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Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola

Gv 17, 21
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La Chiesa è l’Eucaristia
Di Admin (del 02/03/2010 @ 12:41:24, in Padre Vittorio 2008, linkato 1297 volte)

 Che cos’è la Chiesa?

 Il Catechismo di San Pio X ne dà una definizione giuridica fondata sull’idea di società: La Chiesa Cattolica è la società di tutti i battezzati, che vivendo sulla terra professano la stessa fede e legge di Cristo, partecipano agli stessi sacramenti e obbediscono ai legittimi Pastori, principalmente al Romano Pontefice.

La Chiesa però è una realtà tanto complessa che consente prospettive molteplici: di Corpo Mistico, di Comunione dei Santi, di Popolo di Dio, di Mistero visibile dell’Unità Salvifica, come la definisce il Concilio (LG 9d ).

Al di là della risposta data dal Catechismo, che rimane sempre valida, e partendo dal suo Capo, il Verbo fatto Carne che l’ha fondata e ne è la realtà centrale, diciamo: la Chiesa è Gesù realmente presente nell’Eucaristia sino alla fine dei tempi per unire a Sé i credenti a rendere gloria a Dio e salvare l’umanità.

E’ una definizione che corrisponde alla dottrina dell’Apostolo Paolo sul Corpo Mistico incentrato nell’Eucaristia: “Un solo corpo siamo noi, quantunque molti, perché partecipiamo tutti di un uno stesso Pane” (1 Cor 10, 17) e “siamo imbevuti di un uno stesso Spirito”(1 Cor 12, 13). Questa affermazione ci porta nel cuore del mistero cristiano di Comunione con il Figlio di Dio, realmente presente nel Sacrificio Eucaristico come Sommo ed Eterno Sacerdote, nella Comunione come Pane di Vita, nei nostri Tabernacoli come Pastore e Guida della sua Chiesa.

Insomma è essenziale comprendere la Chiesa come presenza reale di Gesù tra gli uomini, per cui si può dire nel modo più conciso: la Chiesa è l’Eucaristia.

La scissione di Cafarnao

Nel discorso di Cafarnao sul Pane di Vita, Gesù ha posto la chiara alternativa: “In verità in verità vi dico: se non mangerete la carne del Figlio dell’Uomo e non berrete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, e Io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in Me, e Io in lui. Come il Padre, il Vivente, ha mandato Me, e Io vivo per il Padre, così pure chi mangia di Me vivrà per Me”(Gv 6, 53s). A questa promessa seguono le parole dell’istituzione: “Il Signore Gesù la notte in cui fu tradito prese del pane, rese grazie, lo spezzò e disse ‘Questo è il mio corpo dato per voi: fate questo in memoria di Me’. Così pure, dopo aver cenato prese il calice dicendo:’Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue: fate questo, tutte le volte che lo berrete, in ricordo di Me’. Ogni volta dunque che voi mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore fino a quando Egli venga”(1 Cor 11, 23s e Parr. Evangelici).

Dall’insieme dell’insegnamento evangelico si deduce chiaramente che la Presenza Reale è il nodo della questione eucaristica, e di riflesso della natura della Chiesa. E questo si è rivelato fin dalle origini, nello stesso discorso di Cafarnao. Là è avvenuta la frattura tra coloro che hanno creduto nella presenza reale, e coloro che non hanno creduto: è nata la Chiesa e anche la prima Dissidenza.

Il testo evangelico non ammette dubbi sul realismo del discorso di Gesù : “Molti dei suoi discepoli… dissero:’E’ duro questo parlare, e chi lo può sentire?’… Da allora molti dei suoi discepoli si ritrassero indietro e non andavano più con Lui”.

Gesù non grida: “Calma, calma! Mi spiego meglio! Non intendo parlare in senso reale, ma in senso simbolico…”. No, Gesù rincara la dose, e “rivolto ai dodici dice loro: ‘Volete andarvene anche voi?’”. Appare quindi chiarissimo che non avrebbe esitato a rimanere solo pur di non a retrocedere dalla sua promessa. (Il realismo della promessa eucaristica è dimostrato magistralmente dal santo Dottore della Chiesa Roberto Bellarmino: v. Il Testamento di Cristo non lascia dubbi, in “Venite adoriamo”, ed. Medjugorje, pp. 382, a pp. 136s).

