"Chi vede me, vede il Padre" ci ha detto Gesù. Egli è quindi la rivelazione del Padre, lo specchio del Padre, irradiazione dello splendore del Padre e impronta della sua sostanza (Eb 1, 3), immagine visibile dell'invisibile Dio (Col 1, 15). Gesù rivela questa impronta.
Creatore e Redentore
Ci è difficile descrivere chi è Gesù. Quanto è scritto di lui, è scritto in povere parole umane, indeguate a definire ciò che è divino. Penetrando le profondità della natura si ha qualche pallida idea della sua Intelligenza e della sua Immensità, perché in Lui tutto ha consistenza (Col 1, 17), egli è il nodo che tiene insieme tutte le inestricabili trame dell'universo, ma Lui resta al di là di ogni nostra comprensione. Tra le indicazioni più atte a farci intuire qualcosa di lui, è quella di un'anima privilegiata che, apparendo nella gloria del Paradiso, diceva al grande mistico professor Mor: "Sapessi chi è Gesù!".
L'Apostolo rivela la grandezza di Cristo nel passo cristologico scritto per i Filippesi: "Cristo è l'immagine dell'invisibile Dio, generato prima di ogni creatura, poiché in lui tutto è stato creato nei cieli e sulla terra, le cose visibili e le cose invisibili... Per lui create, a lui sono volte tutte le cose, e tutte sussistono in lui. Egli è anche il Capo del Corpo, che è la Chiesa. Egli è il principio, il primogenito dei risorti, affinché in tutto egli abbia il primato, dato che a Dio piacque di far risiedere in lui tutta la pienezza, e per mezzo suo riconciliare a sé ogni cosa, sia in terra che in Cielo, stabilendo la pace per il sangue della croce di lui (Fp 1, 15s).
E' un passo che unisce i due fatti fondamentali della nostra fede: la Creazione e la Redenzione: Gesù è il nodo di queste due realtà, e possiamo capire qualcosa di lui scrutando la sua opera creatrice e il suo intervento redentore.
La Creazione ce lo rivela sconfinatamente grande, in lui omnia constant, tutto sta insieme. Oggi che le scienze ci svelano la insondabile interdipendenza di tutto il mondo materiale come complessificazione di un unico lampo iniziale dell'intelligenza divina, possiamo meglio comprendere la portata delle parole tutto è creato in lui e in vista di lui, e tutto in lui sussiste.
La Redenzione sconvolge ogni nostra comprensione mostrandoci tanta grandezza immergersi nel fondo della nostra miseria per darci la sua mano salvifica mediante la sua Incarnazione, la sua Passione e Morte in croce, il suo annientamento sotto le specie eucaristiche. L'Infinito non poteva farsi più piccolo (exinanivit semetipsum: si è annientato) e più amante, tanto da morire per noi e farsi pane spezzato e sangue sparso per nutrirci di sé.
Ma sono astrazioni che non ci consentono di sfondare il mistero. Diciamo che Dio è Sapienza senza limiti, che Dio è Amore (1 Gv 4, 8), ma si tratta sempre di astrazioni.
Chi mai riuscirà a misurare la grandezza di Gesù? Se ci sfugge la sua essenza, possiamo tuttavia comporre la sua immagine a tasselli, come un mosaico, mediante le meditazione su ciò che sappiamo di lui, dal Vangelo e dalla rivelazione interiore del suo Spirito, che ci è dato per portarci alla Verità tutta intera (Gv 16,13). La Verità è lui! (Gv 14, 6). E dato che conoscere è con-nascere, possiamo conoscerlo nella misura che ci trasformiamo in lui. I santi, e soprattutto coloro che sono introdotti nella visione beatifica e trasverberati della sua luce purissima, lo conoscono per configurazione interiore, per connaturalità spirituale.
In lui solo è salvezza
Rileviamo subito quanto è offensivo della Verità l'ecumenismo che pone sullo stesso piano un Allah esaltato sulla piramide dei morti per la presunta guerra santa, mentre il vero Dio ha dato se stesso sulla croce per salvarci; oppure altri dèi delle genti, che sono forme deviate della religiosità primitiva e altrettanti demoni, giunti a esigere i sacrifici umani diffusi in tutto il mondo prima della venuta di Cristo. Non possiamo affiancare sullo stesso piano il cattolicesimo e i dissidenti che hanno rinnegato la presenza di Gesù nell'Eucaristia, supremo dono del suo amore, e il sacramento della Confessione per il perdono dei peccati, due sacramenti indispensabili per la salvezza.
