Il dialogo con la Samaritana si conclude con la sua richiesta di un chiarimento: “I nostri padri hanno adorato su questo monte, voi invece dite che il luogo dove bisogna adorare è Gerusalemme”.
Al dilemma Gesù risponde: “Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai giudei. Ma si avvicina l’ora, anzi già ci siamo, che i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verità. Poiché tali il Padre vuole i suoi adoratori. Dio è spirito, e coloro che lo adorano devono adorarlo in Spirito e Verità” (Gv 4, 19s).
L’incontro tra Gesù e la samaritana avviene presso il pozzo di Giacobbe, un pozzo di 39 metri che al patriarca dovette costare una fatica notevole. Il luogo ricorda una storia particolare: Giacobbe in quelle vicinanze ebbe la visione della scala su cui gli angeli scendevano e salivano, e al risveglio esclamò: “Quanto è venerando questo luogo! Non è che Tempio di Dio e Porta del Cielo!” (Gn 28, 17s). Giacobbe vi eresse un altare e diede al luogo il nome di Bet-El, ossia Casa di Dio, e decise: “Terrò il Signore per mio Dio”.
Alla morte di Salomone, Geroboamo, usurpatore del suo regno, eresse a Betel un tempio che fosse il centro religioso idolatrico della Samaria, finché fu distrutto dal riformatore Giosia.
La samaritana pone quindi a Gesù il dilemma di fondo della religione vera, chi adorare, e Gesù le risponde con chiarezza, richiamando l’intera Rivelazione e la via giusta della salvezza, che viene dai giudei. Con un ritocco di grande importanza sul modo di adorare, non più legato a un luogo ma a un atteggiamento interiore, Gesù le insegna: “I veri adoratori adoreranno Dio in Spirito e Verità”.
Adorazione radice del culto
L’adorazione è l’atto fondamentale del culto dovuto a Dio. E’ il riconoscimento primordiale della distanza incolmabile che esiste tra Dio e gli esseri creati, angeli, uomini e tutto il resto. Dio è Colui che E’ , Colui al quale l’Essere appartiene per essenza, Cuius essentia est esse, che non può non esistere, mentre noi siamo contingenti, ossia precari: abbiamo cominciato ad essere e siamo sostenuti dall’atto creativo di Dio. Il resto non esiste se non in forza di Lui, della sua potenza creatrice.
La Scrittura ci informa del primo avvenimento angelico: agli inizi della creazione Lucifero non riconobbe la sovranità di Dio. L’Arcangelo Michele lottò contro Lucifero e gli angeli ribelli, e sconfisse Lucifero. Il suo nome significa “Chi come Dio?”.
Dio solo è il Creatore e Signore di quanto esiste, ed esige questo riconoscimento in quanto è Verità: l’adorazione è il riconoscimento radicale della sua gloria, e giustamente Dio dice: “La mia Gloria non la do ad altri” (Is 42, 8).
L’adorazione è amore.
La parola adorare viene dal latino ad os, alla bocca, e indica il gesto di portare la mano alla bocca per baciare, quindi indica amore. L’adorazione in radice è amore di Dio, e racchiude in sé tutti gli atti di amore verso Dio.
L’adorazione è contemplazione.
Noi non possiamo dare nulla a Dio che non ci venga da Lui stesso. Possiamo solo riconoscere che Lui è la fonte di ogni bene. In radice quindi l’adorazione è anche conoscenza, contemplazione. I beati del Paradiso contemplano estasiati la bellezza, la grandezza e tutte le meraviglie di Dio, e ne rimangono illuminati. Il loro canto è silenzio contemplativo, è stupore contemplativo.
Anche su questa terra l’adorazione parte dalla conoscenza di Dio, ed è tanto più profonda quanto meglio si conosce Dio. Per adorare Dio in Verità bisogna avere un concetto vero di Dio stesso, che non si è manifestato ai dissidenti sul monte Garizim ma ai giudei sul Sion, e nel Nuovo Testamento in Gesù che è Verità, grazie allo Spirito di Verità effuso da Cristo stesso. Bisogna avere la beatitudine di un cuore puro che consente di vedere Dio (Mt 5, 8).
