L’Eucaristia ci viene dalla Croce. Gesù l’ha istituita come Sacrificio che rende presente sino alla fine dei tempi il suo Sacrificio sulla Croce: “Il Signore Gesù, la notte in cui fu tradito prese del pane, rese grazie, lo spezzò e disse: ‘Questo è il mio corpo dato per voi. Fate questo in memoria di Me’. Similmente dopo aver cenato prese il calice dicendo: ‘Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue: fate questo, tutte le volte che lo berrete, in memoria di me’. Ogni volta dunque che voi mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore fino a che egli venga” (1 Cor 11, 23s). Il realismo della divina presenza nel Sacrificio Eucaristico è confermato nel discorso sul Pane di Vita (Gv 6, 52s).
L’Eucaristia ci giunge quindi per via della Croce, come rinnovamento del Sacrificio di Gesù sul Calvario. Contro Lutero e i suoi seguaci nemici della Croce di Cristo (Fp 3, 18 ) che ancora oggi non vogliono sentir parlare di Sacrificio e riducono la Messa semplice cena simbolica, il Concilio Vaticano II ripete con il Concilio di Trento e la ininterrotta dottrina tradizionale: “Il nostro Salvatore nell’ultima cena, la notte in cui fu tradito, istituì il Sacrificio Eucaristico del suo corpo e del suo Sangue al fine di perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il Sacrificio della Croce, e per affidare così alla sua diletta Sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e della sua risurrezione”(SC 47).
E Pio XII, nell’enciclica Mediator Dei, afferma:
“L’augusto Sacrificio dell’altare non è una pura e semplice commemorazione della passione e morte di Gesù, ma un vero e proprio sacrificio nel quale, immolandosi incruentamente, il Sommo Sacerdote fa ciò che fece una volta sulla croce offrendo al Padre tutto se stesso, vittima graditissima”. E precisa: “Differente però è il modo col quale Cristo è offerto. Sulla croce, infatti, Egli offrì a Dio tutto se stesso e le sue sofferenze, e l’immolazione della vittima fu compiuta per mezzo di una morte cruenta liberamente subita; sull’altare invece, a causa dello stato glorioso della sua umana natura, ‘la morte non ha più dominio su di Lui’, e quindi non è possibile l’effusione del sangue. Ma la divina Sapienza ha trovato il modo mirabile di rendere manifesto il Sacrificio del nostro Redentore con segni esteriori che sono simboli di morte. Poiché, per mezzo della transustanziazione del pane in Corpo e del vino in Sangue di Cristo, come si ha realmente presente il suo Corpo, così si ha il suo Sangue. Le specie eucaristiche poi, sotto le quali è presente, simboleggiano la cruenta separazione del Corpo e del Sangue. Così il memoriale della sua morte reale sul Calvario si ripete in ogni Sacrificio dell’altare, perché per mezzo di simboli distinti si significa e dimostra che Gesù Cristo è in stato di vittima” (Mediator Dei).
Gesù, figlio di Dio fatto Uomo, ha voluto immergersi nel cuore della creazione fino all’abisso del peccato umano per rendere a Dio la gloria adeguata alla sua Maestà e riparare i peccati del mondo, e ha collocato il Sacrificio della Croce nel paradiso terrestre della Chiesa come Albero della Vita dal quale potessimo cogliere sino alla fine del mondo i frutti della sua Incarnazione, Passione e Morte mediante la Comunione con Lui, e unirci a Lui stesso per glorificare in modo adeguato il Padre, per ringraziarlo dei suoi doni, per espiare le colpe nostre e del mondo intero, per ottenere le grazie di cui abbiamo bisogno.
I fini del Sacrificio
Sono così espressi da Pio XII nell’enciclica Mediator Dei.
Sacerdote e Vittima
Nell’Eucaristia Gesù si fa presente come Sacerdote che offre e come Vittima offerta da Lui stesso a Dio, coinvolgendo la sua Sposa, la Chiesa, e ognuno di noi nella sua azione sacerdotale. Nel Sacrificio Eucaristico Egli fa di noi i veri adoratori che adorano Dio in Spirito e Verità (Gv 4, 23).
