortemente gravitazionale (il caos iniziale (Gn 1, 2) non corrisponde forse all’ammasso gravitazionale da cui si sprigiona la luce? V. Gn 1,2). E’ pure notevole il fatto Dio ha legato la trasmissione dei messaggi al moto ondulatorio delle particelle subatomiche (raggi infrarossi, raggi ultravioletti, onde luminose a noi visibili, raggi X, raggi gamma, raggi cosmici…), delle onde sonore e delle onde d’acqua. La vita cammina sul moto ondulatorio.
Il prof. Mor, che sovrintendeva agli osservatori solari italiani, rilevava spesso come la luce delle apparizioni, non essendo inquinata dal peccato di origine, non fa male agli occhi, come dimostrava l’assenza di ammiccamento dei veggenti di Medjugorje durante le apparizioni, mentre gli uccelli sospendevano i loro canti. C’è anche una luminosità delle persone sante, perché chi guarda a Dio ne resta illuminato. La Sapienza di Dio Il contadino ammira come da un seme si sviluppa una pianta: “Nel regno di Dio avviene quanto avviene dopo che l’uomo abbia gettato il seme in terra. Egli la notte dorme e il giorno veglia, e intanto il seme germoglia e cresce senza che egli sappia come.
Da se stessa la terra produce prima erba, poi spiga, poi grano pieno nella spiga. E quando il frutto lo permetta, egli subito vi mette la falce, perché è arrivata l’ora della mietitura” (Mc4, 26s). Nel suo insegnamento Gesù stesso ricorre alle parabole del seme per farci intendere i misteri del suo regno: grano che cade in terreni diversi e produce secondo il terreno che trova (Mt 13, 1s), grano che cade in terreno infestato dalla zizzania (Mt 13, 24s, 35s), minuscolo granello di senape che si sviluppa fino a diventare albero (Mt 13, 21s). Ci detta il grande principio del discernimento, che vale per la vita spirituale, morale, e ogni sapere: “Dai frutti si giudica l’albero” ( Mt 12, 33), come dagli effetti si conosce la causa. La divina pazienza attende che il fico possa dare il suo frutto (Lc 13, 6s), mentre se non dà frutti viene maledetto e secca (Mc 11, 12s, 20s). Gesù infine ci parla dell’unione con Lui come del tralcio unito alla vite (Gv 15, 1s).
Le scienze biologiche ci consentono oggi di penetrare più a fondo nel miracolo di un seme che cresce. Una sapienza insondabile ha diffuso a piene mani semi di ogni sorta, ciascuno con il suo segreto profondo che agli uomini è dato conoscere solo in piccola parte. Osserviamo come un mirtillo è perfetto in ogni fase della sua crescita: rami e foglie sono perfetti, poi spuntano i fiori e un po’ alla volta maturano le bacche, che all’inizio sono acide, poi alla luce del sole si fanno graziosamente saporite. In ogni fase del suo sviluppo gli elementi chimici agiscono in armonia concordata: chimica dei colori, dei profumi, dei sapori, degli elementi che danno sostegno ed elasticità alla pianticella. Tutto matura adattandosi al variare delle condizioni ambientali. E anche quando la pianta si spegne i colori autunnali sono sempre meravigliosi, ed è già pronto il seme per moltiplicare le pianticelle nella prossima stagione.
La Scrittura sottolinea come Dio disse: “La terra germogli vegetali, erba che faccia seme, e alberi fruttiferi che facciano frutto della loro specie con entro il proprio seme” (Gn 1, 11s). E anche gli animali e l’uomo stesso si trasmettono la vita ciascuno secondo la propria specie, mediante il proprio seme (Gn 1, 20s). Noi fabbrichiamo bambole, statue e giocattoli di animali, ma Dio ha fatto questo portento: ha creato il cavallo con la capacità di generare cavalli simili a lui, mediante l’invenzione divina che è il seme, un laboratorio misterioso che contiene le innumerevoli e complesse sostanze chimiche necessarie per alimentare gli inizi di una nuova vita, e un centro direttivo (il DNA) che fornisce all’insieme le istruzioni per le singole fasi del suo sviluppo.