“Mi sono trovato fatto”
L’adorazione è un dovere personale che rinnoviamo ogni mattino quando preghiamo: “Vi adoro, mio Dio e Vi amo con tutto il cuore”. Riflettendo sul nostro essere, noi ci troviamo fatti, ma non sappiamo come.
Non sappiamo come da un seme quasi invisibile penetrato nell’ovulo materno si sia sviluppato un organismo così complesso come il nostro corpo con le sue ossa, i vasi sanguigni, le nervature, il cuore pulsante, e come l’anima influisca sul corpo, in modo che possiamo governare anima e corpo su nostra iniziativa. Non sono capace di far sorgere un pelo, un dente o un’unghia. Non so come io possa vedere, udire, percepire, gustare. Non so che cosa sia la stessa materia: il suo essere profondo mi è ignoto. Sono cosciente di ciò che penso, so di avere un’anima, ma non conosco il suo essere misterioso. Posso disporre di qualcosa del mio divenire, fare le mie scelte. Ma l’essere Dio lo tiene saldamente in pugno, nel suo eterno segreto.
Sono riflessioni di ogni uomo, che portano inevitabilmente a riconoscere una Causa del nostro mistero personale contro la quale possiamo accanirci come calabroni di fronte alla lampada fino a bruciarci gli occhi: è il peccare contro la Luce che apre la strada a tutti gli altri peccati (V. Rm 1, 18s).
Giustamente il Salmista pone a fondamento dell’adorazione queste parole:
“Signore, Tu mi scandagli e conosci… Dove potrei sottrarmi al tuo spirito, dove sfuggire alla tua presenza?…Tu hai composto le mie viscere, mi hai formato nel grembo di mia madre. I tuoi occhi vedevano le mie vicende, che nel tuo libro erano tutte scritte coi giorni in cui dovevano prodursi, quando non ne esisteva neppure uno… Scandagliami, o mio Dio, e riconosci il mio cuore…E guidami per la via dell’eternità” (Sal 138, 1s).
Adorare è riconoscere la mia totale dipendenza da Dio e sottomettermi al suo disegno di amore.
Gesù primo Adoratore
Il primo e grande adoratore è Cristo Signore. Come Figlio del Padre e suo Verbo eterno non può essere in disaccordo col Padre, avendo lo stesso Spirito del Padre. E “nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio voglia rivelarlo” (Lc 10, 22).
L’adorazione è il motivo dell’Incarnazione del Verbo. Assumendo la natura umana il Figlio di Dio dice: “Mi hai foggiato un corpo: eccomi, o Dio, a fare il tuo volere, come è scritto per Me” (Eb 10, 5s). Conoscendo la perfezione del Padre, il Figlio decide di adorarlo non solo come Dio, ma anche come uomo, riepilogando in Sé l’intera creazione. E lo fa in modo così profondo da assumere sulle proprie spalle i peccati dell’intero creato, Angeli compresi, e le pene ad essi dovute:
“Si addossò i nostri malanni, si caricò dei nostri dolori… Fu trafitto per i nostri misfatti, calpestato per le nostre colpe. La punizione per noi salvifica fu inflitta a Lui, e le sue piaghe ci hanno guariti… Ma piacque al Signore che il calpestato e trafitto dando la sua vita in espiazione godesse di una discendenza duratura... (Is 53, 4s).
Non c’è adorazione profonda come quella di Cristo in croce: “Pur sussistendo nella natura di Dio…, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte in croce” (Fp 1, 5s). E in questa adorazione ripara i peccati di tutto il mondo, angelico e umano.
Non è un’adorazione soltanto contemplativa, ma fatta di sottomissione fino al sangue, di obbedienza che ripara tutte le disobbedienze delle creature. “Benché fosse Figlio, dai patimenti sofferti conobbe a prova la sottomissione, e reso perfetto divenne causa di salvezza eterna per tutti i sottomessi a Lui” (Eb 5, 8).
L’adorazione nostra ha il suo necessario compimento nelle opere, nell’esecuzione perfetta della volontà di Dio. Non può sussistere col peccato, sia pure piccolo.
