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Suor Ida Benvenuti

*11.07.1922   +11.02.2013
 
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13. Gesù deposto dalla croce. Il mettermi a letto, abbandonandomi nelle braccia di Maria.

dalla Via Crucis di Suor +
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Confessione e misericordia
Di Admin (del 20/11/2009 @ 18:06:57, in Suor +, linkato 1206 volte)
Catechesi di Suor+   (5 maggio  2002)

Vorrei, ancora una volta, ricordarvi che il Papa non ha sottoscritto il documento col quale la Conferenza Episcopale Svizzera ha approvato la confessione comunitaria.In Svizzera sono pressati dai protestanti, i quali sostengono che la confessione è valida anche se fatta direttamente a Dio; invece noi sappiamo che il Signore Gesù ha legato il perdono dei peccati alla Confessione personale.

Questo sacramento è stato istituito quando Gesù è apparso agli apostoli e ha detto: “La pace sia con voi”, poi ha soffiato su di loro e ha soggiunto: “Ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete non saranno rimessi”(Gv 20, 22s).

Ora, perché un prete possa rimettere i peccati, è necessario che li conosca, e questo può avvenire solo se la confessione viene fatta di persona e non comunitariamente. Io mi meraviglio quando qualche cattolico, brava persona, mi chiede ancora quando è stata istituita la Confessione, perché io credevo che tutti ormai lo sapessero. Invece è bene che queste cose vengano spiegate, e allora ripeto che la Confessione è stata istituita proprio il giorno della Risurrezione, perché Gesù ci ha ottenuto la grazia della remissione dei peccati proprio perché ha pagato Lui per noi con la sua morte. Se Lui non fosse morto e non si fosse addossato tutti i nostri peccati, il Padre non ci avrebbe perdonato.

Gesù, come Dio, ha potuto ottenere per noi il perdono dei peccati.

Con la disobbedienza di Adamo ed Eva e con tutti i peccati l’uomo aveva offeso Dio, e questa offesa poteva essere riparata solo da una Persona Divina, uno che poteva avere la dignità della Persona offesa. E’ ben diverso schiaffeggiare un bambino o  schiaffeggiare il Presidente della Repubblica: in questo caso si rischia anche la prigione per lesa maestà, perché più alta è la dignità della persona che viene offesa e più grande è l’offesa.

Col peccato noi abbiamo offeso Dio, e questa offesa può essere riparata solo da uno che ha la stessa dignità di Dio, cioè il Figlio di Dio. Tutti gli uomini, miliardi e miliardi, davanti a Dio non valgono che zero su zero; ma se davanti a questi “zero” mettiamo l’”Uno” (il Figlio di Dio), otteniamo un capitale. Gesù, il Figlio di Dio, ci ha ottenuto la grazia del perdono dei peccati pagando per noi. Poteva farlo anche versando solo una goccia del suo Sangue, invece ha voluto patire per noi quello che ha patito. Quello che possiamo immaginare della sua Passione è ben poco, non possiamo sapere quanto la sua sofferenza sia stata tremenda, perché offerta in riparazione del peccato, che agli occhi di Dio è una cosa talmente grave che noi non valutiamo, ma che solo in Paradiso riusciremo a capire.

Don Bosco aveva capito la gravità del peccato e diceva che, pur di evitarlo, avrebbe camminato per chilometri e chilometri strisciando con la lingua per terra:  sarebbe arrivato con la lingua a pezzi, ma avrebbe evitato un peccato mortale. Lui era un santo, aveva capito e aveva le visioni, per cui vedeva il grave pericolo che porta un’anima alla dannazione.

Ora noi dobbiamo metterci in testa che abbiamo una grande grazia per essere perdonati dei nostri peccati mortali: la Confessione.


Gravità delle colpe

Sono rare le persone che, dopo il battesimo, non abbiano fatto un peccato mortale. E’ anche vero, però, che per fare un peccato mortale ci vogliono tre condizioni: la materia grave, la piena avvertenza e il deliberato consenso.

I Comandamenti di Dio obbligano in materia grave, come la bestemmia, l’odio, l’adulterio. (Se però, ad esempio, rubo cose di scarso valore, la materia è leggera, quindi non si fa peccato grave contro il settimo comandamento, ma peccato veniale. Così pure per una piccola mormorazione, un piccolo rancore, una bugia senza gravi conseguenze).

Perché il peccato sia grave occorre  piena avvertenza, cioè essere pienamente coscienti, avere la testa a posto. (Se scappa anche una bestemmia in un momento di paura, se travolgo una persona per sbadataggine, se uccido per sbaglio non faccio peccato grave a meno che il peccato non lo sia in causa, come per l’abitudine o negligenza non corretta).