Dice il Concilio: “Il servizio sacerdotale, che comincia con l’annuncio del Vangelo, deriva la propria forza e la propria efficacia dal Sacrificio Eucaristico, e ha come scopo che ‘tutta la città redenta cioè la riunione e la società dei santi, si offra a Dio come sacrificio universale per mezzo del Grande Sacerdote, il quale ha offerto se stesso per noi con la sua passione, per farci diventare Corpo di così eccelso Capo’ (S. Agostino)” (PO 2).
Si comprende come dal Cuore squarciato di Cristo nasce la Chiesa sua Sposa (Inno della Festa del Sacro Cuore), e dal costato di Cristo dormiente sulla Croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa (SC 5).
La Chiesa dunque vive e si rigenera quotidianamente nel Sacrificio Eucaristico. La Chiesa è Gesù che nel Sacrificio Eucaristico crea l’unione dei credenti, l’unità salvifica, facendo sì che, come prega Gesù, “tutti siano uno come Tu sei in Me, e Io in te,…e siano consacrati nella Verità” (Gv 17, 21s, 19). La Chiesa, definita nel suo centro unificatore e santificatore, è Gesù Eucaristia.
La nostra compartecipazione
Si comprende come la presenza al Sacrificio Eucaristico non è un semplice ascoltare o pregare, ma impegni tutto il nostro essere cristiani e soprattutto sacerdoti. È compartecipare al Sacrificio di Gesù. Padre Pio si sentiva sospeso con Gesù sulla Croce.
Con quale spirito dobbiamo partecipare al Santo Sacrificio ci viene richiamato con tanta penetrazione da Pio XII nell’enciclica Mediator Dei. E ancor più precisamente:
La situazione attuale
Ci si chiede, a questo punto, se nell’attuale svolgimento liturgico tutto converga ad agevolare questa comprensione del Sacrificio.
I segni liturgici assumono una importanza fondamentale nel richiamare i significati profondi del Sacrificio. Dobbiamo ammettere che il fumo di Satana è entrato nelle nostre chiese creando quella confusione che molti ormai accusano con ragione e che provoca l’attuale decadimento liturgico. Lo stesso card. Ratzinger, Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, e quindi massima autorità dottrinale con il Papa, nel delineare lo spirito della Liturgia ha richiamato al giusto stile della celebrazione eucaristica.
Una deformazione profonda è stata indotta nel passaggio dall’altare alla mensa: l’altare rivolto al Crocifisso sottolineava visibilmente la identificazione del sacerdote celebrante con il Sommo ed Eterno Sacerdote nel gesto di adorazione del Dio Altissimo e di salvezza del mondo. La stessa posizione rivolta alla Croce favoriva il raccoglimento interiore del celebrante e agevolava la retta comprensione del suo ruolo sacerdotale e del mistero che si svolgeva sotto i suoi occhi. La mensa colloca celebrante e assemblea come commensali confinando in secondo piano il Sommo Sacerdote, e incentra l’attenzione dei presenti sul celebrante, favorendo quel protagonismo spettacolare che ha dato origine alle sceneggiate più stravaganti, e dissolvendo l’indole sacrificale della Messa. Come può il sacerdote, preoccupato di soddisfare con parole e comportamenti l’assemblea, pensare al grande mistero del Sacrificio di Cristo che è chiamato a rinnovare?
Riflettendo anche su altri elementi dell’attuale riforma liturgica, come l’emarginazione dei tabernacoli, l’abolizione degli inginocchiatoi e dei segni di adorazione, la Comunione nella mano, i canti, gli avvisi, e altri elementi di dissipazione indotti nel breve tempo del ringraziamento, si scopre un astuto e ben concertato piano di dissolvimento del mistero eucaristico istigato dal modernismo di ispirazione massonica. Dice bene Gesù stesso nel messaggio sulla Comunione obbligatoria nella mano: “Questa decisione che uomini empi stanno per prendere fa parte del grande piano della massoneria per sminuire il valore della Santa Eucaristia e arrivare all’ultimo termine, che sarà quello di togliere il mio Santo Corpo dalle chiese al fine di unificarsi alle religioni protestanti… Mi vedo trattato come un semplice pezzo di pane, segno solo di fraternità umana e non di Comunione divina e spirituale” (A +L 20.9.03).
Dissolto il Sacrificio, dissolta l’Eucaristia è dissolta la Chiesa
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