A volte l’adorazione si fa indignazione, come nello scontro di Michele con Satana: “Chi come Dio?”. Oppure come quando Gesù impugna la frusta contro i venditori del tempio e rovescia i banchi dei cambiavalute. Non ci meraviglia quindi la severità di Padre Pio con certi peccatori, o la riprensione di Fra Cecilio al suo padre provinciale che non faceva il proprio dovere. I santi non sono morbidi, ma vigorosi difensori dei diritti di Dio contro ogni mancanza di rispetto.
Maria prima Adoratrice
Eletta da Dio a Madre Immacolata del Verbo, Maria supera ogni altra creatura per la sua singolare dignità.
Lo ha adorato con la sua umiltà all’annuncio dell’Angelo: “Ecco la serva del Signore: si faccia di me secondo la sua Parola”.
Lo ha adorato accogliendolo alla nascita a Betlemme come suo Figlio.
Lo ha adorato nella intimità materna di Nazaret.
Lo ha adorato soprattutto ai piedi della croce come Corredentrice pienamente partecipe all’offerta sacrificale del suo Figlio.
Lo ha adorato tra gli Apostoli e la prima comunità cristiana come Madre della Chiesa nella preghiera pentecostale.
Lo adora in Cielo come Regina degli Adoratori celesti, Angeli e Santi, e di tutti coloro che sulla terra adorano Dio in Spirito e verità.
Il rifiuto di adorare
Il libro di Isaia si apre con questo lamento: “Udite, o cieli, ascolta, o terra, che parla il Signore! Ho fatto grandi dei figli, li ho innalzati, ed essi mi sono ribelli! Il bue conosce il suo padrone, e l’asino la greppia del suo possessore, ma Israele non ha conoscenza, il mio popolo non mi intende!” (Is 1, 1s).
Gli fa eco Geremia che esclama:
“Stupite, o cieli, di questa cosa, e inorriditene al sommo: due mali ha commesso il mio popolo:hanno abbandonato Me, fonte di acqua viva,per scavarsi delle cisterne screpolate che non tengono l’acqua” (Ger 2, 12s).
Non possono essere adoratori coloro che non riconoscono Dio e vivono nel peccato: l’Apostolo li rimprovera perché, pur conoscendo Dio per l’impronta indistruttibile impressa da Dio creando l’uomo a sua immagine e somiglianza, e il cosmo che lo sostiene, non lo onorarono come Dio, né gli resero grazie, ma vaneggiarono nei loro pensieri, e la loro mente ottusa ne rimase ottenebrata (Rm 1, 18s).
Il primo frutto dell’ateismo è la deformazione della mente, che diventa ostile alla Verità. Dio ha impresso nell’uomo una legge inesorabile: che ognuno sia premio o castigo a se stesso secondo il suo modo di agire. Che cosa ottiene chi si nasconde alla verità, se non che la Verità si nasconde a lui? Il primo castigo del peccato è il peccato stesso, perché deforma nell’uomo l’immagine di Dio, la sua dignità. La deformazione più profonda dell’uomo è l’ateismo, perché inquina le radici dell’essere umano, la sua dipendenza da Dio. Il resto viene da sé, per terribile automatismo. Ciò appare oggi in dimensioni così vistose, da provocare un senso di terrore.
L’ateismo e’ peccato contro il Creatore.
Vediamo l’accanimento degli atei nel negare l’intervento creativo di Dio nel cosmo.
Tutto porta a intravvedere nell’interdipendenza degli esseri naturali l’intuito unitario della mente divina nel creare il mondo.
L’evoluzione è un fatto globale molto più esteso di quanto pensino i materialisti, e ha inizio dal Fiat che ha dato origine, come ci insegnano gli scienziati, agli ammassi di materia fortemente concentrata dall’energia gravitazionale dalla quale esplode la luce. Il moto ondulatorio che caratterizza l’espansione della luce e le vibrazioni dell’etere, dell’aria e dell’acqua, e rende possibili le trasmissioni radiotelevisive e sonore, agisce in profondità sugli elementi materiali in modo che non è possibile comprendere con esattezza il loro influsso sui viventi. Nulla avviene a caso, anche per leggi statistiche, e tutto rivela l’intelligenza insondabile che dirige ogni cosa con precisione al miliardesimo di miliardesimi.