L’apostolo Pietro, su cui Gesù ha fondato la sua Chiesa, ha risposto: “Signore, da chi andremo noi? Tu hai parole di vita eterna, e noi crediamo e sappiamo che Tu sei il Santo di Dio” (Gv 6, 68s). La sua fede ha dato inizio alla fede della Chiesa Cattolica. La scissione tra credenti e non credenti nella Presenza Reale ha accompagnato la storia della Chiesa dall’inizio fino al sorgere delle eresie di Berengario, Lutero e gli altri fratelli separati, infine dei modernisti attuali.

Gesù con noi Sacerdote e Vittima

Mediante la sua Presenza Reale nell’Eucaristia Gesù si insedia nel cuore della Chiesa come Sommo Sacerdote della Nuova ed Eterna Alleanza e ci unisce al suo Sacrificio offerto sulla Croce per rendere la gloria dovuta a Dio e per la redenzione del mondo. Il Concilio riassume questa realtà citando la celebre descrizione di S. Agostino: “Tutta la città redenta, ossia la riunione e società dei santi (Ecclesìa) si offre a Dio come sacrificio universale per mezzo del Gran Sacerdote, il quale ha pure offerto se stesso per noi con la sua passione per farci diventare corpo di sì eccelso Capo” (PO 2).

E’ dal Sacrificio della Croce che nasce la Chiesa come Eucaristia: “Ex Corde scisso Ecclesia, Christo jugata, nascitur: Dal Cuore trafitto di Cristo nasce la Chiesa sua Sposa” (Inno della festa del Sacro Cuore). Il Concilio traduce: “L’inizio e la crescita della Chiesa sono significati dal sangue e dall’acqua che uscirono dal costato aperto di Gesù crocifisso” (SC 3); “Dal costato di Cristo dormiente sulla Croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa” (SC 5).

Queste affermazioni del Concilio alludono all’amore infinito che sta all’origine di tutto il mistero cristiano, come afferma il Vangelo di Giovanni nell’introdurre il racconto della Passione: “Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino all’estremo”(Gv 13, 1s). Questo amore ha trovato l’espressione più alta nel Sacrificio Eucaristico, nel quale la Passione e la Morte di Cristo in Croce vengono rinnovate in modo incruento sino alla fine del mondo.

Nella celebrazione eucaristica Gesù non si offre da solo, ma con il suo intero Corpo Mistico. Ci accomuna alla sua azione di Mediatore tra Dio e gli uomini (1 Tm 2, 5), sia pure in modo distinto tra i presbiteri designati dalla Chiesa al sacerdozio ministeriale per rinnovare il Sacrificio, sia tra i semplici cristiani partecipi del sacerdozio battesimale.

Sia i presbiteri che i semplici fedeli sono esortati a riprodurre in sé le disposizioni con cui Gesù stesso si offrì sulla croce: (v. Pio XII, encicl. Mediator Dei).

Gesù in noi Pane di Vita

Mediante il Sacrificio Eucaristico Gesù si insedia nella sua Chiesa, comunità dei credenti, come sorgente della Comunione ecclesiale. La Chiesa è comunione con Cristo. Gesù rigenera incessantemente la Chiesa offrendosi a noi come Pane di Vita, si fa più intimo del nostro intimo superando divinamente ogni barriera di incomunicabilità del cuore umano. E si dona per trasformarci in Sé. La Comunione non è solo un mistero di unione, ma di unione trasformante: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in Me, e Io in lui… Come Io vivo per il Padre, così chi mangia di Me, vivrà per Me”(Gv 6, 56s). Il Concilio ricorda l’affermazione di San Leone Magno: “La partecipazione al corpo e al sangue di Cristo altro non fa, che trasformarci in Colui che prendiamo”(Lg 26a). A questo proposito occorre ripensare tutta la dottrina teologica della Grazia come partecipazione alla divina natura (2Pt 1, 4 ) meritata a noi dalla Redenzione.

 Operando l’unione di ogni credente con Sé, Gesù fa di tutti Uno (v. Gv 17, 21), un solo Corpo (v. 1 Cor 10, 17), il Corpo Mistico, la Comunione dei Santi, una realtà che non lega i credenti nei rapporti di superficie, ma nella profondità della Vita Divina.

Gesù con noi Pastore e Guida

Nell’Eucaristia e nella Chiesa Gesù si insedia come suo Buon Pastore e Guida. Tutto il cammino del Popolo di Dio è sorretto dalla sua presenza e guida infallibile. Lo ha promesso Lui stesso: “Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). La Chiesa passerà attraverso tempeste burrascose, ma Gesù ha promesso che le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa (Mt 16,18).