Occorre deliberato consenso, ossia peccare a dispetto di Dio, della Madonna e dei Santi, cioè voler fare il peccato pur sapendo che è tale, che è grave. Oggi i ragazzi sono molto più tentati di una volta, con la TV, con la pornografia, che impera. Per loro è più difficile  difendere la purezza, in un mondo in cui domina la tentazione e l’immoralità, e allora, per aiutarli, bisogna far loro capire che Dio è Amore e che non sta con il fucile puntato per sparare, che non è un ragioniere esoso, ma è Misericordioso.

Bisogna tornare al Vangelo e agli insegnamenti di Gesù, il quale ci ha lasciato il Comandamento Nuovo: “Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”.

Ora, se Dio ha posto tutta la Legge e tutti i Profeti nell’amore, vuol dire che non è un tiranno, non è un giudice pronto a spararci. E’ certamente Giustizia infinita, ma non dimentichiamo che è soprattutto Amore infinito.  Il buon ladrone ne aveva combinate di tutti i colori, aveva ucciso, rubato, eppure, per aver creduto in Gesù, fu canonizzato subito, in quel momento, con le famose parole del Cristo sulla croce: “Oggi sarai con me in paradiso”.


Basta un atto di amore…

Per quanto sia grave il peccato, non è difficile ottenerne il perdono: basta pentirsi, come il buon ladrone, anche pochi minuti prima della morte; basta riconoscere gli sbagli, riconoscersi peccatori, pentirsi di vero cuore e rivolgere al Signore la richiesta di aiuto, di perdono, poi appena possibile fare una santa Confessione. Basta anche un solo pensiero di pentimento, e il Signore, che è Amore e ci vuole un bene immenso, ci salverà. (Il peccato mortale può essere riparato subito con un atto di amore di Dio, rimanendo poi il dovere di confessarlo).

Sapete chi non si salva? Coloro che fino all’ultimo respiro rifiutano Dio.

E ce ne sono tanti: quelli iscritti alla massoneria e che hanno firmato col sangue di fare guerra a Dio.

Conoscevo una persona che era stato iscritto alla massoneria e che, in punto di morte, soffriva, urlava, era gravissimo, diceva di essere circondato dai demoni: nonostante che la moglie e il prete continuassero a ripetergli che Dio è Amore e Misericordia e gli consigliassero di appellarsi a Lui, di chiedere il suo aiuto, non poteva neanche nominare il nome di Gesù. Questo fa la massoneria: lega a tal punto una persona, che questa non è libera, neanche in punto di morte, di nominare il nome di Gesù.

Invece un povero peccatore, uno che ne ha fatti tanti di peccati, ma non ha sottoscritto il “rifiuto di Dio”, uno che ha peccato per debolezza, ma riconosce di aver sbagliato, viene perdonato all’istante, perché interviene l’Amore e la Misericordia di Dio.

Ecco perché non dobbiamo scoraggiarci mai della nostra debolezza, ma dobbiamo fare ogni sforzo per migliorarci e non cadere più nello stesso errore. Se tutto questo lo vogliamo veramente, Lui ci aiuta a correggerci e a guarire. Nella parabola del figlio prodigo Gesù ha detto che si fa più festa in cielo per un peccatore che si pente, che non per novantanove giusti che non hanno bisogno di pentimento. E ciò che dice Dio è vero ed eterno. Se uno sbaglia, ma ricorre alla Misericordia di Gesù, allora il suo sangue serve per salvarlo e la sua morte non è stata vana.

Dio ha posto tutti i Comandamenti nell’amore, e noi dobbiamo amarlo con tutto il nostro cuore e anche con il nostro corpo. Noi andremo in paradiso temporaneamente con l’anima, ma poi ci sarà la resurrezione dei corpi, e questi parteciperanno alla gloria: saremo tutti bellissimi, anche quelli che in vita non lo sono stati. In Paradiso non avremo i desideri che abbiamo oggi, ma il desiderio più grande sarà quello di conoscere la Verità e godremo in pieno della visione di Dio.

Adesso cerchiamo, tentiamo di capire qualcosa, come mai Lui abbia fatto tutto dal nulla, ma nonostante la nostra intelligenza ci è difficile capire. Dobbiamo solo riconoscere che Lui è il Creatore e che tutto ha fatto con un atto di volontà.


La Verità intera

Ci è difficile capire, anche perché noi siamo nel tempo, invece Dio è nell’eternità.  Nella Bibbia leggiamo “primo giorno” o “secondo giorno”, ma ciò non corrisponde a quello che per noi è il “giorno”. Il “giorno” è una “epoca”, e Dio è il Creatore anche del tempo. Lui è sempre stato e sempre sarà Dio, perciò ci è difficile capire, ma quando saremo lassù in Cielo capiremo, e questo sarà uno dei motivi per cui vale la pena di andare lassù per conoscere la Verità tutta intera.  