Il racconto del Genesi, rivolto ai semplici in parole comprensibili, enunzia una successione di tempi che corrisponde alle grandi epoche della creazione confermate dalle scienze: all’inizio la sistemazione degli elementi materiali (luce, acque, ammassi materiali); poi il regno vegetale; poi gli animali; infine l’uomo.
E’ un fatto incontestabile che le energie fondamentali accompagnano l’intero sviluppo degli elementi. Senza l’energia gravitazionale tutto si disintegrerebbe nel caos. La fotosintesi, che investe l’intero regno vegetale e indirettamente l’intero regno animale, non sarebbe possibile senza l’energia luminosa e gli elementi già approntati dalle trasformazioni atomiche precedenti (acqua, ossigeno, carbonio…).
L’evoluzione darwiniana delle specie viventi è contestata soprattutto dai biologi, che constatano l’immutabilità del DNA fin dal primo apparire. Certe affermazioni evoluzionistiche, a chi conosce le scienze, appaiono semplificazioni da analfabeti.
Per una legge di compensazione che porta inconsciamente l’uomo a cercarsi dei surrogati alla verità rifiutata, al rifiuto dell’adorazione di Dio subentra l’adorazione degli idoli e dell’io con tutte le vergognose aberrazioni morali ricordate da Paolo (Rm 1, 22s).
L’ateismo è peccato contro la Redenzione, contro l’Amore.
Chi rifiuta Dio Creatore, maggiore difficoltà trova nell’accettare il mistero della Incarnazione del Verbo e della sua morte in croce, mistero insondabile dell’amore infinito di Dio e della sua Sapienza, che supera la nostra intelligenza quanto il cielo supera la terra (Is 55, 9; v. 1 Cor 1, 16s ). “Per Lui create, a Lui sono destinate tutte le cose, e tutto sussiste in Lui” (Col 1, 15s).
Il Vangelo non è parola di uomo. Anche se la sua origine è storicamente ben documentata, la sua indole soprannaturale è dimostrata dal suo contenuto: “Dai frutti si giudica l’albero”, ci insegna Gesù. L’Evangelista Giovanni non si trattiene in dimostrazioni, ma dice perentoriamente: “Chi è mentitore, se non chi nega che Gesù sia il Cristo? Costui è l’Anticristo, colui che nega il Padre e il Figlio” (1 Gv 2, 22).
Come Satana, che è mentitore e omicida (Gv 8, 44s), coloro che rifiutano Dio non amano neanche l’uomo, come dimostrano le immani tragedie di questo secolo provocate dall’ateismo. Massoni, comunisti, atei hanno ingannato i popoli e li hanno assoggettati alle più assurde guerre, sofferenze e torture.
La fede in Gesù non è opera d’uomo, ma dono dello Spirito Santo, dato a chi ha rettitudine del cuore. E lo Spirito dà testimonianza. Gesù dice: “Nessuno viene a Me se non è mandato dal Padre mio” (v. Gv 6, 65s): è il Padre che crea le disposizioni per credere nel Figlio, ma chi si pone contro Dio chiude gli occhi alla Luce.
L’adorazione quindi sta alla radice di tutte le virtù e i giusti comportamenti nei confronti di Dio, ed è il compendio della religione vera. Nei veri adoratori che adorano Dio in Spirito e Verità il senso dell’adorazione si radica e si sviluppa in un crescente rispetto nei confronti di Dio, dilatando la percezione dell’abisso tra Colui che E’ e tutto ciò che non è Dio. La santità di un cristiano si misura dal grado di adorazione raggiunto nella vita.
L’adorazione è umiltà. L’Apocalisse, che esalta l’umiltà di Cristo, porta anche l’immagine dei vegliardi che davanti al trono dell’Altissimo stendono a terra la propria corona (Ap 4, 10).
L’adorazione eucaristica
Soltanto dei superficiali, perdipiù succubi di suggestioni massoniche, potevano indurre la Chiesa a un culto eucaristico tanto irrispettoso da portarci al dissolvimento della fede nella Presenza Reale di Gesù nell’Eucaristia.