L'Apostolo, sotto l'ispirazione divina, non indulge certo allo spensierato ecumenismo di moda quando scrive: "Non vogliate unirvi mediante compromessi (appaiarvi a un giogo eterogeneo) con gli infedeli, poiché quale unione può esserci tra la giustizia e l'iniquità, o quale società tra la luce e le tenebre, quale armonia tra Cristo e Belial? O qual cosa in comune tra il fedele e l'infedele? Quale accordo tra il tempio di Dio e quello degli idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio Vivente, come dice Dio: 'Abiterò in essi e sarò loro Dio, ed essi saranno mio popolo. Perciò uscite di mezzo a questa gente e separatevene', dice il Signore, 'e non toccate ciò che è immondo. E io vi acoglierò come Padre, e voi mi sarete figli e figlie', dice il Signore Dio" (2 Cor 6, 14s). Trascurare parole così chiare della Scrittura è apostasia dalla Rivelazione divina, che sull'argomento ritorna altre volte, e non c'è Concilio né Papa che possa rendere lecito quanto Dio stesso giudica illecito. Gesù respinge i compromessi: "Il vostro dire sia sì sì, no no: il di più è dal maligno" (Mt 5, 37). Ma credono ancora alla Parola di Dio, certi nostri pastori che invitano a tanto compromesso?
- Da parte dei soggetti convocati, solo chi è battezzato è figlio di Dio e partecipe della natura divina, mentre in quanto tali i fratelli separati e gli infedeli non si rivolgono a Dio con la stessa grazia (salvo particolari condizioni personali).
- Quanto all'oggetto del culto, altro è Dio Uno e Trino, altro è Allah, un demonio che odia il vero Dio e perseguita a sangue i suoi cristiani, altre sono le varie presunte divinità che Satana ha suscitato nella storia umana, menzogneri e omicidi a immagine della sua falsità: Omnes dii gentium sunt daemonia! Tutti gli dei delle genti sono demoni (Sal 95, 5).
- Quanto al modo di rendere culto, il cristiano adora il vero Dio in unione con il sacrificio di Cristo, e prega sotto la guida dello Spirito Santo; Dio ascolta anche coloro che in buona fede non sono cattolici né cristiani, ma il nostro dovere è aiutare ogni uomo a raggiungere la conoscenza del vero Dio e del suo Cristo, senza imbonimenti confusionari: "Dio vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano a conoscere la Verità: non c'è che un solo Dio, e uno solo è anche il Mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Gesù Cristo, che per tutti ha dato se stesso in riscatto" (1 Tm 2, 4). L'attuale ecumenismo si snoda su un terribile equivoco: che tutte le religioni sono salvifiche, mentre "sotto il cielo non è dato agli uomini altro nome nel quale possono essere salvati" (At 4, 12)se non di Cristo, che ha detto chiaramente: "Predicate il Vangelo ad ogni creatura: chi crederà sarà salvo, chi non crederà sarà condannato" (Mc 16, 15s). Non è l'uomo a stabilire i termini della vera fede e del retto comportamento, ma è Dio stesso, e l'attuale ecumenismo disonora Dio, disonora la Chiesa e manca gravemente di carità verso coloro ai quali dobbiamo dire: "Convertitevi e credete al Vangelo!" (Mc 1, 15). Anche per i cristiani di oggi il proselitismo, fatto in modo giusto, non è un comodo, ma un dovere.
Come riparare il gravissimo peccato di velare il volto di Cristo a coloro che, se lo conoscessero, sarebbero forse più innamorati di noi?
L'attuale ecumenismo disonora Dio: non c'è somiglianza tra Dio uno e Trino e Allah, c'è opposizione, incompatibilità, inconciliabilità. Sono in tensione opposta: basti pensare agli orientamenti morali: per il cristiano il paradiso comporta la castità, come angeli di Dio; per il musulmano è il saziamento sessuale sfrenato, un paradiso harem; Per il cristiano la legge è l'amore, per il musulmano è la guerra santa...: dai frutti si giudica l'albero!