Questa Presenza del Buon Pastore esercita un influsso rassicurante sui singoli credenti, che adorano Dio in Spirito e Verità (Gv 4, 23) alternandosi davanti al Tabernacolo attratti dall’amore di Cristo e dal suo invito “Venite a Me voi tutti che siete affaticati e stanchi, e Io vi consolerò. Imparate da Me che sono mite ed umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime, perché il mio giogo è soave e il mio peso è leggero” (Mt 11, 30). “E Io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a Me”(Gv 12, 32).

Gesù costruisce ogni giorno la sua Chiesa offrendosi soprattutto ai piccoli nel silenzio del Tabernacolo, che, come fonte del villaggio, disseta al suo costato aperto coloro che vanno ad adorarlo, ringraziarlo, confidarGli le proprie pene e difficoltà, chiederGli grazie per sé e per gli altri. Grandi pratiche di fede nella Presenza Reale sono, oltre la Messa e la Comunione, soprattutto le ore di adorazione, le visite all’Eucaristia. Gesù si rende perennemente disponibile a coloro che lo cercano con amore, e dal Tabernacolo dispensa le grazie più squisite alle anime elette che lo ritengono come loro Amico Divino. E’ ai piedi dell’Eucaristia che spuntano le vocazioni.

Condiscendenza di Amore

Non cessa di stupire la familiarità con cui Gesù si offre a noi:

annienta se stesso (davvero exinanivit semetipsum) in una fragilissima ostia di Pane facilmente esposta a tutte le forme di dissacrazione di cui l’insipienza umana è capace (e oggi lo vediamo ogni giorno nelle stesse storture della liturgia banalizzatrice invalsa per influsso modernista);

moltiplica i luoghi e le occasioni di presenza dalle maestose cattedrali alle sperdute chiesette di campagna per giungere a tutti ogni ora del giorno senza le complicazioni di pellegrinaggi ai luoghi santi;

si abbassa in modo umilissimo alla disponibilità di chi lo cerca, ponendo come unica condizione per riceverlo lo stato di grazia facilmente acquisibile mediante il sacramento della Confessione;

è giunto a dire a qualche santo che Egli conta le ore e i minuti che mancano alla loro Comunione. A un mistico attuale ha inviato l’Angelo a svegliarlo dicendogli: “Affrettati, che Gesù ti attende!”.

 Non è certo la fiammella di amore che arde nel cuore umano a consolarlo di questa disponibilità: nell’Eucaristia si dona non tanto perché è amato, anche se molti lo amano più di se stessi, ma perché ama! Questi e altri aspetti ci fanno toccare con mano come nella Presenza Eucaristica il nostro Redentore ha voluto condensare tutta la genialità del suo Amore infinito!

Il fulcro della divisione

Il discorso sull’Eucaristia e sulla natura della Chiesa appare ricco e complesso nell’insegnamento del Maestro, ma una cosa appare incontestabile: il fulcro di divisione tra la Chiesa fondata da Gesù e le chiese fondate dagli uomini è la fede o il rifiuto della Presenza Reale.

Rifiutare la Presenza Reale è scacciare Gesù vivo dalla sua Chiesa, è svuotare la Chiesa. E non dicano i dissidenti: “Noi non crediamo nella Presenza Reale, ma crediamo nel Vangelo: noi seguiamo l’insegnamento di Gesù”. L’insegnamento di Gesù viene da essi respinto nel suo contenuto fondamentale, che è appunto l’Eucaristia. La Chiesa è l’Eucaristia, senza l’Eucaristia la Chiesa è vuota. La chiesa dissidente non è incentrata sul Fondatore, non è portata avanti da Gesù, Verbo eterno del Padre, ma da ciechi e guide di ciechi! Col risultato che ciascuno la tratta a modo suo, secondo le sue vedute e le sue interpretazioni del Vangelo, in un vortice di antagonismi e di divisioni.

Tanto più che connesso alla fede nella Presenza Reale è l’altro aspetto integrativo dell’Eucaristia: il Sacramento del Perdono. Nella Chiesa Gesù opera la sua azione redentiva perdonando i peccati: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete resteranno non rimessi” (Gv 20, 23). Così nelle chiese dissidenti viene respinto il dono inestimabile della remissione dei peccati. L’alternativa è gravissima: senza la remissione operata da Gesù nella Chiesa, salva la buona fede personale, il protestantesimo vive abitualmente nel peccato.

La Chiesa è Santa

Nella Chiesa ha posto la sua dimora il Santo dei Santi, l’Altissimo Figlio di Dio fatto Uomo, morto, risorto e vivo in mezzo a noi. Nel vortice della sua Santità le generazioni dei credenti in Lui si santificano in misura dell’unione con Lui stesso.