I santi non avrebbero fatto così.
Sant’Ignazio di Loyola, grande convertito, ordinato sacerdote non osava celebrare la Messa e la rimandò di oltre un anno. Un altro grande del nostro tempo, lo scienziato Enrico Medi, parlando ai sacerdoti diceva: “Sacerdoti, come fate a vivere dopo aver celebrato la Messa?”. Il cancelliere austriaco Dolfuss, fatto assassinare da Hitler, si ritenne indegno di seguire la vocazione sacerdotale.
La vita dei Santi è ricca di esempi di profonda riverenza di fronte all’Eucaristia. E’ nostro dovere aprire gli occhi e reagire a un costume che in radice distrugge la Fede, il culto dovuto al vero Dio, la Chiesa. Dobbiamo ricuperare quel senso di rispetto che Dio stesso ha impresso fin dalle origini alla sua Creazione, quando l’arcangelo Michele sconfisse Satana e le sue schiere. Non si tratta di emozione, ma di verità.
Nessuno è rispettoso quanto Dio stesso, che ha dato all’uomo il dono della libertà e non interviene mai a violarla, a costo di lasciare che il peccatore si ribelli contro di Lui, Lo bestemmi, Lo insulti per tutta l’eternità.
Dio chiama illuminando. Satana, al contrario, coglie l’uomo in fallo, lo tenta nel suo punto debole, lo inganna, come la seppia diffonde fumo e seduce mediante la confusione.
I segni dell’adorazione
Al grande mistico +M la Madre di Dio Maria insegna: “Al Signore si va con le braccia aperte e con la fronte chinata fino a terra, per indicare che si accetta da Lui tutto con infinito amore e che si sta in adorazione, perché Lui è Dio e noi siamo delle povere creature” (4.1.91; L 5.2.94). Sono due segni molto espressivi: fronte piegata fino a terra come sottomissione dell’intelligenza alla intelligenza divina, soggezione compensata dal dono inestimabile della Verità. braccia aperte come accoglienza della divina volontà per amore, mente e braccia, pensiero e azione in profonda riverenza verso Dio Creatore e Redentore.
Il primo segno tradizionale della riverenza verso Dio è piegare il ginocchio, come ricorda Paolo: “Ogni ginocchio deve piegarsi in Cielo, in terra e negli inferi” (Fp 2, 9s; v. anche Col 1, 12s; Ef 3, 8s).
Nella Scrittura è Dio stesso che nelle numerose teofanie bibliche illumina sul rispetto a Lui dovuto ed interviene nelle numerose teofanie bibliche a indicare i gesti a Lui graditi .
A Mosè dice: “Levati i sandali, perché la terra che calpesti è santa” (Es 3, 5). Abramo cade bocconi (Gn 17, 1). Giacobbe è preso da profonda riverenza e innalza un altare (Gn 28, 17s). Isaia trema tra i serafini che si velano il volto (Is 6, 1s). Geremia è colto da sgomento (Ger 1, 4s). Ezechiele viene corroborato: “Ti do un viso saldo…” (Ez 1, 4s). Daniele è colto da stupore (Dan 7, 13s, ecc.). Pietro e gli Apostoli cadono in ginocchio (Lc 5, 8, ecc.).…
Dio ci ha donato l’intelligenza per conoscere la verità, e la prima Verità è Lui stesso: “Io sono la Via, la Verità e la Vita” (Gv 14).
Quanto è lontano da questi segni l’attuale trattamento di Gesù presente nell’Eucaristia! I tabernacoli che sono il cuore pulsante della Chiesa sono emarginati e molti sacerdoti celebrano con l’Eucaristia alle spalle. Gli inginocchiatoi sono stati sostituiti da poltrone, la celebrazione del Sacrificio è disturbata dal segno di darsi la mano prima della Comunione, la Comunione è data a mani incoscienti, sacrileghe, traditrici, il ringraziamento della Comunione, a tempo ridotto al minimo, è fatto seduti e distratto da avvisi del celebrante, da canti o peggio. Tutto insomma porta a esaltare l’uomo come centro della celebrazione e a dissipare il senso della Presenza reale di Gesù nell’Eucaristia.