"Tutto considero perdita..."
Un altro rilievo riguarda il peccato di omissione. Non c'è proporzione tra l'interesse che i credenti hanno per Gesù e per le altre conoscenze. Se Gesù è il Figlio di Dio fatto Uomo, c'è forse sull'orizzonte umano qualcosa che valga la conoscenza di Lui?
L'apostolo Paolo considerava tutte le cose come perdita di fronte al ben superiore valore della conoscenza di Cristo: "Per amore di Lui ho rinunciato a tutte le cose e le reputo come spazzatura, pur di conquistare Cristo ed essere trovato unito a Lui... e conoscere Lui..." (Fp 3, 8s). Sono aspirazioni di un grande santo che ha conosciuto Gesù di persona, ma noi pure, se crediamo che Gesù è Dio fatto Uomo, non possiamo avere anelito più alto.
L'Apostolo nel passo citato ci introduce in un'altra realtà: la conoscenza alla quale aspira non è tanto razionale, quanto piuttosto esperienziale, di configurazione esistenziale. E' un concetto che ispira l'intera teologia di Paolo: egli vede la vita cristiana come configurazione con Cristo, e la esprime con una terminologia di suo conio, come commortui(2 Tm 2, 11) e consepulti (Rm 6, 4) mediante il battesimo; conresuscitati (Ef 2, 6) e conviventes (2 Tm 2, 11) mediante la grazia che ci rende partecipi della natura divina (2 Pt 1, 4); concrucifixi (2 Tm 2, 11) mediante la mortificazione dell'uomo peccatore; conresuscitati (Ef 2, 6), conglorificati (Rm 8,17), conregnantes (2 Tm 2, 12) e coheredes (Rm 8, 17) nella vita eterna.
Si tratta di una compenetrazione spirituale operata dallo Spirito Santo, lo Spirito di Gesù (v. Gv 16, 5s, ecc.), che ci configura (Fp 3, 10, 21) con Cristo, ossia ci conforma a Gesù nel modo di essere, di vivere, di pensare, di giudicare, di "sentire" (Fp 2, 5). E' avere la stessa sapienza di Cristo.
A questa configurazione, ci insegna ancora Paolo, non si giunge per conoscenza astratta, ma mediante l'esperienza della croce, l' essere messo a parte dei suoi patimenti, trasformato a immagine della sua morte (Fp 3, 10s). E di se stesso dice: "Con Cristo sono confitto in croce", perciò può aggiungere "e non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me, e mentre vivo la vita mortale, vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me (Gal 2, 19s).
Alla configurazione con Cristo, come insegna l'esperienza ascetica della Chiesa di tutti i tempi, si giunge con la lotta contro le tendenze della natura corrotta, contro il peccato, quindi tramite la purificazione del cuore: è questo il passo indispensabile per conformarsi a Gesù. Che vi siano poi particolari esperienze mistiche della croce dipende da Gesù stesso, ma non si deve aver paura, perché "Dio misura il vento alla pecora tosata", e anche perché la via della croce è segnata dalle gioie più intense della vita, come dice lo stesso Apostolo: "Sovrabbondo di gioia in ogni mia tribolazione" (2 Cor 7, 4).
Lo stesso sentire
Quando l'Apostolo invita ad avere in noi lo stesso sentire che è in Cristo Gesù, indica chiaramente in che cosa esso consiste: Gesù, sussistendo nella natura di Dio, non stimò un bene da non dover mai rinunciare lo stare alla pari con Dio, ma spogliò se stesso prendendo la natura di servo, e riconosciuto come uomo da tutto il suo esterno, si abbassò facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce (Fp 2, 5s).