Non chiudiamo gli occhi di fronte al deplorevole spettacolo di incoscienza, di debolezza, di mediocrità, di peccato in cui si svolgono molti riti nell’attuale crisi liturgica: non possiamo non deplorare. Ma è certo che ancora oggi la santità fiorisce soprattutto nei veri adoratori che adorano Dio in Spirito e Verità (Gv 4, 23). E’ sempre vero ciò che dice il Catechismo di San Pio X: “La vera Chiesa si dice Santa perché Santo è il suo capo invisibile, che è Gesù Cristo, santi sono molti suoi membri, santi sono la sua fede, la sua legge, i suoi sacramenti, mentre fuori di essa non ci può essere vera santità” (Catechismo, 169).

Non si devono addebitare alla Chiesa le debolezze dei suoi membri: essi entrano nella Chiesa come sono, ebrei e gentili, generazioni di barbari invasori, antropofagi atzechi o africani, e ne escono trasformati, civilizzati, santificati nei loro membri migliori. Se la Chiesa andò a rilento in questa trasformazione di grazia, lo si deve allo stato poco recettivo delle orde che vi entravano. Non bisogna dimenticare che la Chiesa ha dovuto affrontare tanta rozzezza barbara o pagana, che l’hanno costretta nelle condizioni di arretratezza di coloro che vi entravano, e impedita di adeguarsi alla santità del suo Fondatore.

Gli elementi più recettivi della santità di Cristo Signore costituiscono la mobilissima schiera degli Apostoli, dei Martiri, dei Confessori della Fede, dei Consacrati anacoreti o cenobiti, delle vergini e di tutti i Santi fioriti nel suo grembo in questi due millenni. Non si può onestamente condannare la Chiesa a causa dei peccatori refrattari al suo spirito: la santità della Chiesa si misura in coloro che vi attingono come si deve il Pane della Vita, e sono la folla incalcolabile di ogni nazione, tribù, popolo e lingua prostrati davanti all’Agnello in bianche vesti con palme nelle loro mani, che gridano a gran voce:’La salvezza sale al nostro Dio assiso in trono e all’Agnello!’ (Ap 7, 6s).

Perenne segno di contraddizione (Lc 2, 34) come il suo Capo, pur nel turbine delle violente persecuzioni istigate da Satana ancora oggi con maggiore violenza che in passato, la Santa Chiesa prosegue il suo programma benefico di scacciare i demoni, guarire i malati, annunciare che il Regno dei Cieli è vicino. Tutto prende le mosse dal Sacrificio, dalla Mensa e dalla Presenza Eucaristica del Verbo di Dio che ha posto la sua tenda in mezzo a noi ( Gv 1, ).

Come accettare un tipo di ecumenismo che lasci i fratelli separati senza Gesù che dà la vita nell’Eucaristia e che rimette i peccati nel sacramento della Riconciliazione? La prima Carità è la Verità. E come evitare nella stessa Chiesa Cattolica il dissolvimento della Verità Evangelica di cui Gesù ci ha fatto inestimabile dono? Una Chiesa che non dona la Verità è una Chiesa priva di Gesù, è una Chiesa morta.

A tanto ha portato una teologia superficiale, professata tragicamente anche in certi vertici della Chiesa da responsabili di un ecumenismo spensierato di indole modernista. Gesù dice loro: “Guai a voi, dottori della legge, che vi siete impadroniti della chiave della scienza: voi non vi siete entrati, e avete impedito coloro che volevano entrare” (Lc11, 52). Un ecumenismo che rischia di trascinare inesorabilmente gli stessi cattolici verso la dissidenza.

L’Apostolo esorta: “Non vogliate accoppiarvi a un giogo eterogeneo con gli infedeli, poiché quale comunione può esserci tra la giustizia e l’iniquità? E quale tra la luce e le tenebre? Ovvero quale armonia tra Cristo e Belial? O quale cosa in comune tra il fedele e l’infedele? Quale accordo tra il tempio di Dio e quello degli idoli? Infatti noi siamo il tempio del Dio Vivente, come dice Dio: ‘Io abiterò in essi e camminerò con loro, e sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Perciò uscite di mezzo a questa gente e separatevene’, dice il Signore.’E Io vi accoglierò e vi sarò Padre, e voi mi sarete figli e figlie’, dice il Signore Onnipotente” (2 Cor 6, 14s).

Sono parole di grande attualità. “Ma il Figlio dell’Uomo alla sua venuta troverà ancora la fede sulla terra?”(Lc 18, 8).

Non dubitiamo! “Le porte dell’inferno non prevarranno”!

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