Ciò che avviene nella manipolazione degli embrioni umani è orribile, ma rivela la sapienza di Dio nella sua creazione, e gli scienziati scrutano le possibilità di guarire le malattie oppure di commettere i loro errori servendosi della sapienza di Dio. Coloro che sostengono l’evoluzione darwiniana con ipotesi ben lontane dal dimostrare scientificamente la trasformazione delle specie, ad onta dell’opposizione dei biologi, devono pur arrendersi pensando che l’evoluzione è un fatto che investe l’intero creato, frutto del pensiero di Dio che ha intuito il cosmo in unità.
La Scrittura ne delinea le fasi con linguaggio comprensibile anche ai semplici, ma con successioni sostanzialmente concordi a quanto ci dicono le scienze. Contrapporre le Scienze alla Scrittura è fraintendere l’una e l’altra, perché entrambe vengono da Dio e ne rivelano la Verità. La Sapienza di Dio è insondabile e si rivela soprattutto nel suo comportamento con l’uomo. Certo, supera i nostri intendimenti quanto il cielo supera la terra (Is 55, 9) soprattutto con la Redenzione. L’uomo è creato a immagine di Dio. Questa immagine è nell’intelligenza che lo rende autocosciente e nella volontà che lo fa libero di scegliere tra il bene e il male e perfino di opporsi al suo Creatore.
Dio non tocca mai la nostra libertà, perché non saremmo più uomini. Agisce illuminando. Avverte Adamo di mangiare pure di ogni frutto terrestre, di ogni sorta di albero piacevole a vedersi e buono da mangiare, tra cui l’Albero della Vita in mezzo al giardino, ma di non toccare l’albero della conoscenza del bene e del male (Gn 2, 9) per non doverne morire (Gn 2, 17). L‘apostolo Paolo ci insegna che ogni cosa creata da Dio è buona, e nulla è da rigettarsi quando se ne usa con rendimento di grazie (1 Tm 4, 4). Il retto uso della ragione ci porta a conoscere la Sapienza di Dio nei doni incessanti offerti dalla vita. Gesù chiama beati i puri di cuore perché vedranno Dio (Mt 5, 8), ma fa capire che esiste un peccato che non sarà perdonato né in cielo né in terra, peccato contro la luce (Mc 3, 29).
L’ateismo è peccato contro la luce che ci viene dalla Creazione. Gloria di Dio è l’uomo vivente. La più alta meraviglia di Dio è l’uomo stesso, riflesso dell’intelligenza divina che gareggia con Dio nella conoscenza del cosmo e ne scopre segreti altissimi, come le onde elettromagnetiche che consentono di trasmettere suoni e immagini a distanza. Ma la sapienza più alta è data a coloro che si sforzano di conoscere Dio stesso e di imitarne la santità. Per questo la sapienza è data come dono dello Spirito Santo.
La Provvidenza di Dio E’ Gesù stesso che ci esorta a rivolgere gli occhi alla natura per attingervi una retta conoscenza di Dio. “Il Padre mio opera sempre, e io pure opero”, dice Gesù ai giudei che lo accusano di far miracoli il sabato (Gv 5, 17).
Gesù stesso è Creatore con il Padre e lo Spirito Santo, conosce il Padre e ne rivela gli attributi divini. Quanto alla Provvidenza ne parla nel discorso della montagna con parole commoventi: “Non vi affannate per la vostra vita di quel che mangerete o di quel che berrete: non vale la vita più del nutrimento e il corpo più del vestito? Osservate gli uccelli dell’aria, i quali non seminano né mietono né raccolgono in granai, eppure il Padre vostro celeste li nutre: non siete voi più di essi? E chi di voi con l’affannarsi può aggiungere alla sua età una spanna? E perché affannarsi per il vestire? Considerate come crescono i gigli dei campi: essi non lavorano né filano, eppure Io vi dico che neanche Salomone in tutta la sua pompa fu mai vestito come uno di essi. Ora, se Dio così riveste l’erba dei campi, che oggi è e domani si getta nel forno, quanto più vestirà voi, gente di poca fede! Non vi affannate dunque dicendo ‘Che cosa mangeremo?’ oppure ‘Che berremo?’ oppure ‘Di che ci vestiremo?’ (tutte cose di cui vanno in cerca i pagani), poiché il Padre vostro Celeste sa che di tutto questo voi avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in più. Non vi affannate dunque per il domani, poiché il domani avrà esso pure il suo affanno. Basta a ciascun giorno il suo travaglio” (Mt 6, 24-34).