L'intero orientamento della vita di Gesù è in questa umiltà che riassume il suo sentire, e che va considerata non solo in vista della Croce, capolavoro della Sapienza divina, ma anche in tutta la sua estensione di piena sottomisione a Dio. La superbia ha rovinato l'immagine di Dio impressa in Adamo, ossia la sua perfezione di uomo fatto a somiglianza di Dio, quindi è insita in ogni trasgressione del disegno di Dio. Umiliarsi davanti a Dio è accettare il suo volere in tutta l'ampiezza: e che cosa vuole Dio se non la nostra somiglianza perfetta con Lui? Si vede quindi, come la superbia è la base della nostra rovina, l'umiltà è la base della nostra redenzione.
Facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte in croce, Gesù attua il nostro riscatto, e insieme ci offre l'esempio di come procedere davanti a Dio.
"Per questo, Dio lo ha esaltato, e gli ha dato un nome che sta al di sopra di ogni altro nome". Non è soltanto un'esaltazione verbale, di lode, ma un fare di Gesù la via obbligata per ogni rettitudine e perfezionamento. Gesù è esaltato nella nostra santificazione.
Tutta la vita di Gesù ci è data come Via di santificazione, modello di santità e di squisitezza umana, ma l'insegnamento di Gesù si condensa più profondamente nella sua passione e morte in croce. Parole, silenzi, atteggiamenti ci rivelano il gran Re, l'Archegos tes Zoes, il Signore della Vita venuto a indicarci come procedere secondo il desiderio di Dio.
Nei vortici della tempesta ha l'apparenza di una vittima alla mercé dei turbini del male, ma è Lui che dirige ogni cosa. Si consegna perché lo vuole, e lo vuole per il grandioso progetto della Redenzione: "Chi volete?... Siete venuti come contro un ladro con spade e bastoni... Sono Io" (Mt 26, 55s). Tutto è condotto dalla sua regia divina per portare al limite estremo la sua sofferenza e la sua Redenzione.
I silenzi di Gesù! Sono tutt'altro che segni di debolezza. Tace quando vede che l'interlocutore non è sincero: il silenzio ammanta la sua dignità regale, e costringe a riflettere. Di fronte a Erode, che irride in modo così vile, Gesù non lo degna di una sola parola. Iesus autem tacebat appare più volte nei racconti della passione. Col silenzio della bocca si accompagna il silenzio del comportamento: torchiato dalla sofferenza, Gesù non reagisce: E' come un agnello condotto al macello" (Is 53, 7).
"Chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà luce di vita" (Gv 8, 12) ci dice Gesù stesso. Si tratta ora di seguirlo passo passo nel suo insegnamento evangelico e soprattutto nel Vangelo che è lui stesso, il suo modo di agire. In nessun momento appare così gran Signore come nella sua passione e morte in croce.
Un comportamento che rivela in Gesù Dio Amore (1 Gv 4, 8) è, ad esempio, l'estrema delicatezza da lui usata verso Giuda che lo stava tradendo.
- Gesù vede nel suo apostolo un atteggiamento incredulo e ostile, si accorge benissimo di essere messo in discussione, intuisce che ogni sua parola o gesto è interpretato con occhio malevolo. Nel discorso sul Pane di Vita a Cafarnao, dice agli Apostoli: "Non ho scelto voi, i dodici? Eppure uno di voi è un diavolo". L'evangelista Giovanni aggiunge: Alludeva a Giuda, figlio di Simone, che lo avrebbe tradito, ed era uno dei dodici (Gv 6, 70s).
Un altro richiamo è rivolto in modo anonimo a Giuda tra i commensali dell'ultima cena: "Ecco sulla mensa con me la mano di chi mi tradisce, perché il Figlio dell'Uomo se ne va, come è decretato; ma guai a quell'uomo per cui è tradito". E gli Apostoli presero a questionare tra loro chi di essi fosse mai per fare tal cosa (Lc 22, 21s).
- Quindi fino a quel momento gli Apostoli non sospettano nulla di Giuda, tanto che si domandano tra loro chi avrebbe tradito. Questo silenzio di Gesù è fatto di pazienza e di estremo riserbo per salvare fino all'ultimo l'onorabilità del suo discepolo. E' molto istruttivo, per noi così facili a parlare. - Alla fine Gesù rivela il traditore solamente a Giovanni e a Pietro, in modo tale da salvare fino all'estremo l'onore di Giuda.