Dio è eterno, ha creato tutte le cose e ha fatto tutto alla perfezione, e nessuno, neppure lo scienziato più bravo, potrà uguagliarlo, pretendere di sapere, di conoscere,  dare delle spiegazioni.

Lui è la Verità, e non dobbiamo lasciarci imbrogliare da alcuni che, in TV, hanno detto che le verità sono tante. Due più due fa quattro, e solo quattro!  Gesù ha detto: “Io sono la Via, la Verità e la Vita”. Solo in Paradiso conosceremo tutte le verità di questa terra, ma anche quelle del Paradiso, che sono più belle, e come ce le ha ottenute il Signore, con la sua Incarnazione, Morte e   Redenzione.

Nell’Imitazione di Cristo si legge che tutta la vita di Gesù fu una croce e un martirio, ed è vero. Anche la sua gestazione fu dolorosa. Nessuno di noi ricorda ciò che è successo durante la nostra gestazione nel seno delle nostre mamme, invece Lui dominava il mondo, reggeva il mondo già dal seno di sua Madre: provate a pensare l’umiliazione di un Dio eterno, creatore del cielo e della terra, che si racchiude nel seno di una donna: provate a pensare solo a questo, e ci viene di chiederci se non poteva scegliere un altro mezzo per salvarci. Se Dio ha voluto così, vuol dire che questa era la perfezione, era il meglio del meglio. Se Dio si è umiliato, e poi per trent’anni è vissuto nel silenzio, vuol dire che l’Umiltà è perfezione, e la prima credibilità dei mistici è proprio l’umiltà, il silenzio, e poi l’obbedienza al proprio direttore spirituale.

Dio è Onnipotente, fa tutto Lui, ma si adatta alla nostra mentalità e vuole da noi che capiamo. Noi, che siamo sue creature, non abbiamo in tasca la verità: se siamo con Lui, siamo nella Verità, ma se ci distacchiamo da Lui, perdiamo la Verità.


I mistici: dono di Dio

Il Signore ci dona i mistici, strumenti che ci aiutano ad arrivare a Lui, ma dobbiamo stare attenti ai tanti falsi mistici. Gesù ha detto: “Ti ringrazio o Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”. Allora, per sapere le cose di Dio, bisogna essere piccoli, umili. L’umiltà si definisce verità. Dobbiamo riconoscerci “nulla” e Lui “Tutto”. Ma nonostante la nostra “nullità” un giorno parteciperemo alla gloria divina, perché  Gesù, con la sua morte e la sua resurrezione, ci ha ottenuto la vita divina, questa grande grazia. Noi non possiamo che ringraziarlo, metterci in ginocchio, senza cercare “lumi”, perché Lui solo e la “Luce”.

Dobbiamo, prima di tutto, cercare il regno di Dio, poi tutto il resto ci sarà dato in più.   Tutto questo si legge nel Vangelo, dove c’è tutta la verità, per cui è consigliabile leggerlo sempre e metterlo in pratica.


La Vite e i tralci

Nel Vangelo si legge che Gesù è la Vite e il Padre suo è il vignaiolo, e che se non portiamo frutti, il vignaiolo ci taglierà, buttandoci via; invece, se portiamo frutti, ci poterà, affinché ne portiamo ancora di più. Tutto questo vuol dire che il Signore permette la sofferenza (dal tralcio potato esce una goccia di linfa, una lacrima di sofferenza), specialmente di molti mistici, perché portino frutti.

I mistici partecipano alla sofferenza di Cristo, partecipano alla sua crocifissione, per aiutare molti, ma il suo giogo è soave e il suo peso è leggero. Per portare frutti bisogna rimanere in Lui, come il tralcio che non potrà portare frutti se non rimane attaccato alla vite.

Gesù è la vite e noi siamo i tralci, e portiamo frutto solo se siamo uniti a Lui. Il tralcio che viene staccato dalla vite viene gettato nel fuoco, chi non rimane in Lui va all’inferno.

Stiamo, quindi, attaccati al Signore e andremo in Paradiso. Se restiamo attaccati a Gesù, ogni cosa che chiederemo nel suo nome, Dio ce la darà: crediamo a questo, perché ce lo ha detto Lui stesso.

Ciò che dobbiamo chiedere non devono essere le gioie di questo mondo - denaro, successo, potere - ma le gioie di lassù, la vita eterna; poi anche il necessario ci sarà dato, come viene dato agli uccelli del cielo. Purtroppo, siamo gente di poca fede, e non riusciamo ad abbandonarci pienamente nelle braccia di Dio, non riusciamo a dirGli: “Tu solo sei il mio aiuto”.


Rimanete nel mio Amore

Gesù dice di amare come Lui ha amato, dice di restare nel suo amore e lo dice a ciascuno di noi, anche a quelli che non lo vogliono sentire. La morale di tutta una vita è l’amore, altro che  la morte, predicata da Allah.