La terra continua a produrre in abbondanza per tutti gli uomini, e potrebbe nutrirne molti di più. La fame e la povertà è dovuta a tanti peccati, ma nonostante tutti questi disordini, Dio usa una Provvidenza particolare per tutti coloro che si affidano a Lui. La Bellezza di Dio La bellezza di Dio è un altro attributo da meditare. Chi non ammira lo splendore roseo di un mattino o i riflessi del sole che tramonta sul mare? Chi non ammira lo splendore dell’arcobaleno dopo il temporale, la grazia di una rosa imperlata di rugiada? Come non rimanere incantati dalla bellezza di un volto di bambino o di adolescente, di due sposi che si avviano alle nozze?
Dio ha circonfuso ogni essere di grazia e di bellezza come riflesso del suo volto divino, e ha promesso il Paradiso come condizione di beatitudine che non avrà mai fine. Là non entra nulla di impuro! (Ap 21, 27). Là si compiono le nozze eterne tra Dio stesso e coloro che vivono nel suo amore: “Lo Spirito e la Sposa dicono: Vieni!” (Ap 22, 17).
La divina Misericordia E’ ancora Gesù a farci riflettere sulla Misericordia di Dio: “Vi fu detto: ‘Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico’, ma Io vi dico: Amate i vostri nemici e pregate per coloro che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei Cieli, il quale fa sorgere il suo sole su malvagi e buoni, e piovere su giusti e ingiusti. Poiché se amate coloro che vi amano, che merito ne avete? E non fanno così anche i pubblicani? E se salutate soltanto i vostri amici, che fate mai di speciale? E non fanno forse altrettanto anche i pagani? Siate dunque perfetti come è perfetto il vostro Padre Celeste” (Mt 5, 43s). La stessa creazione quindi ci offre l’esempio di un Dio misericordioso che perdona non solo settanta volte, ma settanta volte sette.
E’ anche vero che Dio interviene a punire i peccati, e che ha disposto che ognuno sia premio o castigo a se stesso, come quando il peccato si ritorce sul peccatore. Ma Dio è paziente e propenso al perdono, come insegna a Mosè, quando passò davanti a lui proclamando:“Iahvè, Iahvè! Dio pietoso e misericordioso, tardo all’ira e grande in benignità e fedeltà; che serba benignità alle migliaia, perdona l’iniquità, il misfatto e il peccato, ma che pure non lascia nulla di impunito; che ricerca l’iniquità dei padri nei figli e nei nipoti fino alla terza e quarta generazione” (Es 34, 6s). , Tale ce Lo rivela soprattutto Gesù. Invito alla Contemplazione Abbiamo evidenziato qualche fuggevole aspetto di un tema che meriterebbe ben altra profondità. Ma una migliore comprensione dell’amore di Dio è una conquista personale che esige una crescente attitudine contemplativa.
Tutto nella Creazione ci invita all’attitudine contemplativa! Essa si sviluppa nel silenzio: non dobbiamo sprecare la vita in un attivismo frenetico o in chiacchiere inconcludenti e dispersive. Gesù si ritirava dalla folla per passare la notte in preghiera (Mt 14, 13; Lc 9, 10; 21, 37; 22, 39) e invitava gli Apostoli: “ Venite voi soli in un luogo appartato, e riposatevi un poco” (Mc 6, 31). Fin dalle origini della Chiesa si sono sviluppate varie forme di consacrazione sulla base della vita contemplativa (anacoreti, cenobiti, monaci, religiosi), e anche molti laici si dedicano con frutto a ritiri e tempi di silenzio contemplativo.
Essa porta all’adorazione: è il primo gesto dovuto al Creatore e forma i veri adoratori che adorano Dio in Spirito e Verità. Essa è fonte di sapienza, che cresce nella meditazione: Se rimanete costanti nella mia Parola, sarete davvero miei discepoli e conoscerete la Verità, e la Verità vi farà liberi (Gv 8, 31s), . Da gran Signore, Dio circonda di finezze chi fa la sua volontà. Essa è fonte di gioia. Il mondo ama l’esibizione, lo sfarzo. Gli spiriti eletti, amanti del silenzio contemplativo, si dilettano della divina Presenza, e ne escono col volto raggiante come Mosè dal Sinai.