- Capolavoro della finezza divina di Gesù, è il richiamo a Giuda nell'atto in cui questi lo consegna ai soldati: "Amico, a che sei venuto? Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'Uomo" (Lc 22, 48s e Mt 26, 50). Non un rimprovero, non un epiteto (come avremmo fatto noi), ma un richiamo all'amicizia tradita.
E' un saggio del suo stile, del suo Spirito di santità. La lettura assidua del Vangelo rivela particolari molto significativi per la nostra configurazione con lui.
"Per me vivere è Cristo"
L'apostolo Paolo è innamorato di Cristo, e coerentemente con la conoscenza che ne ha, conclude la prima Lettera ai Corinzi con la scomunica: "Se uno non ama il Signore Gesù Cristo, sia anatema!" (1 Cor 16, 22). Il suo amore per Cristo affiora incontenibile in tutte le sue Lettere con espressioni molto incisive che risuonano spesso nella predicazione: "Quando io venni in mezzo a voi, o fratelli, non venni ad annunziarvi il messaggio di Dio con sublimità di parole, o di sapienza, poiché mi proposi di non saper altro che Gesù Cristo, e Gesù crocifisso" (1 Cor 2, 1s).
Mirabile è la sintesi della sua spiritualità: "Per me vivere è Cristo, e morire è un guadagno" (Fp 1, 20). Non si tratta di una disposizione solo affettiva, ma di una partecipazione profonda al mistero della croce: "Con Cristo sono confitto in croce, e non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me. E mentre vivo la vita mortale, vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Gal 2, 19). E ancora: "Io porto nel mio corpo le stigmate di Cristo (Gal 6, 17).
Questa unione profonda però non si chiude in lui stesso, ma lo spinge a darsi generosamente alla salvezza altrui, per la quale si sente spronato dall'amore di Cristo (2 Cor 5, 14). Egli dedica tutte le sue forze a costruire il Corpo Mistico di Gesù che è la Chiesa, come egli stesso spiega ai Galati: "Figli miei, per i quali io di nuovo soffro le doglie del parto, finché Cristo non sia formato in voi" (Gal 4, 19). E ci svela il mistero della fecondità della croce per la salvezza altrui: "Ora io mi rallegro per quanto soffro per voi, e do compimento nella mia carne a ciò che manca alle tribolazioni di Cristo a pro del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1, 24). La sua fatica apostolica non è un'impresa facile, come appare dai racconti dei travagli dell'evangelizzazione: "Tribolati in tutto ma non oppressi, smarriti d'animo ma non disperati, perseguitati ma non abbandonati, abbattutti ma non perduti, noi portiamo sempre attorno nel corpo i patimenti di Gesù, affinché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Infatti di continuo noi, mentre viviamo, per causa di Gesù siamo dati in balia della morte, affinché la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale; così che in noi fa sentire il suo peso la morte, in voi la vita" (2 Cor 4, 8s).
La salvezza altrui lo stimola tanto che non sa che cosa scegliere tra il vivere e il morire: "Se il vivere nella carne mortale mi deve portare frutto di opere apostoliche, non so proprio che cosa scegliere. Sono stretto tra due opposti: bramo di sciogliermi dal corpo per essere con Cristo, e certo questo è meglio assai; ma il rimanere in vita è più necessario per il vostro bene, e di ciò persuaso, so che sopravvivrò e che dimorerò con voi tutti, a vostro profitto e gioia per la vostra fede (Fp 1, 22s).
"Si attendò tra noi..."
Paolo è un lago tempestoso della Rivelazione, ricco di squarci profetici in tutto l'ambito della Fede, Giovanni è un lago tranquillo in cui Gesù si rivela come "Verbo fatto carne che ha posto la sua tenda tra noi: in lui è la vita, e la vita è la Luce degli uomini", Luce che appare ostile alle tenebre incapaci di accoglierla (v. Gv 1, 1s). Già dalle prime righe del suo Vangelo si intuisce la profondità delle sue rivelazioni, con quelle punte di immersione nel mistero di Cristo quali sono il discorso dell'ultima cena e sul Pane di Vita, e la definizione di Dio Amore nella sua Prima Lettera. Non vi si medita mai abbastanza.