Se rimaniamo nell’amore di Dio e osserviamo i suoi comandamenti, saremo salvi. Non c’è gioia più grande che seguire i comandamenti del Signore, che sono tutti fondati sull’amore. Possiamo cercare tutte le distrazioni possibili, tutti i divertimenti, che poi ci lasciano la bocca amara, possiamo cercare di gustare le bellezze, le emozioni della musica: ci accorgeremo che non sono niente in confronto alla preghiera fatta bene, alla gioia della Comunione o della Santa Messa partecipata. Anche la musica del musicista più famoso o da noi preferito non  è che la brutta copia dell’armonia che si gusterà in Paradiso.

Lassù troveremo anche l’amore centuplicato per le persone che abbiamo amato quaggiù: non un amore restrittivo, egoistico, ma un amore vero, quello che ci permetterà di godere della felicità altrui; e conosceremo tante altre persone.

Quando andremo a godere tutto questo? Non lo sappiamo, perché Gesù verrà come un ladro, non ci ha detto l’ora e il minuto; non sappiamo quando i nostri corpi e le nostre anime si congiungeranno, ma saremo completi in paradiso e loderemo Dio per tutta l’eternità.

Io ho sempre pregato per i sacerdoti, e solo quando sarò in Paradiso vedrò dove il Signore ha applicato tutte le mie preghiere, conoscerò tutti quei sacerdoti (che ormai posso considerare figli spirituali), per cui ho offerto la mia sofferenza, per la salvezza delle loro anime.

Esiste una maternità umana e una maternità spirituale, e la sofferenza offerta per la salvezza delle anime è una maternità spirituale, che come quella umana dona anche delle gioie.

In paradiso staremo bene tutti, ci vorremo un gran bene. Come dice San Paolo, le sofferenze della vita presente non sono niente in confronto della gioia futura, che godremo in paradiso. San Francesco d’Assisi diceva: “Tanto è il bene  che mi aspetto, che ogni pena mi è diletto”.

E’ tutta questione di fede, e io ho tanta fede nel Signore Gesù, so che Lui cambierà tutte le mie sofferenze in gioie, so che le pene di questo mondo non sono paragonabili alla felicità che ci aspetta lassù: allora offriamo le nostre sofferenze per la conversione delle anime, perché possano godere anche loro della visione di Dio.

Il Signore applica le nostre preghiere dove e come vuole Lui: nulla va perduto di ciò che a Lui offriamo. Egli conosce tutta la nostra vita,  i nostri bisogni, ci dà ciò di cui necessitiamo. Lui conosce tutto di noi, i nostri pensieri, anche quelli che non vorremmo avere, perché, ricordatevelo, noi non siamo padroni del nostro cervello,  riusciamo a pensare solo quello che vogliamo, ma abbiamo il cervello pieno di pensieri e di idee che non vorremmo neanche avere e ci danno fastidio. San Francesco di Sales diceva che i pensieri popolano la nostra mente come i piccioni una piazza: se proviamo a battere le mani e a scacciarli, volano via per un po’, poi tornano. Sono pensieri inopportuni e a volte cattivi, ma non è colpa nostra. Siamo fatti di carne ed ossa e, finché non siamo in Paradiso, dovremo subirli come un tormento. Importante è non cercarli, e quando arrivano, subito rivolgerci al Signore con una preghiera: “Signore io ti amo, non voglio offenderti!”.

Ci accorgeremo che, se vengono dalla natura, passano subito. Se invece vengono dal demonio, egli, vedendo che  noi rispondiamo con un atto di amore a Dio, non ce li manderà più. Così le distrazioni: possiamo prendere come esempio Santa Teresa del Bambino Gesù che, ad ogni distrazione, rispondeva con una preghiera, e così ogni situazione finiva col diventare una doppia preghiera, e il demonio la lasciava in pace. Dio è Amore e non sta col fucile puntato a riprenderci per ogni distrazione o sbaglio, ma, come con gli Apostoli, anche con noi avrà tanta sopportazione. (Filippo non aveva ancora capito, Pietro lo ha rinnegato tre volte, Giuda lo ha tradito). Noi abbiamo un Dio che è Amore, Carità, e dove c’è carità e amore, c’è Dio.

Per essere felici su questa terra, per non portare la croce, non conviene mettere a rischio la nostra eternità. Lui è stato onesto, ci ha detto che se vogliamo andare dietro a Lui dobbiamo prendere la nostra croce e seguirlo, ma ci ha anche detto che il suo giogo è soave e il suo peso è leggero e se siamo affaticati ed oppressi, solo Lui ci potrà dare ristoro. Se noi crediamo e abbiamo fede, ci sarà più facile portare le croci della vita, ma se non l’abbiamo o ne abbiamo poca, rivolgiamoci a Lui e gridiamogli: Signore, accresci la nostra fede!

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