I mistici specchio di Gesù
Lo Spirito di Gesù riaffiora nella storia della Chiesa attraverso i suoi mistici. Essi hanno un contatto diretto con Gesù, ne hanno una conoscenza attuale, vivono sotto la sua guida mediante esperienze spirituali che traboccano nella sensibilità, lo rispecchiano come Persona viva, palpitante. Gesù è sempre lo stesso, la Rivelazione di base è compiuta, ma egli si fa presente alla sua Chiesa aiutandoci a comprendere più a fondo il suo mistero. Ne citiamo un esempio in ciò che Gesù confida a Caterina da Siena:
"Figlia, la pena del mio corpo fu finita, ma il santo desiderio non finisce mai. Io portai la croce del desiderio. E non ricordi, figliola mia, che una volta, quando ti manifestai la mia natività, che tu mi vedevi fanciullo pargolo, nato con la croce al collo? Perciò io ti faccio sapere che quando io, Parola incarnata, fui seminato nel ventre di Maria, mi si cominciò la croce del desiderio che io avevo di fare l'obbedienza del Padre mio, di adempiere la sua volontà nell'uomo, ossia che l'uomo fosse restituito alla Grazia e ricevesse il fine per il quale fu creato. Qusta croce mi era di maggior pena che qualsiasi altra che portassi corporalmente. Perciò il mio spirito esultò con grandissima letizia quando mi vidi condotta all'ultimo, e specialmente nella cena del giovedì santo...
Grandissima letizia avevo, perché vedevo avanzare il tempo disposto per togliernmi questa croce del desiderio; cioè quanto più mi vidi giungere a flagelli e tormenti corporali, tanto più mi scemava la pena. Ché con la pena corporale... vedevo adempito quello che io desideravo" (Lettera 16).
Suor + nelle sue Catechesi sviluppa particolarmente le esigenze morali della vita cristiana: è un approfondimento fedele di ciò che Gesù pensa, opera e insegna. Il suo dire è sì sì no no con la chiarezza e la forza del Maestro, che l'ha posta tra noi come riflesso della guida spirituale di Gesù stesso nello spirito delle Beatitidini.
La sua esperienza mistica con Gesù ha inizio nella prima Comunione. Essa stessa racconta: "Appena ricevuta l'Ostia, io ringraziai il Signore e mi affrettai a cominciare l'elenco delle persone alle quali avevo promesso di pregare: avevo paura di dimenticarne qualcuna. Avevo appena cominciato, quando vidi tanta luce, e in mezzo, forse a due o tre metri di distanza, Gesù che mi guardava e mi sorrideva. Era bellissimo, e io lo guardavo stupita e felice. Egli, allargando le braccia, quasi a invitarmi, mi disse: 'Vuoi essere tutta mia?'. In quel momento divenne ancora più splendente, tanto che io non lo potei più fissare, e nello stesso tempo provai in cuore tutte le sofferenze che simile donazione richiedeva. Credetti morire. Alzai ancora la testa e guardai Gesù. Era là che attendeva, a braccia aperte,, sorridente. Era così bello, che io non potei fare a meno di dirgli con tutto il cuore: 'Sì, Gesù', e chinai ancora il capo. Quando lo rialzai, Gesù era scomparso. Mi guadai attorno: c'erano le compagne, la chiesa, tutto come prima, ma io non ero più come prima" (Da L'anima mia magnifica il Signore, p. 25). Con questa apparizione si apre una esperienza di unione in cui lo Spirito di Gesù si rivela nella sua indole divina e umana come in un nuovo Vangelo tradotto per l'uomo d'oggi, dato che Cristo è ieri, oggi e sempre nella sua identità.
Il diario mistico del prof. +, che è scienziato, la figura del Cristo acquista dimensioni cosmiche. "Non v'è dubbio che uno dei misteri più importanti e meravigliosi dell'immensità di Dio è la Redenzione. tutto il Regno ne è illuminato; per essa e in essa ogni cosa è stata fatta nei disegni imperscrutabili di Dio. Ogni anima, appena lascia il corpo pesante, viene a conoscenza di questa realtà, anche se nella vita terrena non ne ha mai saputo nulla. Cristo Signore infatti ha redento tutti gli uomini (anche se per coloro che lo rifiutano è come se il Sangue non fosse mai stato versato), e i meriti infiniti del Figlio di Dio che ha preso la nostra carne sono applicati con immensa misericordia... E la Luce maggiormente si china e illumina i più poveri, i più umili, i più oppressi, i più calpestati, i più sofferenti" (3 ottobre 1990). E ancora: "La gloria del mio Signore si apre sopra la terra. La luce del mio Signore illumina tutte le genti. L'amore del mio Signore scrive nei cieli e scava gli abissi del mare, come sta scritto. Sia perfetta la generazione nell'ordine diritto della sua volontà. Si infrangano i dubbi dove essi sono, perché la Legge del mio Signore splenderà aperta e chiara nella sua Chiesa. Si aduneranno tutte le genti sino ai confini della terra, poiché sarà dato a tutti di vedere e sentire" (22 novembre 1975).
Una nuova eco dello Spirito di Gesù ci viene da altre fonti mistiche, ignorate dal mondo, ma che grandeggiano nel Regno, e ci danno di Gesù una conoscenza vigorosa, di Gran Signore della Vita, che avanza in questo mondo e col soffio della sua bocca annienterà l'empio..., quell'empio la cui venuta per influsso di Satana appare accompagnata da ogni genere di portenti, prodigi e prestigi menzogneri (1 Ts 2, 8). Che potrà fare allora questo mondo di parvenze inconsistenti di fronte a Colui che era, che è, e che deve venire" (Ap 1, 4), al quale il Padre ha dato ogni potere in Cielo e sulla terra mettendo i suoi nemici a sgabello dei suoi piedi (Sal 109, 1)?
"Se uno non ama..."
Se uno non ama il nostro Signore Gesù Cristo, sia natema dice san Paolo (1 Cor 16, 22). La coscienza mi dice di amare puramente, senza disordine, ma oer natura aspiro sicuramente ad amare.
Devo dunque poter contare sul reale valore di ciò che amo, senza pericolo di errore o delusione; sulla reciprocità dell'affetto, senza mai sentire né temere il dolore di dover amare da solo; sulla perpetuità dell'unione con la persona amata, senza timore di sazietà, di rottura, di separazione o di morte.
Ma chi posso amare così, se non Dio, il solo che può colmare il mio cuore?
Egli è tutto amabile, lo so, lo credo, e io mi sento come oppresso dalla sua amabilità infinita. Quanto egli mi ami lo ha luminosamente provato dandomi Gesù Cristo: Dio infatti ha talmente amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito (Gv 3, 16).
Quanto poco somiglia il mio amore al suo, senza tornaconto personale, dato che propriamente parlando né può godere della mia riconoscenza e fedeltà, né soffrire della mia ingratitudine e perdizione! (G. Longhaye S.I., Veritatem in caritate, Corso di Esercizi, p. 235).
San Bernardo scrive: "E' arido ogni cibo spirituale se in esso non è infuso questo olio. E' insipido se non è condito da questo sale. Se scrivi, per me non ha sapore se non vi leggo Gesù. Se discuti o parli non ha sapore per me se non vi risuoni Gesù" (G. Longhaye, ivi p. )
Ma dato che pochi sono introdotti in particolari esperienze mistiche, che sono assai superiori a fatti di veggenza e altri carismi straordinari che non si sviluppano sulla strada della caritas (v. 1 Cor 13,13), ritorniamo alla condizione comune della vita cristiana, Il primo passo da compiere è leggere il Vangelo e meditare su Gesù, come Maria che teneva a mente e meditava in cuor suo (Lc 2, 19).
La lettura e la meditazione del Vangelo si impone come primo dovere del cristiano. Il passato ha prodotto biografie notevoli di Gesù, ma sembra che questo impegno di investigare le insondabili ricchezze di Cristo (v, Ef 3, 9) sia messo in crisi dall'irruzione protestante e modernista nella Chiesa. Il tentativo di svalutare la storicità dei Vangeli è stato sventato dal providdendiale ritrovamento del brano di Mc nelle grotte di Qumram. Un buon profilo è stato presentato recentemente dal card. Biffi, ed è sempre valido la vita di Cristo del Ricciotti.